Alitalia aumenta i propri collegamenti intercontinentali, ma solo a parole. Se si prendessero sul serio gli annunci dei suoi dirigenti negli scorsi anni, a partire dall’ingresso di Etihad con il 49% nel 2014, non si dovrebbero avere dubbi sulla direzione seguita dalla compagnia: più voli dove c’è più possibilità di fare margini, ossia sulle tratte a lungo raggio. D‘altra parte era il maggio 2015 quando il primo amministratore delegato dell’era Etihad, Silvano Cassano, commentava così l’apertura della rotta Milano-Shanghai, valida per il semestre dell’Expo: «Alitalia continua a puntare sullo sviluppo dei collegamenti intercontinentali, in particolare verso l’Estremo Oriente, l’area del mondo a più alto tasso di sviluppo e su cui Alitalia intende continuare a investire». Mentre Luca Cordero Montezemolo, allora come oggi presidente della compagnia, da allora non ha mai smesso di indicare come priorità lo sviluppo di rotte intercontinentali.
A leggere l’ultima analisi pubblicata sulla compagnia italo-emiratina dal Capa-Center for Aviation, un centro studi sull’aviazione tra i più autorevoli a livello internazionale, si scopre però una realtà diversa. Nel corso del 2017 diminuirà la capacità delle rotte intercontinentali verso l’Asia e l’America Latina. Non ci sarà inoltre alcun incremento verso il Nord America, anche a causa dei limiti imposti dagli altri partner di SkyTeam.
Per arrivare a queste conclusioni, la società si appoggia ai dati del database Oag. Partiamo dall’Asia Nord-Orientale: qui è certamente vero che Pechino è diventata la terza meta, dopo Tokyo Narita (raggiungibile anche da Milano Malpensa) ma Alitalia pianifica di ridurre la frequenza del volo Roma-Seul, tra quattro a tre volte alla settimana, a partire dal prossimo 26 marzo. Non solo: il suo volo Milano-Tokyo non sarà più servito dai Boeing 777-200 da 293 posti ma dai più piccoli A330 da 260 posti. Questo comporterà che la capacità dei posti nell’estate 2017 scenderà dell’11 per cento. A conti fatti, la capacità settimanale nell‘estate del 2017 sarà inferiore dell’8% rispetto a un anno prima, contando tutte le destinazioni dell’Asia Nord-Orientale. Dove Alitalia sarà solo di poco davanti ad Air China per le rotte da e verso l’Italia.
Nel corso del 2017 diminuirà la capacità delle rotte intercontinentali, specialmente verso l’Asia e l’America Latina. Non ci sarà inoltre alcun incremento verso il Nord America, anche a causa dei limiti imposti dagli altri partner di SkyTeam
La musica è simile per l’America Latina: qui le rotte sono salite da tre a sei, con l’aggiunta di Santiago del Cile, Mexico City e L’Avana alle mete già esistenti di Buenos Aires, Rio de Janeiro e San Paolo. Tuttavia anche in questo caso la capacità verso la regione scenderà del 4% rispetto all’anno prima e dell’11% rispetto alla stagione invernale in corso. Ci saranno riduzioni della frequenza settimanale (da sette a quattro i voli per Rio, con la previsione di scendere a tre da maggio), seppur con arei più capienti (dagli A330 ai 777-200). Verso L’Avana si passerà invece dai 777-200 agli A330.
Poi c’è il capitolo Nord America, che avrebbe dovuto espandersi e rimane invece stabile. Qui la decisione non sembra essere della compagnia ma dei suoi alleati in SkyTeam. In questi caso sono stati gli stessi vertici di Alitalia, come il nuovo Ad Cramer Ball (di cui già si parla di una sostituzione), a denunciare di non essere libera di ampliare la propria frequenza, per la contrarietà dei partner e in particolare di Delta, Air France e Klm. Ball è arrivato a dire che «Alitalia sta cambiando e vuole essere padrona del proprio destino». Un pensiero a cui il Capa nella sua analisi considera credibile, dato che in un comunicato del 22 dicembre la società ha messo tra i punti della nuova strategia la ridefinizione delle joint-venture. Quanto sia caldo il clima con Air France-Klm lo dice anche il fatto che l’accordo con le due compagnie per le rotte tra Italia, Francia e Olanda potrebbe non essere rinnovato quest’anno.
Guardando alle altre rotte, salta all’occhio la discesa ancora più brusca della capacità dall’Italia verso l’Europa: nel giugno 2017 i posti saranno scesi del 9% rispetto a un anno prima e del 13% rispetto a due anni prima. In questo caso il motivo è chiaro e si chiama Ryanair e Easyjet. Ormai tra l’Italia e l’Europa Alitalia è solo il terzo operatore, e quanto sia distanziato dalle due low cost lo mostra questo grafico eloquente.
Salta all’occhio la discesa ancora più brusca della capacità dall’Italia verso l’Europa: nel giugno 2017 i posti saranno scesi del 9% rispetto a un anno prima e del 13% rispetto a due anni prima. In questo caso il motivo è chiaro e si chiama Ryanair e Easyjet
Sembra quindi che, quest’anno, l’unico mercato su cui la compagnia abbia davvero puntato sia quello Italia su Italia, dove quest’estate l’incremento dei posti dovrebbe essere del 5% rispetto a un anno prima e dell’8% rispetto a due anni prima. Un aumento superiore a quello di Ryanair. Potrebbe ridursi se il vettore ex di bandiera incrementasse l’uso dei piccoli jet regionali Embraer 175 ed Embraer 190. C’è però il problema che il corto raggio, come evidenziato da molti studi, a partire da uno recente di McKinsey, è il segmento di mercato che è meno profittevole e che ha visto contrarsi di più i margini, anche per vettori come Lufthansa ed Air France-Klm, che però sono in grado di compensare i cali con i margini superiori dell’intercontinentale. Vale la pena di ricordare che Lufthansa ha circa il quadruplo degli aerei a lungo raggio di Alitalia.
Anche per questo problema strategico la società ha continuato ad accumulare perdite. Come sottolinea non senza un po’ di veleno il Capa, all’inizio dell’analisi, «Alitalia non ha registrato un risultato netto positivo in questo secolo». Il centro studi riconosce che alcuni miglioramenti ci sono stati e hanno portato la perdita a 199 milioni di euro dai 580 milioni del 2014 (Linkiesta ha già ripreso un’analisi di Avionews non smentita alla “patrimonializzazione” di alcuni costi, spostati nelle voci di stato patrimoniale, una tecnica contabile che ha reso meno evidente la perdita dello scorso anno). I passi avanti principali sarebbero stati soprattutto dal punto di vista dell’immagine, con uno spostamento del posizionamento verso l’alto. Bisognerebbe però capire l’effetto dell’ultima emergenza di cassa sulla stessa immagine. Inoltre, nota il Capa, il 2016 si annuncia come un anno record per la profittabilità del settore aereo nel suo complesso e «una compagnia che non riuscisse a essere profittevole in tali condizioni ha ancora molto su cui lavorare».
Perché Alitalia possa tornare in utile tutto dipenderà dal nuovo piano industriale che sarà presentato a fine gennaio. E che, come anticipato dalla compagnia a dicembre, farà perno su sette pilastri: l’ulteriore sviluppo del network di lungo raggio; il ridisegno del business per il corto e medio raggio; la riduzione dei costi e l’aumento della produttività per poter competere con la concorrenza; la rivalutazione degli accordi di joint venture; il rafforzamento delle attuali partnership con altre compagnie aeree; la ricerca di nuovi accordi commerciali; la valorizzazione degli ingenti investimenti tecnologici per competere con gli altri attori del mercato e per portare nuovi ricavi; la riduzione dell’organico per creare un’organizzazione più funzionale al business. E infine ridurre la forza lavoro per creare una “giusta organizzazione e un giusto assetto” per il business.
«Alitalia non ha registrato un solo risultato netto positivo in questo secolo»
La riduzione dei costi sarà quindi una delle priorità. Di certo l’azienda ha intenzione di tagliare posti di lavoro: indiscrezioni di stampa hanno stimato i posti di lavoro a rischio tra le 600 e le 2.000 unità. Ma, come ha mostrato una lunga analisi di Avionews, più che di stipendi alti per i dipendenti, la compagnia ha di fronte soprattutto un problema di produttività. Lo ha sottolineato nelle scorse settimane anche il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, secondo cui il problema di Alitalia è che è stata fin qui gestita male, con costi per la manutenzione e per il leasing, oltre che per il carburante, superiore ai concorrenti.
Etihad al momento ha comunque dato un segnale di non voler mollare. «Abbiamo recentemente iniettato 100 milioni di capitale nella compagnia aerea italiana, oltre ad aver convertito obbligazioni in strumenti semi-equity» ha dichiarato mercoledì 18 James Hogan, ad di Etihad e vicepresidente di Alitalia. «Questo dimostra l’impegno di Etihad Airways nei confronti di Alitalia, e il fatto che Alitalia è un partner a lungo termine di Abu Dhabi».