Laura Laera alla Cai, l’Italia si apre alle adozioni gay

Il Csm ha dato il via libera alla messa fuori ruolo del magistrato, che presiede il Tribunale per i minorenni di Firenze, il primo a riconoscere l’adozione di due bambini da parte di una coppia omosessuale

Per la nomina ufficiale bisognerà aspettare il varo del consiglio dei ministri. Ma il Csm ha già dato il via libera alla messa fuori ruolo del magistrato Laura Laera, che andrà a occupare la carica di vicepresidente della Commissione per le adozioni internazionali (Cai), succedendo alla contestatissima collega Silvia Della Monica. E quello di Laura Laera non è un nome qualunque. Il Tribunale per i minorenni di Firenze, che guida dal 2012, è quello che per la prima volta in Italia ha riconosciuto l’adozione di due bambini da parte di una coppia di due uomini italiani residenti nel Regno Unito. E la stessa Laera, come ha dichiarato più volte, è tutt’altro che chiusa all’ipotesi della stepchild adoption. La sua promozione al vertice della Cai, insomma, si potrebbe interpretare come un segnale di apertura alle adozioni da parte di coppie omosessuali.

Tant’è che qualcuno da destra è già saltato sulla sedia. «Mettere alla testa delle adozioni internazionali una persona che ha un’idea incostituzionale delle adozioni stesse è, come si suol dire, mettere Dracula al vertice dell’Avis», ha detto il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri.

Moglie del procuratore capo di Milano Francesco Greco, Laura Laera è arrivata al Tribunale per i minorenni di Firenze dopo aver guidato per 25 anni quello di Milano. Un curriculum con una competenza specifica sull’infanzia, che le famiglie adottive o aspiranti tali hanno subito accolto con favore. A partire da “Family for Children”, il comitato composto da un centinaio di coppie che hanno pagato migliaia di euro agli enti – Enzo B in primis – per adottare un bambino senza mai riuscirci.

Laera ha presieduto per tre anni (2009-2011) l’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia, oggi in prima linea contro la soppressione dei Tribunali per i minorenni voluta da Orlando. E ha partecipato anche all’unica ricerca fatta dalla Cai sui fallimenti adottivi, cioè le adozioni non andate a buon fine.

Nel complicato mondo delle adozioni internazionali italiane, Laera avrà tanto da fare. Non solo per risollevare i numeri delle domande di adozione, crollati dalle 8.274 del 2004 alle 3.668 del 2015. Ma anche perché bisognerà fare chiarezza su diversi scandali che hanno coinvolto gli enti autorizzati (dalla Cai) a gestire le adozioni nei Paesi esteri. Dal Congo all’Etiopia fino al processo che si sta celebrando a Savona sulle adozioni mancate in Kirghizistan. Laera dovrà lasciarsi alle spalle pure la contestata gestione della Cai da parte della collega Della Monica. Negli ultimi tre anni, l’attività della Commissione – come Linkiesta ha scritto più volte – si è di fatto azzerata. Non sono stati pubblicati i report sulle statistiche delle adozioni, la commissione non si è mai riunita, è stata sospesa la linea telefonica dedicata alle famiglie e non sono stati erogati nemmeno i contributi previsti dalla legge. E ora tutti sperano in un cambio di marcia.

Quello di Laura Laera non è un nome qualunque. Il Tribunale per i minorenni di Firenze, che guida dal 2012, è quello che per la prima volta in Italia ha riconosciuto l’adozione di due bambini da parte di una coppia di due uomini italiani residenti nel Regno Unito

Davanti alla Commissione giustizia, nel maggio 2016 Laura Laera ha detto che la legge 184 del 1983 sulle adozioni è «distante ormai quasi quarant’anni». E si è domandata «se sia ancora un sistema valido e attuale per i nostri tempi». La legge, ha detto, «si fondava sulla famiglia legittima. Il fulcro dell’adozione così come è stata immaginata dal legislatore dell’epoca aveva come suo tema centrale la difesa della famiglia legittima». Ma, ha aggiunto, «capisco le posizioni di alcuni, che sono sulla difensiva rispetto alla famiglia legittima. È del tutto comprensibile, perché è un modello che abbiamo introiettato. I modelli culturali richiedono diversi anni per evolversi e modificarsi. Anche noi giudici, che lavoriamo su questi temi da tanti anni, abbiamo le nostre difficoltà. Quello che si cerca di fare, o almeno che io cerco di fare, è di non avere un approccio ideologico. Il giudice deve lasciare da parte qualunque approccio ideologico sulla materia famiglia, deve affrontare la casistica che gli si presenta di volta in volta con un approccio laico, deve verificare nel caso concreto quale sia la normativa applicabile nel rispetto dell’interesse del minore».

E così ha fatto al Tribunale per i minorenni di Firenze. Riconoscendo in Italia la sentenza pronunciata nel Regno Unito per l’adozione di due bambini da parte di una coppia omosessuale nell’interesse dei minori di vivere in una famiglia stabile con relazioni parentali e amicali positive. «Si tratta di una vera e propria famiglia, di un rapporto di filiazione in piena regola e come tale va pienamente tutelato», si legge nel decreto del tribunale dello scorso marzo.

Senza tralasciare le posizioni del magistrato a favore della stepchild adoption, l’adozione del figlio del compagno stralciata dalla legge Cirinnà. «L’articolo 44 non distingue il sesso o il genere delle persone, parla di persone che possono adottare», ha detto Larea. «Ovviamente sono adozioni che richiedono un giudizio caso per caso, quindi la funzione giudiziaria è fondamentale, non deve esserci automatismo in nessun tipo di adozione, ma questa deve essere lasciata alla valutazione del singolo caso concreto». Il manifesto di intenti c’è tutto, vedremo cosa accadrà quando entrerà nel palazzo inespugnabile della Commissione per le adozioni internazionali.

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