Per le quasi 100mila persone che seguono la pagina degli Scarabocchi di Maicol & Mirco su Facebook, quegli schizzi neri su carta rossa ripieni di filosofia, umorismo nerissimo e sangue a catinelle potrebbero sembrare semplici disegni bidimensionali che, seppur portatori di messaggi pesanti come macigni, restano disegnini. E invece sono molto di più.
Negli anni l”esistenza degli Scarabocchi si è ampliata, conquistando altri linguaggi, ampliandosi nella realtà come una pozza di sangue sotto il corpo suicida del legittimo proprietario: prima, grazie all’aiuto del regista Giordano Viozzi, sono diventati violentissimi video animati, sempre a sfondo rosso, poi, circa due anni fa, grazie ad Andrea Fazzini e alla compagnia del Teatro Rebis sono diventati quello che nessuno pensavo potessero diventare: uno spettacolo che domenica, per la prima volta, sbarca a Milano negli spazi del Santeria Social Club.
Gli scarabocchi, per loro natura, sono schegge, frammenti, coriandoli che basculano tra un pessimismo cosmico e la violenza pulp, un misto che, se fosse personificato, probabilmente somiglierebbe a un individuo metà Giacomo Leopardi e l’atra metà Quentin Tarantino. Ogni Scarabocchio è autoconclusivo, come la vita di ognuno di noi, e molto spesso, quell’autoconclusione coincide con un colpo di pistola e del materiale cerebrale che schizza nell’aria. Eppure, nella riproposizione scenica di Fazzini e del Teatro Rebis, quei frammenti si intersecano e, come pezzi minuscoli di un puzzle enorme, messi uno al fianco dell’altro diventano come i puntini di quel gioco della settimana enigmistica che, una volta uniti, fanno emergere un disegno.
E il disegno finale, quello che emerge da tutti questi Scarabocchi messi uno accanto all’altro e resi carne ed ossa dal bravissimo trio di attori, Meri Bracalente, Sergio Licatalosi e Fernando Micucci, è quello che abbiamo di fronte ogni giorno allo specchio, è il ritratto di ognuno di noi.
Urla, pianti, risate isteriche e cocenti bestemmie scagliate al cielo: gli ingredienti di questo percorso nella miseria umana — ma in fondo anche nella sua speculare grandezza — fanno di questo spettacolo un’esperienza unica di trasposizione dal fumetto alla realtà. Tra risate a crepapelle e tuffi depressivi profondi come fosse oceaniche, tutti i pezzi del puzzle che negli anni Maicol&Mirco hanno accumulato — alcuni anche qui su Linkiesta — si rivelano finalmente come un unico, straordinario e insieme vertiginoso ritratto di noi stessi, poveri esseri umani che, senza che nessuno ci interpellasse, siamo stati depositati su questa terra a provare dolore.