Silvano vive a Pomezia. Dal giorno in cui è scoppiato quell’incendio nel deposito dell’azienda di smaltimento dei rifiuti Eco X sulla via Pontina Vecchia, non riesce a darsi pace. Si dice «indignato e amareggiato dalla superficialità con la quale le istituzioni stanno fronteggiando l’emergenza». E soprattutto preoccupato. Per i suoi figli, innanzitutto. «Ho assistito personalmente alla pulizia esterna della scuola che frequentano». Una pulizia che si sarebbe limitata al lavaggio dell’androne dell’entrata, «assolutamente inadeguata rispetto alla portata dell’evento che ha colpito la nostra città, lasciando la possibilità di reimmettere all’interno dell’edificio le polveri depositate su finestre, davanzali e tapparelle», dice ancora Silvano che, proprio per questo motivo, ha deciso di non mandare a scuola i suoi figli. E come lui tanti altri. A Pomezia vive anche una signora americana: «ho già vissuto l’esperienza delle Torri Gemelle e della polvere che sommerse tutta la zona circostante – racconta – Questa volta ho preso i miei figli e siamo andati dai nonni. Abbiamo avvisato la scuola: resteremo qui almeno per un mese».
Non è un caso che alcuni dirigenti, come quello dell’istituto comprensivo Trilussa, hanno prolungato la chiusura della propria scuola, proprio per l’inadeguatezza delle pulizie effettuate; né lo è il fatto che in altri edifici scolastici, come l’Orazio, diversi genitori hanno portato via i propri figli perché avrebbero accusato malore durante le lezioni. «E sono solo alcuni esempi dell’allerta che c’è nella zona», ci dicono dall’Osservatorio Nazionale Amianto (Ona). Di fatto, una onlus. Che, tuttavia, nei giorni immediati al disastro, ha subito creato un’autorità di crisi, composta da medici, specialisti e volontari, per offrire servizio alla popolazione. «Le istituzioni – racconta il presidente dell’Ona, l’avvocato Ezio Bonanni – si sono dimostrate assenti, non è stata creata un’autorità di coordinamento e per questo siamo intervenuti noi». Non è un caso che i cittadini, alla fine, si sono rivolti proprio all’Osservatorio Amianto: «ci sono arrivate più di 700 segnalazioni e ancora ne arrivano». Delle più disparate. Da chi chiede cosa fare dei prodotti del proprio orto a chi, una signora, come comportarsi con le galline che ha in campagna: «ci hanno chiesto di tutto, giustamente. Nel momento in cui le istituzioni tacciono, è ovvio che il cittadino si sente spaesato». Ma ci sono, ovviamente, anche segnalazioni più preoccupanti.
«All’ora di pranzo – racconta – mio figlio mi ha fatto notare che stavo perdendo del sangue dal naso. Nel pomeriggio ho iniziato ad avere forti dolori a tutte le ossa, brividi e febbre fino a 38 gradi». Ma non basta. Perché, ancora, c’è chi, da anni malato di asma, vive proprio nei pressi del deposito di plastica: «Già dal giorno dopo, avevo sulla pelle macchie rosse e un’irritazione ad un occhio»
Parliamo con la mamma di una bambina di otto anni. Vive nel centro di Pomezia. «Sono preoccupata», dice. E ne ha ben donde: il sabato e la domenica successivi all’incendio, la figlia ha avuto diversi episodi di vomito. Ma allarmata è anche un’altra donna, che quel giorno in cui la Eco X è andata in fiamme era fuori casa, per lavoro. «All’ora di pranzo – racconta – mio figlio mi ha fatto notare che stavo perdendo del sangue dal naso. Nel pomeriggio ho iniziato ad avere forti dolori a tutte le ossa, brividi e febbre fino a 38 gradi». Ma non basta. Perché, ancora, c’è chi, da anni malato di asma, vive proprio nei pressi del deposito di plastica: «Già dal giorno dopo, avevo sulla pelle macchie rosse e un’irritazione ad un occhio». Ma casi del genere sono stati avvertiti fin sul litorale, ad Anzio. «Pochi giorni fa – raccontano ancora dall’Ona – una scolaresca è andata in gita al Cinecittà World. Le insegnanti avevano chiesto ai gestori del parco giochi se ci fossero dei rischi, ma erano state tranquillizzate. Su venti bambini, però, cinque hanno avvertito forti malori». Certo, difficile dire con certezza se dipenda dalla dispersione della nube tossica, ma visto quanto accaduto i dubbi e i timori sono tanti. «Non ci sarebbero se ci fosse maggiore coordinamento – attacca ancora Bonanni – è ovvio che la cittadinanza è spaesata se sentono il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, dire che non c’è amianto e poi leggere che per la Procura di Velletri è esattamente il contrario». Quel che manca, insomma, pare essere proprio coordinamento tra i vari organi istituzionali. «Io rispetto il ministero, ci mancherebbe – continua ancora il presidente dell’Ona, Bonanni – ma mi chiedo come abbia fatto il ministro Lorenzin a lanciarsi in simili dichiarazioni, quando ancora non c’erano dati certi. O ha la palla di vetro oppure ci dica quali sono i dati in suo possesso. Ci vuole trasparenza in simili circostanze».
Ed ecco che allora, inevitabilmente, i cittadini si muovono in autonomia. Perché se in tanti hanno contattato l’Ona, c’è anche chi, pure a pochi chilometri dal deposito, si muove senza mascherina («hanno detto che è tutto sotto controllo», si giustificano). Eppure basterebbe parlare con il gestore del bar che si trova nella zona per rendersi conto del clima poco sereno. «Qui non viene più nessuno da giorni, prima era sempre pieno», racconta. Qui, al bar, in pochi credono alle parole rassicuranti del ministro. «L’aria è ancora irrespirabile: il ministro venga qui per vedere con mano quello che sta accadendo». Lì, a pochi metri, c’è una pianta. Ci passiamo il dito sopra: quando lo togliamo è nero. Come tutti qui intorno: ancora oggi c’è chi, munito di mascherina, lava sedie, esterni di finestre, ingressi dei negozi.
Dall’inchiesta della Procura di Velletri è emerso chiaramente che il deposito mancava di un sistema antincendio «una mancanza – continua l’avvocato Bonanni – che bastava per far chiudere preventivamente la struttura della Eco X. È evidente, allora, che alla fine nessuno è andato a controllare»
Basso profilo, però, è tenuto anche dai Comuni coinvolti (circa una ventina). «Abbiamo provato a relazionarci con le amministrazioni – racconta ancora Bonanni – ma non è stato possibile. L’unico che ci ha contattato è stato il sindaco di Nettuno, che poi ha preso provvedimenti in linea con i nostri consigli». Tentativi sono stati fatti anche con il sindaco di Pomezia, Fabio Fucci, cui l’Ona ha scritto lettere e fatto telefonate. «Pare sia troppo impegnato per risponderci», taglia corto Bonanni. «Abbiamo chiesto formalmente che rendesse obbligatorio, almeno nei prima giorni, l’uso delle mascherine», ma anche a questa richiesta non è mai arrivata risposta. Eppure anche gli ultimi dati dell’Arpa lasciano attoniti, vista la presenza di diossina nei giorni immediatamente successivi all’incendio, 700 volte superiori al consentito. «Ora bisognerà capire dove sono andate a finire quelle polveri e che estensione hanno raggiunto», dicono anche da Legambiente. Perché i venti di questi giorni hanno reso il tutto più difficile: «bisognerà analizzare i terreni e non è detto non ci sia anche il rischio di inquinamento delle falde acquifere», ribattono dall’Ona. Senza dimenticare il rischio amianto. Sul punto Bonanni è chiaro: «certo, il ministero ci dice che siamo su valori sotto soglia. Peccato però che ci sono studi, riconosciuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che dicono chiaramente che parlare di tetto massimo è molto relativo, dato che anche la minima particella che si sprigiona nell’aria può essere letale». Senza dimenticare che, spiegano ancora dall’Ona, si sono aerodispersi quantitativi preoccupanti di elementi cancerogeni, «come idrocarburi e benzene».
In mezzo a tanti dubbi, tuttavia, una certezza c’è. «Qualcuno è stato negligente». Come ricostruito già da Linkiesta, infatti, i cittadini avevano già chiesto un intervento, a novembre, delle istituzioni sulla Eco X. Il sindaco di Pomezia, dal canto suo, ha subito detto che aveva girato la segnalazione all’Asl e ai Noe, ma «ora c’è da capire perché poi nessuno sia intervenuto». Anche perché dall’inchiesta della Procura di Velletri è emerso chiaramente che il deposito mancava di un sistema antincendio, «una mancanza – continua l’avvocato Bonanni – che bastava per far chiudere preventivamente la struttura della Eco X. È evidente, allora, che alla fine nessuno è andato a controllare». E probabilmente non è un caso che domani Fucci, secondo quanto appurato da Linkiesta, Fucci verrà audito in Senato per meglio capire cosa sia accaduto. Ma c’è di più: dall’Osservatorio Amianto ci confermano che nella zona non sono poche le strutture a rischio, dalle aziende dismesse ad altri depositi simili a quello della Eco X, su cui non a caso sia l’Ona che comitati spontanei di cittadini hanno inviato segnalazioni, soprattutto sul pericolo amianto. «Credo però che, nonostante questo disastro, nulla cambierà». Possibile? «Se il nostro Paese è stato uno dei maggiori utilizzatori di amianto – ricorda Bonanni – se è stato pure condannato dalla Corte di Giustizia Ue con procedura iniziata d’ufficio, tutto questo la dice dice lunga… Se cambierà qualcosa? Lascio a voi le conclusioni».