Ma quali criminali, i troll sono i benefattori del web

La molestia sui social è un perfetto regolatore dell'aggressività. Fa diminuire il livello di frustrazione di chi trolla, e riduce il livello di narcisismo dei trollati. Ecco perché dovremmo dire solo grazie a chi ci insulta

Il primo troll della vita non si dimentica. Si chiama Monster Jr e la sua foto profilo è una specie di T-Rex mutante con delle fruste al posto delle zampe. Nonostante il nome, la foto, gli epiteti in maiuscoletto tipo “STRONZA TESTA DI CAZZO FAI SCHIFO VAFFANCULO” e le sue opinioni complesse, involute, sgrammaticate tipo: “se ti piace la monnezza sei una lurida sporca figlia dei fiori vai a lavorare terrona sennò come te lo paghi il chirurgo plastico?” che arrivano tutti i giorni sul mio profilo Twitter, Facebook e Instagram, non riesco a volergli male. Ma il mio troll è solo un dilettante, alla fine. I migliori, i più tignosi, i più arrabbiati, sono quelli che si accaniscono contro i politici.
Ripetono le stesse cose tutti i giorni come un mantra; pure più volte al giorno se il politico preso di mira pubblica più post. E quelli del PD (i “pdioti”) sono i più stalkerati in assoluto. Si leggono frasi come “ti apro il cranio e ci piscio dentro” -mi ricordavo questa frase, è la frase di un film, Codice d’onore, quindi nemmeno troppo originale il ragazzo-.
Poi c’è Makko Harrison che scrive a Renzi “uomo sterco, hai il culo in faccia”, Giovanni Di Gianfil alla Boschi “scema, hai ancora il coraggio di proporre, vai a lavarti la faccia nel bidet”, Giovanni Colangelo alla Lorenzin “SEI VISCIDA SEI VIGLIACCA MALEDETTA MISERABILE MA A SCAPPARE DALL’ITALIA SARETE VOI MALEDETTI SUDICI”.
Alcuni dei trollati rispondono a tono, altri si scaldano o denunciano alla polizia postale, oppure si tengono tutto dentro per poi esplodere in Tv contro i loro simili. Vi dicono le parolacce, povere stelle della casa, vi scrivono a caratteri cubitali che fate male il vostro lavoro, che siete brutti, che non capite niente. La novità è che potrebbe pure essere vero. I troll instillano un dubbio feroce, inspiegabile: se tutte queste persone se la prendono con me ci sarà un motivo che non è ascrivibile solo ai “disturbi mentali della gente che usa profili senza volto”. Senza volto. Questo è uno dei capi d’accusa: la maggior parte dei troll non ci mette la faccia. “Non sono coraggiosi” o “facile lanciare insulti senza metterci la faccia eh”, dicono i buoni della rete.
E invece non è per niente facile: ci vuole comunque una certa dose di disperazione per crearsi un profilo falso e stare tutto il giorno a digitare cose turpi in uno spazio bianco invece di prendere il sole con un Calippo in mano. Il voto è segreto, si vota senza faccia. Si entra nelle chat erotiche senza faccia, si fanno tante cose sfacciate. Per dire la verità ci vuole la sfacciataggine. Essere senza faccia è l’unico modo per provarci, perché la frustrazione è una verità.

E invece non è per niente facile: ci vuole comunque una certa dose di disperazione per crearsi un profilo falso e stare tutto il giorno a digitare cose turpi in uno spazio bianco invece di prendere il sole con un Calippo in mano

Non dico nutrire, ma almeno sopportare i troll è un dovere morale, quindi. Non è questione di “porgi l’altra guancia”. È un fatto razionale. I troll non costruiscono bombe carta in garage, trollano solo un po’. Un po’ di fastidio gli esposti possono pure sopportarlo, che sarà mai, meglio una trollata del tritolo sotto la macchina come negli anni Settanta.
Il mio Monster Jr sfoga le sue frustrazioni sui social scrivendo cose terribili e fastidiose. Magari, però, la sera, non litigherà con sua moglie o non rimprovererà il figlio per aver preso cinque in matematica. Oppure gli salirà una botta di adrenalina ad ogni lettera digitata che compone la parola “S T R O N Z A”. O si sarà semplicemente sganasciato dalle risate con qualche amichetto. Trollare è buono e giusto. Permette di dire cose che escono raramente in presenza degli interessati, ma che, per fortuna, la mediazione dello schermo salva, lascia andare, fluidifica. È quasi come parlare di qualcuno in sua assenza. Qual è la differenza? Che sui social ti arriva subito e senza voce, come un monito universale. E il piacere è tutto lì, nell’immediatezza. Mediata. Non mi piace una cosa che hai scritto o detto. Ti cerco. Sudo. Ti trovo. Hai un profilo pubblico. Sudo ancora un po’. T’insulto. È un modo per ribellarsi a un’ingiustizia millenaria, e il social è il posto perfetto per cercare di dire la propria, per sovvertire le gerarchie. Anche per esagerare. Così il proiettile arriva. Ma alla fine quanti sparano sul serio? Nessuno.

È un modo per ribellarsi a un’ingiustizia millenaria, e il social è il posto perfetto per cercare di dire la propria, per sovvertire le gerarchie. Anche per esagerare. Così il proiettile arriva. Ma alla fine quanti sparano sul serio? Nessuno

Se vogliamo essere democratici dobbiamo accettare il conflitto antietico. E il dissenso si può esprimere anche in modo istintivo, grezzo e goffo, non per questo deve essere preso meno in considerazione. Non importa il contenuto del messaggio minatorio, conta l’energia. La motivazione. A volte questi profili blateranti sono capaci di verificare la robustezza di un sistema o di fomentare l’autoanalisi (magari sono davvero una stronza? Naaa). Magari i troll sono gli scettici di questo tempo, i sileni 2.0, quelli che comunque in ogni caso ti ripetono in mille salse diverse “ma chi diavolo ti credi di essere? Sei come tutti. Non ti prendere troppo sul serio. Morirai presto anche tu”. Il senso è questo, in fondo, e non è un senso malvagio. Ormai come si trova l’amore su Facebook, si trova l’odio. La rabbia c’è e in qualche modo deve uscire, resta stipata nelle dita e immagazzinata in file-dati infinitesimali. Il social è solo un altro mezzo per fare uscire questi sentimenti. Non è il social che rende scemi, è solo un perfetto miorilassante. Cosa ci aspettavamo? Silenzio e assenso? Il social-paradiso? Il social-mondo perfetto, senza bile nera, cattiveria e odio? A livello macroscopico, se vogliamo vederla da hare krishna, la rabbia che esce sui social magari diminuirà il livello cosmico di rabbia nel mondo. Alla fine già se rispondi all’insulto la rabbia si attutisce, il troll si sente considerato, al centro dell’attenzione, se ti arrabbi gode, se minacci di denunciarlo s’impaurisce, ma se rispondi gentilmente fa le fusa. Il mio Monster Jr ha iniziato addirittura a mettermi i like. Alla fine abbiamo fatto pace. Lieto fine. Mi sono beccata un troll martire. E adesso quasi mi manca, con le sue “e” senza accento per l’incontenibile ardore, i suoi ragionamenti surrealisti e i suoi mattinieri “brutta stronza ti sei svegliata anche oggi? Peccato”.

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