«Frena, scendi in strada e alza la bicicletta al cielo!». I fattorini di Deliveroo la sera di sabato 15 luglio pedaleranno, ma non per consegnare sushi, pizze e panini a domicilio. A Milano si tiene la prima Deliverance Strike Mass, una biciclettata tra i ristoranti della movida e gli abituali punti di ritrovo dei rider, per chiedere nella capitale italiana della food delivery il miglioramento delle condizioni di lavoro di quelli che in molti definiscono come “lavoretti” ma che – dicono i diretti interessati – «spesso lavoretti non sono, perché molti in realtà ci campano». «Stop alla logica del “Corri, consegna e crepa!”», dicono i fattorini in azzurro, mille in tutta Italia, di cui 600 solo a Milano. E l’invito è esteso anche ai rider delle altre aziende concorrenti, Foodora, Just Eat, Ubereats e Glovo, che popolano le vie di Milano. Nella speranza che la protesta crei un contagio tra i lavoratori della platform economy, che finora – nonostante le proteste di Torino – non c’è stato. «Un’occasione per incontrarsi, conoscere lavoratori nelle nostre stesse condizioni e creare delle rivendicazioni comuni», dicono gli organizzatori.
Marco, 25 anni, fattorino di Deliveroo da sei mesi, è tra le menti della biciclettata milanese. Studia storia all’università e, per mantenersi, oltre al rider, fa altri due lavori, come facchino e tecnico di impianti audio e video. «Con Deliveroo faccio otto ore a settimana per 90-100 euro al mese. Ma c’è anche chi fa 50-60 ore a settimana e guadagna anche 1.800 euro al mese», racconta. «Questi non sono solo lavoretti, ma vero lavoro che va regolamentato».
In media arrivano a Deliveroo Italia 800 application al mese per diventare rider, di cui circa la metà solo su Milano. I fattorini di Deliveroo, dando la propria disponibilità su quando lavorare, sono inquadrati “formalmente” come lavoratori autonomi, con un contratto di collaborazione per prestazioni occasionali fino a 5mila euro di guadagno. Oltre questa soglia, viene richiesta l’apertura della partita Iva. «Questa biciclettata», spiega Marco, «è il primo passo per chiedere un contratto nazionale del food delivery in Italia, con maggiori tutele, ferie e malattia. Oggi le tutele sono a zero. Deliveroo, ad esempio, ci copre i danni a terzi sopra i 150 euro, ma i danni che facciamo andando in bici, specchietti o macchine rigate, sono tutti al di sotto di questa cifra. Mentre per i danni personali non siamo coperti da assicurazione. E in tanti si fanno male, perché più veloce vai, più consegne fai e più guadagni. Milano è una giungla per i ciclisti. In giro ci sono rider col gesso che continuano a lavorare. Mia madre si è preoccupata e mi ha fatto l’assicurazione».
Questa biciclettata è il primo passo per chiedere un contratto nazionale del food delivery in Italia, con maggiori tutele, ferie e malattia. Oggi le tutele sono a zero. Per i danni personali non siamo coperti da assicurazione. E in tanti si fanno male, perché più veloce vai, più consegne fai e più guadagni. Milano è una giungla per i ciclisti. In giro ci sono rider col gesso che continuano a lavorare. Mia madre si è preoccupata e mi ha fatto l’assicurazione
Resta poi da chiarire il confine tra lavoro autonomo e subordinato: «Se siamo prestatori d’opera indipendenti, come mai Deliveroo offre un servizio di intermediazione di manodopera ai ristoratori, gestendo i rider da somministrati come un’agenzia di lavoro?», si chiedono. Ma le condizioni d’ingaggio dei fattorini non sono tutte uguali. Non solo giungla d’asfalto, ma anche giungla contrattuale. «Deliveroo è quella che ha le condizioni migliori», ammettono i rider. Marco fa i calcoli: «Con una paga oraria di 5,60 euro netti più 1,20 euro a consegna, contando che si riescono a fare due consegne all’ora, il guadagno è di otto euro netti». In Italia, il guadagno dei rider di Deliveroo, spiegano dall’azienda, è in media tra i 7 e gli 8 euro lordi l’ora, oltre a un rimborso – a seconda se operano in bici o in scooter – fino a 1,50 euro a consegna. A Milano, un rider guadagna in media 10,27 euro lordi l’ora.
Ma la paga oraria è un lusso in questo mondo, dove la regola è invece il cottimo, il pagamento a consegna. Foodora da poco ha proposto il passaggio da un compenso orario a un compenso a consegna, che – secondo i manager – sarebbe conveniente per i rider. Just Eat offre ai propri fattorini tre diverse possibilità contrattuali (orario, a cottimo, o misto). E c’è anche chi come Glovo ha messo a punto una sorta di “ranking fedeltà dei rider” in base a disponibilità e tempi di consegna. «Se sei molto disponibile e molto veloce consegnerai tanto e salirai nel ranking, perché l’algoritmo che smista gli ordini ne terrà conto», spiegano gli organizzatori della protesta. «Se avrai problemi, bucherai, sarai malato, partirai in vacanza, sospenderai per un po’ la collaborazione, perderai posizioni e la possibilità che altri slot orari ti vengano assegnati. È la dura legge del delivery food».
La mobilitazione milanese prende spunto dagli scioperi dei rider di Foodora e Deliveroo di Torino. Dietro l’organizzazione c’è il gruppo di precari Deliverance Milano, sostenuto anche dal laboratorio “Off Topic Milano”, uno dei movimenti più critici nei confronti dell’Expo milanese del 2015. Dall’azienda, dopo le aggressioni dei dipendenti di Deliveroo durante il Gay Pride milanese, temono disordini e infiltrazioni. La Cgil ha provato ad avvicinare gli organizzatori della protesta, ma al momento preferiscono tenersi lontani dai tradizionali sindacati.
Su Facebook è stato pubblicato un vademecum per i fattorini che intendono scioperare: «Deliveroo dice che sei un “lavoratore autonomo”? Perfetto! Sabato 15 luglio non lavorare! È l’unico diritto che hai, trasformalo in un tuo vantaggio! Hai tempo fino a 24 ore prima per avvisare. Non sei obbligato a lavorare, non segnarti di turno». L’indicazione non è quella di “sloggarsi” dalla app nello slot orario comunicato, ma semplicemente di non mettersi a disposizione per le consegne. Per evitare ripercussioni, dicono, dopo l’estromissione dei rider di Foodora che avevano scioperato a Torino. «Ti chiamano dal call center? Sabato non puoi, ti dispiace». Con un consiglio: «Mettici la faccia, ma non rimetterci il posto! Scendi con noi in strada sabato. Se non te la senti vieni con una maschera, scambiamoci le bici, o vieni con la bici di un tuo amico, se sei in paranoia! Nessuno potrà dimostrare che sei tu e non avrai ripercussioni». E aggiungono: «Sabato 15 luglio non perdere l’occasione di incontrare altri lavoratori precari come te, del delivery food e non solo. Basta lamentarsi nelle chat! Incrocia le braccia!».
In Italia, il guadagno dei rider di Deliveroo, spiegano dall’azienda, è in media tra i 7 e gli 8 euro lordi l’ora, oltre a un rimborso – a seconda se operano in bici o in scooter – fino a 1,50 euro a consegna. A Milano, un rider guadagna in media 10,27 euro lordi l’ora
La previsione è che aderiranno allo sciopero una trentina di rider di Deliveroo, più una decina dalle altre app. «Continueremo a cercare un dialogo aperto e diretto con i rider, in modo da fornire loro il massimo ascolto e supporto alle richieste di flessibilità e autonomia nello svolgimento dell’attività di consegna», dice Matteo Sarzana, general manager Italia di Deliveroo. «Lavorare come rider consente di collaborare contemporaneamente con più aziende e scegliere il modo di operare più adatto alle proprie esigenze. E noi di Deliveroo siamo alla costante ricerca di modi che aiutino i rider a massimizzare i loro guadagni. Siamo orgogliosi che il 93% dei rider in Italia dichiari che consiglierebbero questo tipo di attività ad un amico. E l’82% sottolinea come il grado di soddisfazione della collaborazione con Deliveroo è aumentato negli ultimi tre mesi. Consideriamo decisivo per il nostro successo mantenere questi ottimi livelli di soddisfazione».
Ma al momento in Italia la discussione sulla regolamentazione della gig economy è solo agli inizi. E nessun sindacato si è ancora fatto portavoce dei fattorini in bicicletta come accade già in Gran Bretagna. A febbraio Sinistra italiana ha presentato un disegno di legge per regolamentare i lavori della gig economy, soprattutto per capire se si tratti davvero lavoro autonomo. Ma poi non si è saputo più nulla.