Il gas salverà l’ambiente (e dobbiamo subito abbandonare il carbone)

Non abbiamo la tecnologia adatta per usare solo le rinnovabili, né la volontà politica di ampliare l’uso del nucleare. Se sostituissimo tutte le centrali termoelettriche di carbone con quelle a gas dimezzeremmo di colpo la CO2 emessa nell’atmosfera, raggiungendo l'obiettivo della Cop21

Due anni fa i leader di 195 Stati si sono prefissi l’obiettivo più difficile della nostra storia: scendere di due gradi 2° C rispetto ai livelli preindustriali. Nonostante Donald Trump stia provando a ritirare gli Stati Uniti dal trattato sul clima di Parigi del dicembre 2015, non possiamo più tornare indietro da questo impegno se vogliamo vivere ancora in questo pianeta.

Ogni anno sulla Terra consumiamo più di 24 PWh di energia elettrica, più o meno come se sette miliardi e mezzo di persone tenessero accese tutto l’anno, giorno e notte, 15 lampadine da 24 W. Non abbiamo ancora la tecnologia adatta per utilizzare solo le fonti di energie rinnovabili che producono solo il 23% dell’energia elettrica mondiale, né la volontà politica di ampliare l’uso dell’energia nucleare (10,7% del fabbisogno totale). Non ci resta che trovare una soluzione intelligente che limiti l’impatto dei combustibili fossili da cui ricaviamo i due terzi del fabbisogno totale di energia. Per questo abbiamo bisogno di una transizione che faccia meno danni all’ambiente e piano piano riduca l’emissioni di CO2. Il minore dei “grandi mali” sembra essere il gas naturale.

A oggi il carbone produce il doppio del gas (40% contro 20%) ma a parità di estrazione il è più sporco e inquina di più, non solo per le miniere a cielo aperto e sotterranee. Facciamo un esempio per capire meglio: per ottenere l’energia elettrica dal carbone bisogna ossidare le cellule di carbonio. Questo fenomeno di perdita degli elettroni causa la produzione di CO2 nell’ambiente. Il gas invece contiene sia carbonio che idrogeno. Per questo a parità di energia la combustione completa del gas naturale è la metà di quella del carbonio. Immaginiamo di sostituire tutte le centrali termoelettriche di carbone con quelle a gas. Avremmo dimezzato di colpo l’anidride carbonica emessa nell’atmosfera.

Un altro problema del carbone non è solo la sua produzione, ma la sua dispersione. Nella trasformazione da energia termica a elettrica, allmeno il 60% del carbone si disperde nell’ambiente contro solo il 45% degli impianti a gas.

Un altro problema del carbone non è solo la sua produzione, ma la sua dispersione. Nella trasformazione da energia termica a elettrica, allmeno il 60% del carbone si disperde nell’ambiente contro solo il 45% degli impianti a gas.

Il futuro dell’energia sostenibile è nel gas e aziende come l’Eni lo hanno già capito. Dal 2010 a oggi la sua climate strategy ha permesso ridotto le sue emissioni totali di CO2 del 28%. E punta di raggiungere il 43% entro il 2025. Questo perché l’azienda creata da Enrico Mattei ha deciso di non investire in progetti ad alto contenuto di CO2 come le tar sands, sabbie bituminose, anche se potenzialmente più redditizie.

Tra otto l’anni Eni cercherà di azzerare il flaring, cioè la combustione del gas naturale in eccesso che risulterebbe troppo costoso trasportare. Per capirci la fiamma che brucia sopra le torri petrolifere. Una strategia che ha permesso all’azienda italiana di essere inserita nella A list di Cdp (Carbon disclosure project), l’organizzazione inglese che monitora le iniziative a favore dell’ambiente delle compagnie petrolifere. Finora Eni è l’unica tra le grandi compagnie del settore Oil&Gas a vantare questo merito.

Ecco perché molte aziende dovrebbero seguire il suo esempio. Come ci ha dimostrato il superflop della centrale di Kemper in Massachussets, Il carbone pulito non esiste. E prima lo capiremo, meglio è.

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