Sono i social che seminano zizzania? Tutte cazzate

Gli indici di litigiosità in Italia hanno un andamento strano: altissimi nell’800, scendono per tutto il '900 fino agli anni '70, quelli della crescita, del consumismo e della televisione in ogni casa, quando di colpo riprendono a salire. Poi con l'arrivo della crisi e di internet si stabilizzano

A questo mondo esiste un parametro per tutto ormai. Ce n’è persino uno che cerca di definire l’esatta dimensione di un sentimento che di questi tempi va per la maggiore in Italia e in tutto il mondo occidentale: la conflittualità tra gli individui che condividono uno spazio, ovvero, in soldoni, i vicini di casa.

L’Istat l’ha chiamato Indice di litigiosità, lo calcola mettendo in rapporto le cause civili intentate in un dato territorio di competenza di un dato tribunale e la popolazione residente per 1.000 e se oggi ce ne occupiamo è perché il Sole 24 Ore, per compilare il suo ultimo rapporto annuale sulla vivibilità delle province italiane, ha deciso di inserire nel paniere dei suoi calcoli proprio questo dato, con almeno un risultato notevole: tutte le grandi città, per la loro intrinseca grandezza e densità di popolazione, hanno registrato tassi da primato di litigiosità, finendo in fondo alle classifiche tematiche e, di conseguenza, perdendo posizioni nella classifica generale.

L’esempio più clamoroso riguarda Milano, che perde ben sei posizioni nella classifica generale, superata dalle province di Belluno, Sondrio, Bolzano, Trento, Trieste e Verbano-Cusio-Ossola. Ma più che l’impatto di questo indice sulla classifica finale, che resta comunque una di quelle classifiche di fine anno, da prendere, come tutte queste classifiche, con il beneficio di inventario, ci interessa la sua evoluzione nel tempo.

L’indice in sé, infatti, parziale e approssimativo come tutti gli indici statistici, mostra un andamento storico decisamente curioso. La “litigiosità” degli italiani, stando ai calcoli dell’Istat, avrebbe avuto il picco massimo intorno alla fine del 1800, con l’indice a 72 cause ogni 1000 abitanti e poi si abbassa per tutta la prima metà del Novecento fino ad arrivare agli anni Settanta, punto minimo di tutta la serie con circa 9 cause ogni 1000 abitanti. Da lì in poi sembra tutta in salita, arrivando, negli ultimi anni a una sort di plateau. Sì, perché a vedere i numeri dell’Istat pare che i tasso di scazzo tra gli italiani sia rimasto quasi invariato dall’inizio degli anni Novanta ad oggi.

Cosa è successo di così influente nella società italiana da invertire una tendenza che fino al 1970 si stava riducendo? Qual è l’elemento che ci sta mettendo uno contro l’altro con sempre maggior frequenza, tanto da aver fatto triplicare l’indice relativo dello scazzo tra i cittadini in tutta Italia nel giro di tre decenni? Di questi tempi di certo la prima risposta che ci viene in mente è Internet, in particolare i Social Media — Facebook in primis, dove ormai l’hate speech è diventato il modus discutendi standard — che stando all’interpretazione di molti, sarebbero la causa, oltre che di tutti i mali del pianeta, anche dell’odio sempre più vistoso ed evidente tra le persone.

Aldo Cazzullo, Michele Serra, Massimo Gramellini, persino Umberto Eco qualche anno fa; in tanti opinionisti e intellettuali della vecchia guardia stigmatizzano internet e i social network, colpevoli per loro e per molti altri di aver, se non seminato zizzania tra gli italiani, quanto meno di aver amplificato le tensioni, liberando un sacco di rabbia repressa sulla Rete. E invece Internet apparentemente non c’entra, anzi, sembrerebbe proprio tutto al contrario visto che, sempre stando a questo bislacco indice, sembra che negli ultimi 15 anni il tasso di litigiosità degli italiani sia rimasto in media sostanzialmente stabile.

E allora che cosa ci rende più litigiosi? Difficile dirlo, ma stando all’evoluzione temporale dell’indice sicuramente la colpa non è della crisi economica degli ultimi anni, né dell’avvento dei social network, né tantomeno di internet. Al contrario, forse è stato proprio il sopravvenuto e diffuso benessere degli anni Settanta, la contemporanea crisi del tessuto sociale, economico e politico — ovvero delle reti sociali quelle vere, che proprio in quel momento si iniziarono a disgregare — e, se proprio vogliamo parlare di media, della televisione, che negli anni Settanta aveva già smesso di essere un momento di ritrovo comunitario da condominio ed era entrata in ogni casa, desertificando le strade e le piazze delle grandi città , lasciando nuclei familiari sempre più ristretti — stava cominciando la grande stagione dei figli unici — nell’isolamento sempre più angusto dei propri salottini.

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