In Cina l’omosessualità non è illegale, ma è comunque una cosa di cui è meglio non parlare. Figurarsi proiettare dei film che la mettono in scena. È così che Chiamami con il tuo nome, il film di Luca Guadagnino girato in Italia (ma produzione americana) è stato ritirato dal Beijing International Film Festival. Nessuno ha voluto lasciare commenti e la ragione ufficiale per questa decisione non è stata rivelata. Ma il sospetto è molto forte.
Il problema, insomma, è la riluttanza del Paese nel trattare di tematiche Lgbtq+. Il film racconta l’amore che sboccia tra due adolescenti durante una pigra (ma feconda, dal punto di vista intelletturale) vacanza in Italia. In un’atmosfera rarefatta, lontana dalle città, i due giovani hanno modo di affrontare il crescere del sentimento. È un film giudicato “toccante”, “poetico” e “delicato”. Ma questo non è bastato: come ha dichiarato Wu Jian, analista cinematografico, il festival si è cacciato in una “situazione imbarazzante”. Ma a quanto pare non c’era molta scelta. “Il film è una deviazione dall’ambiente politico cinese”.
Il governo cinese ha sempre avuto un rigido controllo sulla questione. È pronto a censurare film considerati violenti, o troppo espliciti o, per qualsiasi ragione, non adatti al pubblico. Stavolta tocca all’argomento dell’omosessualità, troppo pericoloso. Del resto, non succede solo al cinema: come si ricorda qui, anche una conferenza Lgbtq+ prevista a Chengdu è stata annullata nell’estate del 2017. E anche la app per donne omosessuali, che vantava cinque milioni di utenti, è stata chiusa.