Altro che toghe: anche i romani (ogni tanto) portavano i pantaloni

Li portavano gli uomini e si chiamavano feminalia (parola che non c’entra niente con le donne). Un uso imparato dai tanto disprezzati barbari ma che, quando il clima diventava freddo, si rivelò utile

Anche i romani indossavano pantaloni. Certo, la toga era il vestito preferito e non fu mai scalzata davvero. Ma dalla fine del I secolo a.C anche l’abitudine, fino a quel momento considerata barbara e un po’ ridicola divenne corrente anche nel neonato impero (che fingeva ancora di essere una repubblica).

All’epoca si chiamavano “feminalia” ed erano portati da uomini. Il nome, che potrebbe trarre in inganno il non conoscitore di latino, non c’entra niente con le femmine ma c’entra molto con il femore (in latino femur / femoris, o femur / feminis). Non coprivano tutta la gamba, ma appunto solo la parte superiore, in coincidenza con il femore. Erano una sorta di pantaloni alla zuava, prima che esistessero gli zuavi.

Fino alla fine della Repubblica i romani evitarono di indossarli. Li conoscevano a causa dei frequenti contatti con le tribù barbare lungo i confini, come ad esempio i Galli (loro portavano i feminalia per ripararsi dai rigidi inverni del nord) e proprio per questa ragione li disprezzavano. Ma il primo a renderli popolari fu proprio l’imperatore Augusto, che li sdoganò – soprattutto per affrontare gli inverni durante le campagne militari e proteggere la salute malferma.

Nel giro di poco tempo divennero un capo abbastanza diffuso: erano in cotone e lana per i fanti, mentre i cavalieri preferivano una versione in cuoio, che garantiva una protezione migliore alla pelle delle gambe. Rimasero, comunque, un vestito da lavoro – nel caso, dei soldati, il lavoro consisteva nella campagna militare – perché la toga non fu mai scalzata.

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