Sex education, il vuoto pneumatico che si spaccia per serie di culto

L‘ultimo arrivato dalla cantera Netflix ha tutti gli ingredienti per piacere ai fan nerd della piattaforma, ma sotto il political correct e la facile ironia, non è altro che una galleria di stereotipi che non provoca e non graffia, ma tranquillizza e alla lunga ammorba

Il modello di business di Netflix è chiaro. Non vende pubblicità, vende se stessa e l’appartenenza a una comunità di gente che deve aumentare sempre di più e che deve restare abbonata. Per assicurarsi ciò deve restare sulla cresta dell’onda, sempre. Deve rimanere essere attraente, essere, almeno nella percezione, sempre avanti un passo: essere abbonati a Netflix deve continuare ad essere figo, ad essere cool. Non per altro investe miliardi in marketing – l’anno scorso il doppio di quanto HBO ha investito in produzione – e, piuttosto che fare un lavoro di ricerca e sperimentazione, andare sul sicuro, investire su prodotti che vendono a scatola chiusa, contenuti fatti apposta per accontentare le nicchie di fan che si è già conquistata, e intanto cercare di allargare la propria base. E non può permettersi di toppare.

In questa logica che il gigante americano produce e distribuisce di tutto: film, documentari, serie tv, cartoni animati. Investe su nomi certi, che hanno già una loro fan base forte e fedelissima: presentatori di successo, comici alla ribalta, registi cult, generi ampiamente sperimentati e alla moda, personaggi pop che colpiscono le masse. Ma non solo. Tra le strade che Netflix ama battere ce n’è una in cui si è dimostrata pressoché imbattibile: è diventata maestra indiscussa di un’arte rara, ovvbero produrre contenuti che diventano cult prima ancora di esserlo. Prodotti fatti con ingredienti già testati, infallibili almeno sulla carta, prodotti come House of Cards, come Stranger Things o come, ultima arrivata in questa lista di intrattenimento a colpo sicuro, la teen comedy Sex Education, appena pubblicata poche settimane fa sulla sua piattaforma.

Sex Education, come altri prodotti Netflix, grazie a una efficace opera di marketing e di comunicazione, è riuscita a spopolare praticamente prima ancora di essere disponibile. Sta spopolando tra i critici, ed è fatta a regola d’arte per sembrare una bomba: contenuti esplosivi avvolti in strutture che colpiscono sul sicuro, ma tutto ciò, che in apparenza ha solo fattori positivi, nasconde dei Ma grossi come palazzi. Perché in fondo, questo nuovo sfavillante prodotto della Cantera Netflix, della bomba ha solo il rumore, come quelle stordenti che la polizia da anni nelle nostre piazze.

La ricetta in fondo è sempre simile a se stessa. Squadra che vince, in effetti, non si cambia. Prendete un tema forte, buttatelo in un setting cool, declinatelo sui generi della cultura pop anni Novanta, riempitelo di riferimenti più o meno diretti e sempre molto ammiccanti averso un pubblico che adora avere nostalgia di quando si era ragazzini, conditelo con qualche vecchia gloria del cinema o della televisione da rimettere in pista per creare l’effetto nostalgia e ripescaggio e il gioco è fatto.

E infatti Sex Education è così: affronta la tematica complessa e sempre pruriginosa del sesso, lo butta in una ambientazione fresca e brillante di un college, lo declina nelle strutture tipiche del genere, la teen comedy per l’appunto, lo riempie di riferimenti pop, lo gira con una regia patinata, impeccabile, con personaggi semplici, che sono diretta conseguenza della loro funzione narrativa, lo condisce con un cammeo di Gillian Anderson, nella parte della mamma sexy del protagonista, una terapista sessuale di mezza, ovvero della milf nel vero senso della parola, e boom, il gioco è fatto.

Sex Education è un pallido passatempo, di quelli che ti fanno andare a dormire sereno, per l’amor del cielo, ma anche di quelli che, dopo che gli hai consegnato chiavi mano 8 ore della tua vita, ti lascia con lo stesso vuoto che l’ha preceduta

I commenti sbrodolati ed entusiasti degli influencer del settore sono piovuti immediatamente e quasi all’unisono l’hanno decretata come Serie dell’Anno. E come dicevamo, sulla carta la ricetta è quella della serie perfetta, anche se, oltre alla sua superficie perfettamente levigata, brillante, ammiccante e divertente, ha un immenso vuoto pneumatico: se si cerca qualcosa di più, ci si trova di fronte al tranquillizzante e pacifico nulla.

Nulla di problematizzato, nulla di profondo, nulla di originale, né tantomeno di disturbante. Se confrontata con altre serie che hanno affrontato il sesso con intelligenza e ironia, prima tra tutte Fleabag, Sex Education è un pallido passatempo, di quelli che ti fanno andare a dormire sereno, per l’amor del cielo, ma anche di quelli che, dopo che gli hai consegnato chiavi mano 8 ore della tua vita, ti lascia con lo stesso vuoto che l’ha preceduta.

Sex Education è poco di più di una macchina mangia tempo, di quelle che ti vedi ridendo fino a quando capisci in quelle 8 ore della tua vita avresti potuto godere ben altri tipi di prodotto. Serie, film, libri, videogiochi, poco importa, ma prodotti costruiti attorno a qualcosa di vero, di autentico, che anche se ti fanno ridere e ti rilassano, riescono sempre a a farti vivere una gamma di emozioni estesa, perché non dimenticano che la migliore commedia è quella che, quando hai finito di asciugarti le lacrime dal ridere, senti un retrogusto amaro, o una piccola vertigine.

Sex Education, insomma, non somiglia se non di lontano a quello promette di essere. Una volta l’avrebbero definita un prodotto perfetto del midcult, ovvero, usando le parole di Umberto Eco, «una cultura media rappresentata da prodotti d’intrattenimento che prendevano a prestito anche stilemi dell’avanguardia, ma che era fondamentalmente Kitsch». E a misurarla su questo, ovvero nel vendere una bolla di vuoto come se fosse oro, Sex Education è un vero capolavoro.

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