Quella del 6 marzo, per il reddito di cittadinanza, sarà una partenza con riserva. Perché i requisiti richiesti per ottenere il beneficio ad oggi sono quelli inseriti nel decretone, e – almeno per gli immigrati – si sa già che sono stati modificati. Dal 6 marzo sarà possibile presentare la domanda online, negli uffici postali e nei Caf. Ma le norme da seguire attualmente sono quelle contenute nel decreto legge approvato a gennaio, che però in fase di conversione in legge è già stato modificato al Senato e che alla Camera subirà probabilmente ancora altri innesti. Cosicché alla fine, dopo la prima erogazione del reddito voluta in tutta fretta entro maggio – giusto in tempo per le elezioni europee – la procedura con molta probabilità dovrà essere rivista e riscritta.
«Chiediamo alla maggioranza una dose di buon senso. Speriamo che ora il decreto non subisca grosse modifiche», dice Mauro Soldini, coordinatore della consulta nazionale dei Caf, che ha appena sottoscritto e approvato la nuova convenzione con i direttori centrali dell’Inps per la gestione delle domande del reddito. Sul tavolo il governo ha messo 35 milioni in tutto: 20 per la compilazione dei moduli dell’Isee; 15 per le richieste del reddito di cittadinanza, che saranno inseriti nel budget del decretone. Una cifra che impegna i Caf a prendersi carico di un tetto massimo di 1 milione e 300mila domande. Superata questa soglia, l’Inps dovrà trovare altre risorse nel proprio bilancio o si interromperà il canale di trasmissione dei Caf, che quindi non invieranno più all’istituto le domande sul reddito di cittadinanza.
La timeline intanto è stata stabilita. Le domande per la prima erogazione del reddito potranno essere presentate dal 6 marzo al 31 marzo. «Non venite tutti il 6 marzo. C’è tutto il mese per farlo», dice Soldini. «Alla base c’è l’autocertificazione», spiega, «il che vuol dire che i Caf avranno poca responsabilità sui dati che invieranno e molta invece su quanto diranno ai cittadini affinché siano limpidi nelle dichiarazioni».
L’Inps avrà dieci giorni per fare gli accertamenti sulle dichiarazioni: l’ipotesi è che l’Inps faccia per lo più verifiche a campione. Tanto più che l’istituto ha accesso solo a un numero limitato di banche dati. Si finirà per fare molti controlli solo dopo l’erogazione del reddito e non prima.
I cittadini dovranno presentarsi con una Dichiarazione sostitutiva unica (Dsu), che attesti l’Isee adeguato, o potranno richiedere ai Caf il calcolo dell’Isee. I Caf, comunque, accoglieranno solo le richieste con Isee non superiore a 9.360 euro, secondo i requisiti previsti, e le trasmetteranno all’Inps tramite un canale dedicato, dal 25 marzo al 15 aprile. A questo punto l’Inps avrà tempo fino al 25 aprile per fare le verifiche e gli accertamenti reddituali sulle dichiarazioni presentate. I tempi sono strettissimi. E dieci giorni non sono tanti: l’ipotesi è che l’Inps faccia per lo più verifiche a campione. Tanto più che l’istituto, ancora senza un commissario, visto lo stop alla nomina di Pasquale Tridico, ha accesso solo a un numero limitato di banche dati. Si finirà per fare molti controlli solo dopo l’erogazione del reddito e non prima.
Dal 26 al 30 aprile, dall’Inps partiranno poi gli sms e le email per comunicare se la domanda è stata respinta o accettata. Nel secondo caso, arriverà anche la convocazione per presentarsi alle poste e ritirare la Postepay carica della somma del reddito di cittadinanza. La prima tranche di erogazione partirà quindi a maggio. Ma nel caso di rigetto, «non è ancora chiaro come il cittadino possa eventualmente contestare la decisione, se è previsto un ricorso o se dovrà rifare la domanda», spiega Soldini.
E considerando che il decreto è in fase di conversione in legge, i disguidi e i ricorsi non mancheranno. «Finché non ci sarà la conversione, noi applicheremo e ci atterremo solo al decreto 4, che è la legge in vigore attualmente», ha precisato Felice Ferrara, coordinatore del gruppo tecnico della Consulta nazionale dei Caf. Ma già al Senato, dove il testo è passato in prima lettura, sono state apportate modifiche che andranno a stravolgere la modalità di presentazione della domanda. Almeno per gli immigrati ad esempio, visto che oltre ai requisiti dei dieci anni di residenza sono stati inseriti al Senato ulteriori paletti con la richiesta di documentazione aggiuntiva sul patrimonio dai Paesi di provenienza. Entro tre mesi dalla conversione in legge, il ministero del Lavoro dovrà emenare una circolare per indicare i Paesi esclusi dalla richiesta di certificazione.
Ma «al momento ci atterremo al decreto, che prevede solo la richiesta di autocertificazione senza ulteriore documentazione. Speriamo che dopo la conversione in legge non sia necessaria eccessiva ulteriore lavorazione», dicono dai Caf. Tutto è rimandato quindi. Compreso il lavoro dei navigator che dovrebbero farsi carico dei beneficiari del reddito per avviarli alla ricerca di un lavoro. Ma la partita più difficile, quella della riforma dei centri per l’impiego e delle politiche attive è ancora in un pantano. E i navigator, di fatto, ancora non esistono. Intanto però, le prime Postepay saranno caricate.