La scuola italiana non ci sta. Di fronte all’attacco frontale contro l’autodeterminazione delle donne, contro le persone Lgbt e contro i diritti civili faticosamente raggiunti in questi anni nel nostro Paese, un gruppo molto determinato di insegnanti «di ogni ordine e grado, della scuola pubblica e privata» – come si legge nel documento – ha deciso di dire la sua sul Congresso delle famiglie di Verona.
Il gruppo si è dato il nome di “Futuro, semplice!” e ha redatto il Manifesto per una scuola inclusiva. Sono partiti in poco più di cento, sono diventati migliaia in pochi giorni. Il loro documento è diventato una petizione su Change.org che chiede al presidente Mattarella di vegliare sul carattere laico della scuola, come luogo di incontro tra tutte le diversità.
L’idea è partita da un gruppo di docenti coordinati da Beatrice da Vela e Dario Accolla, già da tempo nel mondo dell’attivismo per i diritti civili, e in pochi giorni ha raccolto moltissime adesioni. Dal mondo politico-istituzionale, con le firme di Monica Cirinnà, Laura Boldrini e la candidata sindaca di Firenze Antonella Bundu, al mondo dello spettacolo e della cultura, con le adesioni di Carlo Gabardini e Vladimir Luxuria e degli scrittori Franco Buffoni e Lorenza Ghinelli. E l’elenco non si esaurisce.
«L’intenzione del nostro Manifesto è quella di ribadire il ruolo della scuola come istituzione che mira a formare studentesse e studenti secondo i valori democratici espressi dalla nostra Costituzione» dichiara Beatrice da Vela, tra le prime firmatarie del Manifesto. «Alcuni di questi stessi valori sono messi in discussione dal Congresso delle famiglie».
Valori messi in discussione proprio dalla presenza di esponenti politici il cui ruolo è strategico: «Perché alcune cariche dello Stato, fra le quali il ministro dell’istruzione» si chiede ancora da Vela «partecipano in veste ufficiale a tale iniziativa?». E continua: «Non si tratta di persone che agiscono a titolo personale, ma di rappresentanti di tutti gli italiani: proprio in questa differenza, sta la ragione del nostra sdegno e della nostra protesta».
Protesta che non riguarda solo chi è già nell’attivismo politico. «Ritengo doveroso che la scuola, in questo clima di preoccupante oscurantismo e di ritorno a una visione limitata e limitante dei diritti, ribadisca la propria vocazione inclusiva, aperta, di spazio di mediazione tra presente e futuro» dichiara Anna Carta, siciliana trapiantata a Vicenza, dove insegna lettere in una scuola superiore. Scuola, ricorda, che è lo spazio «di costruzione ed espressione di soggettività libere da stereotipi e da una visione retrograda che ritiene che la visione del mondo di alcuni possa conculcare quella di molti».
«Ritengo doveroso che la scuola, in questo clima di preoccupante oscurantismo e di ritorno a una visione limitata e limitante dei diritti, ribadisca la propria vocazione inclusiva, aperta, di spazio di mediazione tra presente e futuro»
«Perché ho firmato il Manifesto? Credo che un insegnante abbia innanzi tutto il dovere professionale di aderire» ci rivela Stefania Montacutelli, maestra della scuola primaria «dal momento che l’ambito in cui è chiamato ad operare è il principale laboratorio di formazione della futura società civile. In questo bellissimo laboratorio noi insegnanti abbiamo il compito di agire in base ai principi della Costituzione, comunicandoli ma soprattutto trasmettendoli».
Stefania aderisce come insegnante perché crede «in una scuola ed in una società inclusiva laica e pluralista» e perché «vorrei che ciascuno dei miei studenti imparasse a guardare con gioia, curiosità meraviglia il mondo ed il futuro in ogni sua piega e differenza, valendosi con coraggio del proprio intelletto». Ma non solo: «Aderisco a questo manifesto anche come insegnante donna, perché vorrei che le mie studentesse acquisissero fin dai banchi di scuola piena consapevolezza del Valore che l’Esser Donna racchiude». Un principio non di poco conto, nell’Italia di oggi. Ma Stefania ci crede davvero: « È necessario comunicare loro che questo Valore risiede in primo luogo nella autodeterminazione di sé e del proprio corpo».
Il mondo della scuola, insomma, manda un messaggio molto chiaro a chi si è riunito in questi giorni a Verona. E che è il messaggio di fondo del Manifesto, laddove dice: «Non facciamo miracoli, produciamo realtà. Lo facciamo sulla base di quei principi, improntati al rispetto e al riconoscimento di ogni “diversità”, senza distinzione di “sesso, razza, religione” come previsto dall’articolo 3 della nostra Carta fondamentale». Il resto non può davvero avere cittadinanza né legittimità, nel nostro Paese.