Non possiamo fare a meno della plastica. La usiamo per contenere l’acqua che beviamo, il cibo che mangiamo, e i rifiuti che buttiamo. Ma quasi sempre queste posate e questi bicchieri li usiamo solo una volta, il tempo di un pranzo. Oppure per 12 minuti, il tempo medio di utilizzo di una borsa di plastica, più o meno il tragitto casa supermercato. Poi li buttiamo e non ci pensiamo più. Ma non spariscono, anzi. Oltre dodici milioni di tonnellate di plastica invadono ogni anno l’oceano, uccidendo oltre un milione di uccelli e centomila mammiferi marini. Gli animali fortunati che sopravvivono se la mangiano e così finisce di nuovo nei nostri piatti, sotto forma di microplastica. Entro il 2050, nel mare ci sarà più plastica che pesce. E se vi dicessero che si può veramente farne a meno? L’inglese William McCallum, responsabile di Oceans Greenpeace nel Regno Unito ha appena scritto un libro “Vivere senza plastica” (HarperCollins), pubblicato il 23 maggio. Non è solo una guida per ridurre al minimo il nostro consumo di plastica quotidiano: dal bagno alla cucina, passando per l’ufficio. Ma un appello per far sì che ogni individuo sia il responsabile del cambiamento. «Se ci pensate le bottiglie di plastica sono così stupide che non dovremmo averle nella nostra società. Solo nel Regno Unito usiamo 35 milioni di bottiglie di plastica ogni giorno. Perché continuiamo a comprarle? ».
Ecco McCallum, come si fa a vivere senza plastica?
Purtroppo al momento è troppo difficile vivere senza plastica. E non possiamo farne a meno perché a noi consumatori non viene concessa questa scelta per colpa delle aziende e dei politici che permettono ancora di produrne così tanta. La cosa migliore che possiamo fare è far capire alle multinazionali che questi livelli di produzione sono insostenibili per il nostro pianeta e dobbiamo invitarli a ridurli, e di molto.
C’è qualcosa che possiamo fare nel nostro piccolo?
Tutto. Prima bisogna rinunciare a quelli che io chiamo i “Big Four”: bottiglie, bicchieri, sacchetti e cannucce di plastica. Per ognuna di queste esiste un’alternativa riutilizzabile. Basta questo per avere un enorme impatto sul vostro inquinamento plastico quotidiano. Ma la rivoluzione può essere fatta guardando alla plastica che abbiamo nelle stanze delle nostre case.
Bene, parliamo di cucina e bagno.
Per esempio potete lavare i vestiti all’interno di una sacca per raccogliere le microparticelle di plastica che sono dannose e causano il 30% dell’inquinamento negli oceani. Oppure sostituire il normale shampoo con uno solido. Anche in cucina si può fare molto. Siamo così abituati a comprare imballaggi in plastica per avvolgere il nostro cibo che neanche ce ne accorgiamo.
Ma dovremo pur mangiare.
Certo, ma perché non farlo in un modo più organizzato? Ad esempio comprando all’ingrosso o assicurandoci che gli imballaggi che stiamo comprando siano riutilizzabili nel lungo periodo. Andate nei luoghi in cui vendono alimenti che si possono portare via e usate sacchetti di carta se andate nel vostro mercato rionale. Per esempio io mi faccio sempre il pranzo a casa per evitare di acquistarlo fuori. Nel Regno Unito undici miliardi di oggetti in plastica sono prodotti solo per il pranzo da portare via.
Greta? È straordinaria, riesce a trasmettere un messaggio vero, diretto e intransigente
Però bisogna dire che l’Unione europea ha abolito la plastica monouso entro il 2021.
Anche per questo temo che la Brexit sia un enorme rischio per i problemi ambientali, non solo quelli legati alla plastica: dal clima all’inquinamento fino alla protezione delle specie a rischio. L’ottanta per cento della nostra legislazione ambientale è decisa dall’Unione europea.Eppure il governo May ha dichiarato l’emergenza climatica nel Regno Unito
Sì, il nostro governo ci ha promesso una Brexit verde, ma non abbiamo idea se verrà realizzata effettivamente o meno. Qui nel Regno Unito in questi mesi stiamo facendo una campagna per costringere il governo a implementare tutta la straordinaria legislazione ambientale dell’UE, e perché no anche una legislazione ancora più progressista e coraggiosa.Cosa ne pensa del fenomeno Greta Thunberg?
L’ho vista parlare qualche settimana fa, quando è arrivata a Londra. È straordinaria, riesce a trasmettere un messaggio vero, diretto e intransigente. Lo dico da un adulto che ha fatto campagne su questioni ambientali per più di 10 anni e anche per me è difficile essere così diretti e intransigenti. E sta avendo effetti positivi. In Belgio il ministro dell’Ambiente si è dimesso dopo gli scioperi scolastici del venerd’, in Finlandia, quando agli elettori hanno chiesto quale fosse il primo problema da risolvere hanno indicato l’emergenza climatica.Ogni volta che rinunciamo alla plastica a casa è importante parlarne ai nostri amici, alla nostra famiglia ai colleghi
Che differenza può fare il comportamento di un singolo individuo?
Questo è il vero messaggio del mio libro: è troppo difficile risolvere questo problema da soli, a meno che tutti insieme non alziamo la voce e usiamo l’arma più potente che abbiamo come consumatori: decidere cosa acquistare. Ogni volta che rinunciamo alla plastica a casa è importante parlarne ai nostri amici, alla nostra famiglia ai colleghi. Oppure quando vediamo della plastica nei fiumi, mari, per strada dovremmo fare una foto e taggare nei social le aziende. Dobbiamo mettterli di fronte alle loro responsabilità.Ma la plastica ci serve per alcuni prodotti. Soprattutto nel settore farmaceutico è indispensabile.
Certo, la plastica è economica, igienica, resistente. Anzi, fin troppo resistente, è questo il problema. C’è una ragione per cui è diventata così diffusa in tutto il mondo. Ma che senso ha produrre un prodotto che possiamo usare solo una volta per qualche minuto e poi dobbiamo buttarlo via mente rimarrà per secoli nell’ambiente? Datemi una buona ragione. Poi nei settori strategici la plastica può rimanere ma almeno evitiamo quella monouso.Quanto ci vorrà secondo lei per cambiare la nostra mentalità?
Il cambiamento è già iniziato. Ciò che sorprende della plastica è che sembra toccare molte generazioni diverse. I miei genitori, i miei nonni, si ricordano di essere cresciuti senza plastica. Quando tornano a casa dal supermercato si arrabbiano quando capiscono l’ingente quantità di plastica che stanno buttando via. E poi hai le giovani generazioni che sono preoccupate per l’ambiente e la preoccupazione per il loro futuro. Ho trovato, almeno nel Regno Unito ma anche altrove, dove è uscito il libro e ho visitato la Polonia, in Olanda, in Spagna. È un problema che sembra toccare molte generazioni divers