La parola magicamente esatta per definire la solerzia dei subalterni pronti a convocare i pompieri affinché rimuovano uno striscione polemico verso – metti – un ministro degli Interni, piazzato a Brembate (provincia di Bergamo) tra finestra e balcone di un privato cittadino dissidente, se non refrattario alla protervia arbitraria dell’autorità costituita, c’è, e risponde plasticamente alla “cupiditas serviendi”, puro desiderio di servire, per estensione, d’esser servi.
Solerzia, appunto, ma anche qualcosa di molto più corposo, convincente, “massiccio”, giusto per usare un lessico da camerata o fureria di caserma, quasi a voler dire al “principale” che si è scelto di blandire: “… Guardami, sono il tuo buttafuori perfetto, all’occorrenza, volendo, a un tuo cenno, perfino pronto a farmi mazziere, manganellatore, “muso nero”, “tonton macoute”, scegli tu…”.
In questo genere di edificanti circostanze, importa poco che il diretto interessato, il Capitano destinatario della presunta offesa, muova un dito, indichi l’oggetto della stessa, affinché si levi alto il nitrito dei subalterni, dei serventi al pezzo, in questi casi, sempre da parte del corpo di guardia, è sufficiente la sensazione che la democrazia, il diritto al dissenso, a manifestare opinioni contrarie al più ottuso senso comune dell’autorità costituita siano un semplice abuso, condotte inaccettabili da censurare.
Non è un caso d’altronde che la macchina propagandistica messa a punto dai giovani moschettieri di Salvini Matteo, lì al lavoro a maggior gloria del principale, per stessa ammissione del moschettiere capo addetto agli stantuffi telematici, tal Morisi Luca, si chiami “La Bestia”.
La parola esatta per definire la solerzia dei subalterni pronti a convocare i pompieri affinché rimuovano uno striscione polemico verso il ministro degli Interni c’è ed è “cupiditas serviendi”, il puro desiderio di servire
E c’è, appunto, perfino qualcosa di eroticamente bestiale, proprio di chi porti un basto con simile solerzia, compreso il riflesso mentale condizionato che all’occorrenza, al momento del bottino di consensi e like, si possa procedere come nello Stato Libero di Bananas, provando, in prospettiva, celeste, meglio, grigia nostalgia per le modalità spicce utilizzate durante il G8 genovese tra Scuole “Diaz” e caserma di Bolzaneto.
D’altronde, è a tutti nota l’esistenza di una legge, propria dei più piccini comportamenti, che vede negli ufficiali intermedi le migliori provette risorse della macchina di repressione preventiva, pronta ad accompagnarsi, giusto per citare la commedia dell’arte dell’autoritarismo nazionale, ai proverbiali “Lei non sa chi sono io!” o ancora, passando in rivista il razzismo rionale, “Si ricordi che lei qui è un ospite!” (Copyright Totò).
Non sarà un caso che molti nostri recenti antenati si siano fregiati dei galloni, dei “baffi” di capomanipolo, centurione, moschettiere del duce, dopo avere cominciato come balilla e avanguardisti. Al contrario, almeno ufficialmente, sotto gli occhi del pubblico, non si è mai visto, magari per un fatto di pennacchio in cima all’elmetto, un collare dell’Annunziata, un maresciallo d’Italia, dall’alto del suo cavallo puntare il dito contro i reprobi con un “Identificateli!”.
I pompieri, come fossimo in presenza di un gatto in cima all’albero, mal volentieri sono costretti a presentarsi con corde e scale per rimuovere lo striscione recante l’augurio “Non sei il benvenuto”
Sia detto con cognizione di causa, la “cupiditas serviendi” è anche segnale palese dell’insufficienza bellica della “Bestia” nella sua funzione di plauso, pompaggio e sostegno al nuovo Matteo Nazionale. Non bastano i meme, non bastano le fake news a stabilizzare il consenso, a tenere in alto sugli scudi, perfino su quelli in uso presso la polizia di Stato. Il “Capitano”, i moschettieri di Salvini talvolta peccano di eccessiva fiducia in se stessi, le mitragliette innalzate in effigie da un Morisi possono anche incepparsi. A quel punto però, quando la guardia personale si accorge della propria inadeguatezza, ecco che altri si premurano di convocare il corpo militare più musicalmente antologizzato dello Stivale, i pompieri, e questi, come fossimo in presenza di un gatto in cima all’albero, mal volentieri sono costretti a presentarsi con corde e scale, e intanto che rimuovono lo striscione recante l’augurio “Non sei il benvenuto”, i Vigili del Fuoco, per bocca proprio di un sindacalista di categoria, si interrogano su come si sia mossa la catena di comando per rassicurare il vicepremier leghista: «Ho parlato con i miei colleghi del comparto di Bergamo, e mi hanno confermato che l’ordine è arrivato ‘da molto in alto’. Tutto questo non è normale e non è opportuno. Se lo striscione generava un problema politico, perché non è intervenuta la Digos? Invece di preoccuparsi del dissenso, il ministro Salvini si occupi del contratto nazionale dei pompieri, che ancora manca della tutela dell’Inail». Negli scatti fotografici dell’impresa, c’è il “corpo del reato” ammainato e infine portato giù.
Quanto alla risposta al tweet di Roberto Saviano – “Parole ambigue dal MinistroDellaMalaVita su CasalBruciato per non indispettire i cani feroci di #CasaPound che minacciano donne e bambini. E la @poliziadistato, che sequestra striscioni e telefonini, ridotta a servizio d’ordine per la campagna elettorale di un partito. Che pena”, quest’ultima suona altrettanto irrituale. “La polizia di Stato serve il Paese e non è piegata ad alcun interesse di parte. Chi sbaglia paga nelle forme prescritte dalla legge. Che pena leggere commenti affrettati e ingenerosi per dispute politiche o per regolare conti personali”.
Democrazia e stato di diritto pretendono infatti che tra le benemerenze di chi ha un incarico pubblico ci siano anche i momenti in cui si è contestati, così come la pioggia prevede, non meno per definizione, che il governo sia sempre “ladro”. “La Bestia” non può ritenere d’essere insindacabile. Alla fine, questa intera storia rimanda, perdonerete la retorica, a una delle più brutte poesie di Bertolt Brecht, “La scritta invincibile”, dove si racconta di un “Viva Lenin” segnato a lapis sulla parete di un carcere italiano, scritta che sempre fa ritorno alla vista sotto le ripetute mani di biacca, al punto che il secondino capo, in definitiva non potrà fare altro che richiedere ai suoi sottoposti di levare il muro. Un ordine nel quale brilla per intero l’attitudine dei servi. La solerzia dei Caporali verso i Capitani è, forse, il selfie prolungato della subcultura di uno strapaese che ancora prova tepore per il fascismo?