Leggo, sonorizzando la risata, la Cinquina benedetta al prossimo Premio Strega. Eccola, in ordine di preferenze:
*Antonio Scurati
*Benedetta Cibrario
*Marco Missiroli
*Claudia Durastanti
*Nadia Terranova
Ho citato, non a caso, i nomi degli autori e non le opere. Virtù vorrebbe che l’autore scomparisse all’ombra della propria opera, ma qui, cagnesco egocentrismo, l’opera non c’è, resta, dopo la buriana, l’autore, modesto uno come l’altra.
Mi rileggo. Articolo del 16 marzo 2019, tre mesi esatti fa, pubblicato da Linkiesta. Titolo. “Il premio Strega? Un inchino al consueto. Ecco chi dovrebbe vincerlo davvero”. Ecco il paragrafo che mi elegge Isaia sul culto della notte trionfante.
“La cinquina dello Strega è come l’Oscar a Hollywood, il dicastero del politicamente corretto. Insieme agli scrittori paludati, plauditi e fotogenici – ma vincerà Missiroli, perché premiare Scurati significherebbe, implicitamente, omaggiare Mussolini – saranno ammessi in finalissima Laura Pariani (una donna ci vuole, la stampa Madama Sgarbi, ci vuole anche lei), Claudia Durastanti (una giovane donna ci vuole, stampa sempre Madama Sgarbi, propone quel volpone di Furio Colombo) e magari Nadia Terranova (propone ‘Pigi’ Battista, che non è proprio Contini ma neanche Proust, stampa Einaudi; una cinquina ‘al femminile’, si sa, favorisce i titoloni sui giornali)”.
Tolta la Pariani – sostituita dalla Cibrario – li ho azzeccati tutti. 4 su 5. E non sono Nostradamus e di letteratura, notoriamente – chiedere ai pavidi detrattori – ci capisco come un cammello a fare il tango su un iceberg.