Papa Francesco lascia fuori dall’Esortazione post-sinodale Querida Amazonía la possibilità di ordinare preti sposati, nonostante l’esplicita richiesta dei vescovi formulata durante l’incontro tenutosi in Vaticano ad ottobre. «L’amata Amazzonia si mostra di fronte al mondo con tutto il suo splendore, il suo dramma, il suo mistero». Si apre così l’Esortazione di Papa Francesco che, redatta in spagnolo quale lingua originale, è stata pubblicata oggi a mezzogiorno.
Suddiviso in una parte introduttiva, quattro capitoli e una conclusione dedicata a Maria, Madre dell’Amazzonia, per un totale di 111 numeri, il documento è un «quadro di riflessione» condotta sulla base delle diverse istanze emerse dal Sinodo tenutosi a Roma dal 6 al 27 ottobre. Istanze sintetizzate e confluite nel testo finale dei Padri sinodali Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale, che Francesco – l’ha scritto a chiare lettere – non intende né sostituire né ripetere. Eppure, nonostante la presentazione ufficiale, si ha come l’impressione che quel documento resti in realtà sullo sfondo, soprattutto quando Bergoglio afferma: «Ho preferito non citare tale Documento in questa Esortazione, perché invito a leggerlo integralmente». (nr. 3)
Già, perché al di là degli elogi profusi dal Papa, il testo in questione è uno di quello che ha diviso gli animi nei mesi scorsi, suscitando polemiche da un capo all’altro del mondo e nuovamente alimentando, soprattutto Oltreoceano, le stantie accuse di un Papa eretico e progressista. E che è stato anche all’origine della querelle del libro inizialmente a doppia firma Benedetto XVI-Robert Sarah sul celibato ecclesiastico, qualora si consideri che dal Sinodo è venuta la richiesta di una revisione della normativa per motivi pastorali e della conseguente possibilità localistica di ordinare uomini sposati. Non è un caso che lo specifico paragrafo del documento sia stato di quelli che ha incassato il numero maggiore di voti negativi: 128 placet di contro a 41 non placet.
Contrariamente a chi immaginava una svolta epocale al riguardo da parte di Francesco è oggi rimasto deluso. Ma i prodromi erano già chiari da due giorni. Prima le parole inequivocabili rivolte dal Papa stesso, il 10 febbraio, ai vescovi statunitensi del New Mexico, Arizona, Colorado, Utah, Wyoming. Poi le sue dichiarazioni nel libro-intervista San Giovanni Paolo Magno, uscito ieri, in cui afferma: «Sono convinto che il celibato sia un dono, una grazia e, camminando nel solco di Paolo VI e poi di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, io sento con forza il dovere di pensare al celibato come a una grazia decisiva che caratterizza la Chiesa Cattolica latina. Lo ripeto: è una grazia, non un limite».
Ma non solo. Di fronte alle esigenze spirituali delle comunità amazzoniche il Papa tiene a ribadire, in linea coi suoi predecessori, l’indispensabilità del ministero presbiterale. «È importante determinare – dice al numero 87 – ciò che è più specifico del sacerdote, ciò che non può essere delegato. La risposta consiste nel sacramento dell’Ordine sacro, che lo configura a Cristo sacerdote. E la prima conclusione è che tale carattere esclusivo ricevuto nell’Ordine abilita lui solo a presiedere l’Eucaristia. Questa è la sua funzione specifica, principale e non delegabile».
Ma se Eucaristia, Penitenza e Unzione degli infermi (come specificato al nr. 89 e alla nota 129) competono esclusivamente ai presbiteri, sì da invocarne una presenza maggiore in Amazzonia, è parimenti necessaria per il Papa la promozione dei «vari servizi laicali, che presuppongono un processo di maturazione – biblica, dottrinale, spirituale e pratica – e vari percorsi di formazione permanente. Una Chiesa con volti amazzonici richiede la presenza stabile di responsabili laici maturi e dotati di autorità, che conoscano le lingue, le culture, l’esperienza spirituale e il modo di vivere in comunità dei diversi luoghi» (nrr. 93-94).
In quest’ottica un’attenzione particolare è riservata alle donne, che in Amazzonia «hanno trasmesso la fede per lungo tempo senza che alcun sacerdote passasse da quelle parti, anche per decenni […]: donne che hanno battezzato, catechizzato, insegnato a pregare, sono state missionarie» (nr. 99).
Un riconoscimento che, in ogni caso, non va assolutamente nel senso di una possibilità di accesso né al diaconato né al sacerdozio. Il no al riguardo è categorico anche perché, secondo il Papa, l’ordinazione delle donne porterebbe alla loro «clericalizzazione» e a «ridurre la Chiesa a strutture funzionali». La specificità del ruolo delle donne nella Chiesa in generale e in quella delle comunità amazzoniche nello specifico resta quello anticipato e incarnato da Maria, di cui esse prolungano la forza e la tenerezza (cfr nrr. 100-101). Concetti anche questi, che già lumeggiati nell’enciclica Redemptoris Mater e nella Lettera apostolica Mulieris dignitatem di Giovanni Paolo II, sono stati anticipati nell’ultimo libro-intervista di Beroglio.
Affrontati nel quarto capitolo dal titolo Un sogno ecclesiale, i temi della ministerialità, del laicato e della donna nella Chiesa, su cui si focalizzerà principalmente l’attenzione, non possono però oscurare i veri aspetti prioritari dell’Esortazione. Perché, oltre e prima ancora di quello ecclesiale, Francesco sente di formulare verso l’”amata Amazzonia” altri tre sogni. Quello sociale, che porti a lottare «per i diritti dei più poveri, dei popoli originari, degli ultimi, dove la loro voce sia ascoltata e la loro dignità sia promossa». Quello culturale, che porti a difendere «la ricchezza culturale che la distingue, dove risplende in forme tanto varie la bellezza umana». Quello ecologico, che porti a custodire «gelosamente l’irresistibile bellezza naturale che l’adorna, la vita traboccante che riempie i suoi fiumi e le sue foreste».
Questi tre sogni, ripartiti nei primi tre capitoli (nnr. 80-60) cui danno i rispettivi titoli, sono di quelli che agiteranno il sonno di tanti apparendo loro come un incubo. Perché il Papa, senza girarci intorno, usa termini forti e chiari in certe questioni, come quando, ad esempio, al nr. 16 parla della devastazione ambientale dell’Amazzonia: «Alle operazioni economiche, nazionali e internazionali, che danneggiano l’Amazzonia e non rispettano il diritto dei popoli originari al territorio e alla sua demarcazione, all’autodeterminazione e al previo consenso occorre dare il nome che a loro spetta: ingiustizia e crimine. Quando alcune aziende assetate di facili guadagni si appropriano dei terreni e arrivano a privatizzare perfino l’acqua potabile, o quando le autorità danno il via libera alle industrie del legname, a progetti minerari o petroliferi e ad altre attività che devastano le foreste e inquinano l’ambiente, si trasformano indebitamente i rapporti economici e diventano uno strumento che uccide. È abituale ricorrere a mezzi estranei ad ogni etica, come sanzionare le proteste e addirittura togliere la vita agli indigeni che si oppongono ai progetti, provocare intenzionalmente incendi nelle foreste, o corrompere politici e gli stessi indigeni. Ciò è accompagnato da gravi violazioni dei diritti umani e da nuove schiavitù che colpiscono specialmente le donne, dalla peste del narcotraffico che cerca di sottomettere gli indigeni, o dalla tratta di persone che approfitta di coloro che sono stati scacciati dal loro contesto culturale. Non possiamo permettere che la globalizzazione diventi un nuovo tipo di colonialismo».