Quarto appuntamento con 10 canzoni italiane che spaccano, per queste giornate diverse da tutte quelle abbiamo vissuto prima. C’è abbastanza poesia, intelligenza e humour da farci sentire un po’ sollevati.
La playlist la potete ascoltare cliccando qui
“Ma lo vuoi capire?”, di Tommaso Paradiso
Ecco IL più amato-odiato dell’attuale canzone italiana, promosso (dai detrattori) a emblema del disimpegno distratto e di una superficialità piaciona. A noi Tommaso sembra un buon cristo, prodotto di una cultura romana “appoggiata” e complicata da descrivere, ammesso interessi qualcuno. Le sue canzoni d’amore hanno la prerogativa di restare, durare e perfino emozionare un pubblico portato alla commozione e al rispecchiarsi nei suoi quadri di regolare turbamento sentimentale.
“Lazy Summer Day”, di Chef Ragoo
Rispettatissimo esponente della vecchia scuola romana, Chef Ragoo da sempre espone il suo dualismo musicale, diviso tra l’hardcore punk e il rap, declinato in una chiave introspettiva, romantica e letteraria, del resto proprio come il suo personaggio. “Lazy Summer Day” è una happy song ideale per vagheggiare un’estate che chissà se ci sarà, inserita nell’antologia collettiva “Rewind”. Alle viste per l’estate c’è un album d’inediti, certamente da ascoltare.
“Sei bella come Roma”, di Dandy Turner
Ancora nella Capitale per introdurre Dandy Turner, il ventenne Nicholas Lucarini, emo-trapper, consistente nella coniugazione dell’auto-tune con le atmosfere di romanticismo depresso tipicamente emo. Per lui un successone in area social, in particolare su TikTok, dove le reinterpretazioni di questo brano regnano sovrane. Il fatto è che il pezzo c’è, kitsch quanto volete, ma già un inno per chi – fino a ieri – andava a scuola sbadigliando sul tram delle sette e mezzo.
“Ragazzo Triste Dimezzato”, di Sumeri
Sotto la sigla Sumeri si nasconde un bizzarro personaggio bresciano che di recente si faceva chiamare Auroro Borealo, si dilettava di punk demenziale e che all’anagrafe figura come il 36enne Francesco Roggero. Qua, in coppia con un socio misterioso, imbrocca un delizioso pezzo di perfetto beat anni Sessanta, che pare preso dal repertorio dei Quelli, con versetti degni di nota tipo “Un panino una birra e poi / non ti presto più il Gameboy”.
“Buio di giorno” di Frah Quintale
Ancora da Brescia, città-simbolo della Lombardia malata e micrometropoli non nuova alle inquietudini musicali, torna Frah Quintale, rapper tra i più sofisticati e originali della nostra scena. Che qui, nel solco evolutivo di tanti colleghi, ora si mette a cantare, con un falsetto che ricorda parecchie recenti cose americane, ma che lui modula in modo piacevolissimo, tra effettini “disco” e, come da sempre ci ha abituato, delle liriche per niente banali.
“Porsi”, di Marco Castello
“Mi hai disegnato un cazzo sul diario / con le orecchie di coniglio e gli occhi grandi”: comincia così “Porsi” e la tentazione sarebbe di: lascia perdere. Ma invece il singolo d’esordio del siracusano Marco Castello, pubblicato dalla stimabile 42 Records (I Cani) e accompagnato da un buffo video in stile Wes Anderson, è un buon pezzo che risuona di cose di ieri, dalle parti di Fabio Concato e Sergio Caputo, raccontando vicissitudini liceali (il suo, appunto, era l’istituto comprensivo P.Orsi).
“Milano”, di Davidof
E dedichiamogliela una ballata d’amore alla città più malconcia del momento, schiaffeggiata, massacrata eppure ancora circondata da un fascino che non smette di scintillare, nelle promesse di una rinascita. Davidof ha debuttato solo a fine 2019, ma adesso intonando “Milano è come un giorno di pioggia” potrebbe avere tra le mani la colonna sonora dell’annunciata ripartenza, che sfuma con quel lungo ritornello “Ti amo Milano, Ti amo Milano…”
“Ventitre” M.E.R.L.O.T.
Il cantautore che porta il nome del glorioso vitigno è l’incarnazione dello spirito e dello stile indie che dilaga al momento nei gusti dei ragazzi italiani. Il pezzo, per solo piano e voce sofferente, è notevole e segue il filo dell’invettiva contro una “stronza” che l’ha fatto soffrire ma che non smette di “cercare dentro ’sto Long Island”. A seguire tutti gli ingredienti del “non ha più senso vivere” e un liquido spleen al quale però è difficile resistere.
“Ora che ti guardo bene”, di Gazzelle
Ecco il prodigioso re della normalità romana che ha trasformato in oro il suo piattismo quotidiano, una gradevole sincerità che ha fatto di lui una stella fissa nel desiderio di rappresentarsi dei ventenni d’oggi. Il pezzo è sugli apprezzabili standard di Gazzelle, mescola ironia e autocommiserazione, continua a interessarsi solo d’amore e dei micro-spostamenti del proprio umore. Un antidoto tranquillo a questo nostro tempo degli incubi.
“Pincio”, di Margherita Vicario
È un po’ che si parla questa ragazza romana figlia di una famiglia dello spettacolo (Marco Vicario e Rossana Podestà), attrice al cinema e in tv (“I CesaronI”), che da un pezzo cova ambizioni cantautorali. Per coltivare le quali si sono mossi produttori come DADE e Dardust, realizzando un album che esce nel momento sbagliato ma da cui brillano le virtù vocali e di scrittura di Margherita. Come in questa ballata electro, dedicata a una cugina ostetrica, che lei considera la sua fonte d’ispirazione.