Dal 14 aprile, su disposizione del governo, le librerie hanno riaperto. Non in tutto il Paese, però. Alcune Regioni, come Lombardia, Piemonte, Provincia di Trento e Campania, hanno preferito, per ragioni di sicurezza, continuare a tenere chiuso. In Emilia Romagna il divieto vale solo per la provincia di Piacenza e quella di Rimini. Nel Lazio si aspetta fino al 20 aprile e in Sardegna il 26. Per il resto del territorio nazionale, la scelta è lasciata – in mezzo alle inevitabili polemiche – ai librai e alle catene. Alcune, anche per ragioni di elasticità, aprono a scaglioni, come Feltrinelli e Mondadori. Altri, come il Libraccio, sono già andati avanti. Come spiega a Linkiesta l’amministratore delegato Edoardo Scioscia, «abbiamo aperto in quattro regioni su sette, cioè 18 negozi sui nostri 49 totali».
Dove?
In Emilia Romagna, in Toscana, in Liguria e nel Veneto. In quest’ultima vige il limite di due giorni a settimana di apertura, che per ora sono il martedì e il giovedì.
Non vi dispiace restare chiusi a Milano, dove il Libraccio è nato?
Certo, dispiace. Ma noi ci teniamo a seguire le indicazioni dell’autorità. Riapriremo quando lo decideranno. Al primo posto va la salvaguardia dei nostri clienti, i lettori, e dei nostri dipendenti.
Ma secondo lei perché è stata decisa questa riapertura delle librerie? È un esperimento?
No, non credo. Noi non ci sentiamo cavie, se è questo il senso della domanda. Penso piuttosto che nel governo ci sia stata una riflessione in merito al libro e alla lettura – dietro, immagino, ci sarà stato il ministro Franceschini – che ha portato a considerare il libro un “bene essenziale”, come noi e tanti altri insieme a noi dicevamo da tempo. Per cui no, non credo che ci sia una sperimentazione.
E come funzioneranno le librerie con l’epidemia? Avete sanificato i locali?
Certo. La nostra linea è quella di adeguarsi all’ordinanza più restrittiva. Al momento è quella della Toscana, e seguiamo quella. Noi abbiamo provveduto alla sanificazione di tutti i nostri punti vendita.
E cambieranno le modalità di fruizione delle librerie?
Purtroppo sì. Diminuirà la densità di persone per metro quadrato. Per noi è opportuno un rapporto di tre persone per 60, o 70 metri quadrati. Non solo. I clienti non potranno girare e intrattenersi tra gli scaffali, come un tempo. Saranno richiamati dopo qualche minuto e dovranno lasciare lo scaffale e andare in cassa. Fuori, come nei supermercati, potrebbe crearsi la coda. Ma non sarà lunga. I clienti, comunque, capiranno: lo hanno fatto venendo incontro ai ritardi del servizio di consegna, oberato dalle richieste, lo faranno anche per i limiti imposti dalla legge per il bene di tutti.
Ma si possono toccare i libri?
Chi entra non dovrà avere la febbre, avrà la mascherina e ci saranno gel igienici. In ogni caso, sono raccomandati i guanti.
Per i libri scolastici come vi regolerete?
È ovvio che la stagione, per noi, sarà ritardata. A giugno ci saranno i libri di lettura delle vacanze da vendere, e a settembre i testi scolastici. Offriremo servizi in più: ad esempio, si potrà ordinare i titoli via mail e prendere appuntamenti per il ritiro o la consegna. In più chiederemo alle amministrazioni comunali anche la possibilità, dove c’è, di utilizzare anche gli spazi esterni. Mentre dentro sarà previsto un numeratore sia per chi vende che per chi compra i libri.
Ma alla fine conviene riaprire?
A fronte di un periodo normale, incassiamo il 50%. Ma siamo fiduciosi. Sentiamo di offrire un servizio, anche sociale. Purtroppo non tutte le librerie sono posizionate allo stesso modo. Quelle più vicine ai centri commerciali e ai supermercat hanno molti più clienti. Noi però il nostro impegno lo mettiamo e pensiamo che riaprire sia stato giusto. Anche per sconfiggere la paura.