Sale l’attesa delle aziende sui 400 miliardi di liquidità garantita dallo Stato promessi dal governo con l’ultimo decreto. Con l’attesa cresce anche la tensione per capire come e quando gli imprenditori potranno accedere ai prestiti, e a quali cifre. Dopo la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale, sono arrivate le critiche. «Siamo profondamente delusi», ha fatto sapere la Confederazione nazionale dell’artigianato (Cna). «Il testo non soddisfa l’urgenza di mettere a disposizione di tutti gli operatori economici la minima liquidità necessaria a far fronte alle spese correnti che devono essere onorate per non far saltare tutta la catena dei pagamenti». Una soluzione, aggiungono, «destinata a seminare sconcerto e rabbia tra chi confidava veramente di poter avere mezzi finanziari sufficienti per non essere costretto a chiudere».
L’automatismo introdotto per la concessione della garanzia, secondo gli artigiani, «non assicura neanche per gli importi inferiori a 25mila euro la concessione di credito bancario. Di fatto lascia in mano alle banche la valutazione del merito di credito, della durata e delle condizioni applicabili». Tanto più che pure quei 25mila euro con garanzia al 100 per cento, non sono per tutti: l’importo del prestito non potrà superare il 25 per cento del fatturato e potranno essere incassati solo da chi ha ricavi da 100mila euro in su. Per chi ha ricavi più bassi, gli importi saranno inferiori.
Anche Conftrasporti ha un parere negativo sul decreto: «Bisogna fornire risorse a fondo perduto per le micro aziende e alzare al 100% le garanzie», dice il presidente Paolo Uggè. «Senza queste misure, l’ammontare di garanzie, seppur adeguate, sarà vanificato da una complessità operativa che potrebbe azzerarne gli effetti costringendo le imprese ad attendere mesi e mesi per ricevere i soldi che aspettano». Con il rischio, dicono, che quando arriveranno i soldi non ci saranno più le imprese.
Poi ci sono i dubbi sulla possibilità di ottenere credito aggiuntivo. «Il decreto prevede che il debitore possa consentire alla banca di non aumentare l’esposizione», dicono da Cna, «ed essendo in posizione di oggettiva debolezza, potrebbe cedere alla richiesta della banca di sostituire posizioni in essere con crediti totalmente garantiti dallo Stato». E a molti non vanno giù neanche le maglie strette per le imprese non “in bonis”: il decreto (escluse le sofferenze) concede la garanzia anche in favore di beneficiari con «inadempienze probabili» o «scadute o sconfinanti deteriorate», ma solo per quelle che sono entrate in questa classificazione dopo il 31 gennaio 2020. Cosa che taglia fuori molte imprese.
Nessuna «potenza di fuoco» da 400 miliardi, commentano in tanti, per usare le parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte al momento della presentazione del provvedimento. «Ci vorrebbe qualcosa in più per farlo diventare un bazooka». Al decreto liquidità, in effetti, manca ancora la liquidità. Il testo è andato in Gazzetta Ufficiale a saldo zero per il bilancio pubblico: gli unici stanziamenti previsti sono il miliardo in dotazione del fondo per la concessione di garanzie Sace-Cdp, e i 229 milioni in più, rispetto a 1,5 miliardi già stanziati con il decreto Cura Italia, per il Fondo centrale di garanzia delle piccole e medie imprese. Lo stanziamento «potrà assicurare al massimo 20 miliardi di nuovi crediti pari all’1 per cento del fatturato di tutte le imprese che possono essere garantite dal Fondo», fanno notare dalla Cna.
I 30 miliardi per Sace e i 4 miliardi aggiuntivi al Fondo pmi arriveranno solo con il decreto aprile. Senza dimenticare che bisognerà attendere l’autorizzazione da parte della Commissione europea per permettere a Sace e al Fondo pmi di garantire i 400 miliardi di prestiti. Dai ministeri assicurano che la risposta da Bruxelles sarà veloce. Ma fino ad allora, varranno le percentuali dell’80 e del 90 per cento già approvate con il decreto Cura Italia.
A un mese dal fermo deciso dal governo, però, tra le imprese c’è fretta di pagare i fornitori, evadere gli ordini e le scadenze. I tempi non sono secondari per non rischiare di perdere clienti. Alle Camere di Commercio piovono le richieste per il rilascio dei certificati di forza maggiore per le mancate consegne. E in tanti hanno subito contattato le banche. Ma fino alla bollinatura del decreto, le uniche misure operative erano quelle attivate autonomamente dagli istituti (54 miliardi, secondo Il Sole 24 Ore).
Si chiede velocità. A poche ore dalla pubblicazione del decreto in Gazzetta, L’Associazione bancaria italiana ha inviato subito una circolare alle banche, chiedendo «l’immediata applicazione» del decreto e illustrando punto per punto le misure agli associati. E Sace, che ora in base al decreto dovrà rispondere al Mef e non a Cdp, ha subito annunciato l’operazione “Garanzia Italia”. Le richieste di finanziamento prevedono quattro step. Le imprese faranno richiesta direttamente alle banche di fiducia. La banca, una volta svolta l’istruttoria creditizia, inoltra tramite il portale online la richiesta di garanzia a Sace. Che, a sua volta, processa la richiesta e, a fronte di un esito positivo, assegna un codice unico identificativo ed emette la garanzia controgarantita dallo Stato.
A quel punto la banca potrà erogare il prestito. Non un processo automatico, quindi. Che richiederà tempo. E la domanda ora è come faranno le banche prima e Sace poi a gestire e valutare il merito del credito per le milioni di richieste che arriveranno, in aggiunta alla normale amministrazione. Dagli Stati Uniti al Regno Unito, dove sono state attivate linee creditizie con meccanismi simili a quelli italiani, cominciano ad arrivare i primi segnali di allarme da parte delle banche.
Resta da capire pure che tempi ci saranno prima che la macchina dei prestiti garantiti entri in funzione. Sace e Abi sono al lavoro. Bisognerà anzitutto adattare le piattaforme informatiche delle filiali delle banche con i moduli economico-finanziari da compilare, e mettere a regime le comunicazioni con Sace e Fondo pmi per ottenere le garanzie. Cosa non facile, con le filiali chiuse e i tanti dipendenti delle banche che lavorano da remoto. «Adesso è importante che queste risorse giungano con tempestività alle imprese», ha detto il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. «Oggi più che mai occorre semplificare, comprendere che stiamo vivendo in una fase di emergenza e che dobbiamo imparare a usare nuove regole utili a fronteggiare una situazione straordinaria».
Il testo del decreto è stato assegnato ora alle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera per l’avvio dell’esame e la programmazione delle audizioni, che non partiranno prima di una settimana. Prima si attende, tra martedì e mercoledì il dossier del Servizio studi della Camera, per capire qualcosa in più di un testo complesso e segmentato, con articoli anche lunghi anche sei pagine.
«Va fatto un plauso ad Abi che ha lavorato tutta la notte per rendere immediatamente disponibile la circolare alle sedi centrali delle banche e a cascata ai vari sportelli», dice Raffaele Trano, presidente della Commissione Finanze. «La liquidità sarà immediata, ma entro una certa tempistica dettata dall’adeguamento dei mezzi tecnici tecnologici delle banche. Ci auguriamo che il funzionamento sia quanto più rapido, per supportare le aziende e la catena dei fornitori, ma anche evitare il pericolo che la criminalità organizzata, che opera senza regole e burocrazia, possa finanziare le imprese con tassi alti e non certo vicini allo zero».