Per il momento, ad averla vinta, è stata Philip Morris. E la vittima dell’ultimo episodio della guerra del mercato del tabacco è un emendamento presentato in Senato al decreto Cura Italia che aveva l’obiettivo di istituire, in piena emergenza coronavirus, un fondo per l’assistenza sanitaria domiciliare da 300 milioni, finanziandolo tramite l’aumento della tassazione sui prodotti da tabacco riscaldato, che oggi godono di uno sconto fiscale del 75%.
Una iniziativa partita da Cittadinanza attiva, sottoscritta da 70 associazioni di medici, infermieri e farmacisti. Che però aveva il “difetto” di colpire una sola azienda: il colosso americano Philip Morris, leader indiscusso nel mercato del cosiddetto «fumo freddo» (con una copertura del 99,9%) e che in Italia ha enormi interessi, avendo realizzato a Bologna la più grande fabbrica al mondo per la produzione degli heatstick iQos. Ed è qui che si è alzato il muro, sia parte dei vertici di Pd sia di quelli dei Cinque Stelle. E l’emendamento è stato affossato.
Il testo aveva come primo firmatario il senatore del Pd Tommaso Nannicini, seguito da altri 15 senatori di maggioranza e opposizione, da Cinque Stelle a Italia Viva, da LeU a Forza Italia. La proposta era di ridurre lo sconto fiscale sul tabacco riscaldato dal 75% al 20%. Cosa che permetterebbe di recuperare 300 milioni di euro nel 2020, 400 nel 2021 e 500 nel 2022. «L’iniziativa», spiega Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva, «è nata dall’esigenza di incrementare, soprattutto nella fase attuale di emergenza, specifiche misure di sostegno a domicilio per le fasce di popolazione più fragili: anziani, disabili, malati cronici. Non stiamo chiedendo si azzerare la differenza in termini fiscali tra sigarette normali e tabacco riscaldato, ma di ridurla di un pezzo in un momento di difficoltà».
I primi che si sono mossi contro l’emendamento sono stati i Cinque Stelle, con la viceministra Laura Castelli che ha proposto addirittura di recuperare le risorse per l’assistenza domiciliare dal fondo per la sanità piuttosto che aumentare le tasse sui prodotti di Philip Morris. Una mossa che conferma quanto i lobbisti della big del tabacco americano siano in stretto collegamento con il Movimento. Tant’è che Philip Morris non a caso risulta tra i clienti della Casaleggio Associati, con un contratto di consulenza da 500mila euro. E non certo perché a una grossa multinazionale mondiale occorrano i servizi di una piccola srl.
Ma il veto è arrivato anche dai vertici del Pd. I Dem emiliani, dopo anni di rapporti collaudati con Philip Morris, sarebbero saltati sulla sedia davanti al testo dell’emendamento. E anche questa non è una sorpresa. Nella fabbrica della zona industriale di Crespellano, inaugurata nel 2016 dall’allora premier Matteo Renzi, ha fatto tappa il segretario Nicola Zingaretti nel corso della campagna elettorale delle ultime elezioni regionali. E lo stesso governatore emiliano Stefano Bonaccini più volte ha citato il caso di Philip Morris come esempio della capacità attrattiva della sua regione.
Un interesse bipartisan, insomma, che ha affossato l’emendamento. E a scompigliare ancora di più le carte, in queste ore, è stato l’intervento della competitor di Philip Morris, British American Tobacco, che ha inviato una lettera ai ministri della Sanità e dell’Economia Roberto Speranza e Roberto Gualtieri, dicendosi d’accordo alla applicazione della riduzione dello sconto fiscale sul tabacco riscaldato nel nome dell’interesse nazionale in un momento di emergenza. Peccato, però – hanno fatto notare in tanti – che British American Tobacco, con gli heatstick Glo, copra in realtà solo lo 0,1% del mercato del tabacco riscaldato. Tanto che in molti hanno visto la lettera di appoggio all’emendamento solo come una mossa per colpire Philip Morris.
«Non importa da dove arrivino i soldi. Il fondo per l’assistenza domiciliare va fatto, i soldi vanno trovati, anche a debito», dice il senatore Tommaso Nannicini. «Ma di certo non vanno sottratti fondi alla sanità come è stato proposto, innescando una guerra tra soggetti deboli».
E vista la fiducia posta dal governo sul decreto Cura Italia al Senato e l’arrivo del testo blindato alla Camera, i Dem ora stanno spingendo per un ordine del giorno che impegni l’esecutivo a costituire il fondo per l’assistenza domiciliare nel prossimo decreto aprile. «È una buona proposta», dice Raffaele Trano, presidente della Commissione Finanze della Camera, ex Cinque Stelle ora nel Gruppo Misto. «Al prossimo decreto, perorerò un emendamento anche alla Camera».
Anche da Cittadinanzattiva non si danno per vinti. «Torneremo a proporre questo emendamento per ogni decreto che verrà», dice Gaudioso. «I malati cronici, i disabili, non possono aspettare. Le lobby fanno il loro mestiere. Qui però parliamo dell’interesse generale: non importa dove troveranno questi soldi, ma vanno trovati subito».