NewsletterIl piano di Ursula sul Recovery fund, la richiesta di Shinzo sul vaccino e la nomina polacca che fa discutere

Piccoli paragrafi con domande e risposte per capire cosa succede in Europa. Cosa presenterà domani la Commissione europea, il dialogo con il premier giapponese e l’unico acronimo che piace ai giovani europei. C’è anche la selezione dei migliori articoli usciti nel Continente

Afp

Ogni martedì, a un orario strano, Europea pubblica una newsletter per parlare degli eventi più importanti della settimana. Una spiegazione semplice, con piccoli blocchetti di domande e risposte per capire le istituzioni europee e le loro dinamiche. Per iscriverti alla newsletter clicca qui. 

Sono due newsletter che parliamo di Recovery fund. Dicci che oggi è il giorno decisivo. No domani. O meglio oggi finalmente avremo un bozza ufficiale da cui partire. La presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen spiegherà in una sessione straordinaria del Parlamento europeo di un solo giorno tutti i dettagli del piano a cui sta lavorando da molte settimane. C’è molta attesa perché questo discorso è stato preceduto da proposte e controproposte degli Stati, alcune antitetiche tra loro. Von der Leyen cercherà di fare una mediazione per dare un testo base su cui negoziare. L’impresa non è semplice, e forse tutti i leader europei saranno delusi dal compromesso.

Perché Ursula presenta il piano al Parlamento europeo e non direttamente ai 27 leader Ue? Per due motivi. Il primo è che il prossimo Consiglio europeo è fissato per il 18 giugno. Tre settimane che in politica sono un’eternità. Per non morire di noia o di proposte, controproposte e liste dei desideri serve almeno una bozza ufficiale da cui partire per poter iniziare seriamente il negoziato. Secondo perché il Recovery fund è un fondo speciale, ma i leader hanno chiesto che sia strettamente legato al budget pluriennale 2021-2027. E il Parlamento ha il potere di bocciare il budget comunitario, se lo ritiene poco ambizioso.

L’Aula può bocciare anche il Recovery fund? Non proprio. Il Recovery fund sarà uno strumento nuovo con dettagli poco definiti. Von der Leyen lo presenterà mercoledì proprio per coinvolgere gli eurodeputati. Ma saranno comunque scontenti del piano visto che avevano proposto un recovery fund da 2000 miliardi da aggiungere a un rafforzato budget comunitario da almeno 1300 miliardi. E invece qui si parla solo di 500 miliardi.

Ma abbiamo un indizio, un leak, insomma qualcosa? Sulla parte che riguarda lo European Green Deal a iosa, anche perché è il tema che divide di meno rispetto alle spese per i sistemi sanitari e le imprese. Secondo Euractiv la Commissione prevede investimenti che possano generare un trilione di euro per la ristrutturazione di edifici, energie rinnovabili e idrogeno, mobilità pulita ed economia circolare. Mentre per il resto possiamo basarci solo sulle parole della stessa Von der Leyen nell’ultima sessione del Parlamento europeo. Ha detto che il Recovery fund sarà interamente erogato attraverso i programmi europei, durerà pochi anni e includerà ANCHE dei grants e non solo dei loans. Sono usciti alcuni leak con le percentuali. Alcuni dicono 70% di grant altri solo 40%.

Grants, loans, sempre le solite parole inglesi. Sii autarchico. Ok, anzi, va bene. Nel piano della Commissione europea ci dovrebbero essere sia sussidi a fondo perduto che prestiti. E il vero nodo è proprio questo: Prestiti e sussidi, sussidi e prestiti. Da qui non si scappa. Merkel e Macron chiedono che ci siano più sussidi che prestiti e che i soldi siano rimborsati da tutti gli Stati e non solo dai destinatari. L’Italia chiede che ci siano quasi solo sussidi. I quattro Paesi “frugali” (Austria, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi) vogliono invece che ci siano solo prestiti e molte condizioni da rispettare. Insomma, una versione speciale del Meccanismo europeo di stabilità.

Ok, quindi il 18 giugno non si approverà il Recovery fund. È vero che c’è un film che si chiama “Dio esiste e vive a Bruxelles” ma di sicuro non ci sarà un miracolo a metà giugno nella capitale belga. Perché gli Stati sono ancora distanti e bisognerà aspettare tanti passaggi intermedi. Tradotto: riunioni dei ministri delle finanze, editoriali sui giornali, lettere e contro lettere, incontri bilaterali e video conferenze. Insomma la politica dovrà fare il suo corso. Non possiamo ancora prevedere nulla. «Un approccio graduale fa parte del DnA dell’integrazione europea», ha ricordato il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno in un’intervista all’edizione domenicale del Die Welt.

Ma il gruppo di Visegrad da che parte sta? Bravi, ce lo siamo chiesti anche noi perché nei media si parla sempre di Nord Europa contro Sud Europa e ci si dimentica dei Paesi dell’Est. E al Consiglio europeo ricordiamo che serve l’unanimità per approvare qualsiasi cosa. Simone Benazzo in un articolo uscito martedì su Europea ci spiega che di solito Slovacchia tende ad adeguarsi alle decisioni di Berlino. Il premier ceco Andrej Babiš ha stigmatizzato la proposta franco-tedesca, mentre Polonia e Ungheria potrebbero appoggiare il piano della Commissione in cambio di una maggiore tolleranza di Bruxelles verso le loro molteplici violazioni dello Stato di diritto.

Ma non esageriamo con questa storia dello Stato di diritto? Ognuno può fare le leggi che vuole. Sì, in un’autocrazia. In una democrazia c’è un sistema di pesi e contrappesi. Ne parleranno proprio oggi i ministri degli Affari europei (per l’Italia ci sarà il ministro Vincenzo Amendola). Perché la Commissione europea presenterà loro i primi dettagli della relazione annuale sullo Stato di diritto nell’Ue. I ministri discuteranno anche della decisione del presidente della Repubblica polacca Andrzej Duda che ha nominato Małgorzata Manowska nuovo presidente della Corte suprema.

E qual è il problema? Che Manowska è stata nominata da Duda senza il sostegno della maggioranza dei giudici della Corte. E soprattutto non è considerata molto indipendente dal partito di governo PIS, visto che è stata nel 2007 vice ministro della giustizia accanto all’attuale guardasigilli Zbigniew Ziobro. Ne ha parlato anche lunedì Joanna Hetnarowicz-Sikora membro del consiglio nazionale di Iustitia, associazione dei giudici polacchi, durante un’audizione col comitato Juri del Parlamento europeo.

Ma oggi non c’era l’incontro tra l’Unione europea e il Giappone? Esatto, ed è il motivo per cui questa newsletter oggi arriva all’ora di pranzo. Volevamo dirvi subito il risultato della video conferenza tra il premier giapponese Shinzo Abe, la presidente della Commissione Von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. I temi sul tavolo erano due: capire come affrontare insieme la ricerca del vaccino e come (se) regolare l’afflusso di turisti giapponesi questa estate nel Continente.

Cosa hanno detto? Nelle conclusioni finali hanno ribadito il loro impegno per finanziare la ricerca al vaccino e di renderlo disponibile a tutti a un prezzo accessibile. Tradotto: Unione europea e Giappone non si faranno la guerra a chi arriva prima alla cura ma collaboreranno per far avere a tutti i vaccini il prima possibile. Possiamo dire lo stesso degli Stati Uniti? Speriamo. Anche per questo il premier Abe ha ringraziato l’Unione per aver raccolto quasi 7,5 miliardi per la ricerca al vaccino.

E di soldi ne hanno parlato? Sì, hanno assicurato il rispetto dell’accordo commerciale in vigore dal febbraio 2019 impegnandosi a non bloccare gli scambi con dazi inutili. Tutte le misure di emergenza dovranno essere «mirate, proporzionate, trasparenti, temporanee e coerenti con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio in modo che non creino inutili barriere agli scambi o perturbazioni delle catene di approvvigionamento globali». Insomma, volemose bene.

Altre cose interessanti questa settimana? Vogliamo segnalarvi un evento poco istituzionale, ma molto interessante: l’Eye. Lo European Youth Event che ogni due anni, per due giorni riunisce migliaia di cittadini tra i 16 e 30 anni del Continente dentro il Parlamento eruopeo di Strasburgo. Non è solo un modo per capire come funzionano le istituzioni, ma una specie di mini Erasmus. La pandemia ha costretto a spostare l’evento online, ma Tommaso Parlatore, responsabile della comunicazione e degli eventi del Parlamento europeo, ha spiegato a Linkiesta Europea che la filosofia rimane sempre la stessa: farsi stupire dai giovani. E ascoltarli.

Il podcast della settimana. Il turismo è il tema decisivo per capire se l’Europa sarà all’altezza del Covid-19. La società civile si interroga sull’efficacia delle misure che l’Unione può mettere in campo. Tutto dipenderà da come verrà «ristrutturato il budget europeo», sostiene Amandine Crespy, professoressa di scienze politiche dell’Università di Bruxelles nella nuova puntata di The Grassroots View, una serie podcast del Comitato economico e sociale europeo, prodotta da Europod e ospitata da Linkiesta.

Continentale. Su Pùblico le soluzioni tecnologiche che sta adottando il Portogallo per rispettare il distanziamento fisico. Ci sono menu digitali (accessibili tramite i codici QR sui tavoli dei ristoranti) e semafori per contare le persone all’ingresso di negozi e spiagge.

Su El Paìs intervista a Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione europea: «È in corso una battaglia per decidere quale sistema politico è il più capace di affrontare una situazione come questa».

Su El Mundo come il movimento separatista catalano veda in questo momento di crisi e debolezza del governo socialista di Pedro Sanchez un’opportunità politica per tornare a mobilitare le persone per la causa indipendentista.

Su Le Monde sono necessari salari più alti per chi lavora nella sanità pubblica. Anche se non è una decisione priva di rischi.

Su Le Figaro  un ragionamento sull’idea delle università francesi di un insegnamento ibrido: metà online e metà in presenza. «Una barbarie quindi», che creerà una chimera: lo studente, metà reale, metà virtuale. Molti giovani si sentiranno lasciati indietro e isolati.

Su L’Observateur come guanti e maschere stanno già inquinando il mar Mediterraneo. Una mascherina impiega 400 anni a decomporsi. C’è un video per stomaci forti.

Sulla Süddeutsche Zeitung il ritorno del drive-in: ora tutto passa dal finestrino dell’auto. C’è il tradizionale cinema drive-in, ma anche la biblioteca drive-in e la discoteca drive-in. La pandemia farà trionfare l’automobile?

Sul Faz i Verdi tedeschi chiedono di ricompensare i giovani tedeschi per il loro senso di responsabilità durante la pandemia. Per questo chiedono di abbassare l’eta del voto a 16 anni.

Cose uscite su Europea questa settimana da non perdere
Il fumetto del 2011 in cui la Commissione europea salva il mondo dalla pandemia
L’ultima dei (Mohicani) britannici rimasta nella Corte di giustizia dell’Unione europea
Chi è Thierry Breton, il commissario europeo che ha rimproverato Zuckerberg
Ecco come il Parlamento europeo ha imparato a comunicare (ed emozionare) i suoi cittadini
Com’è (non) fare l’Erasmus durante la pandemia e cosa cambierà a settembre
Il recovery fund e quel precedente del 1790 che potrebbe cambiare la storia europea
In Belgio hanno nove ministri della Salute, ma non sanno come gestire la pandemia

Scrittori d’Europa. Questa settimana abbiamo intervistato lo scrittore olandese Mathijs Deen che racconta i segreti delle vie del Continente nel suo nuovo libro “Per antiche strade” (Iperborea), in libreria da mercoledì 27 maggio. Deen spiega che non ci siamo affezionati alle autostrade europee perché hanno dei nomi asettici: E80, E30, etc. Mentre in Italia c’è l’Autostrada del Sole, per esempio. «Anche in Francia c’è una Route du Soleil, che va da Lione a Marsiglia. Poi naturalmente ci sarebbero i vecchi nomi romani come la Via Appia in Italia e la Via Egnatia in Grecia (E90). Ma perché non nominare la Aurora Highway (E75), la Napoleon Highway (E30), la Silk Road (E40), la Cortina di ferro (E65) e la Antecessor Highway (E5)». Parliamone.

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