La Grecia si è aggiudicata il secondo gradino del podio europeo (dopo la Spagna) per numero di bandiere blu. Eppure, mai come quest’anno marcato dal COVID-19, vien da chiedersi: a che pro?
Tutt’oggi resta difficile capire se, come, quando – e per quali località europee – si sposteranno gli europei nel 2020. Al netto del piano per il turismo presentato dalla Commissione europa, si rincorrono infatti notizie disparate che veicolano l’immagine di uno spazio Schengen frammentato.
A risentirne, la mappa del turismo europeo e, soprattutto, i livelli di occupazione legati al settore, come discusso nel podcast The Grassroots View.
Il turismo come emblema della crisi economica legata al Covid-19
A oggi sappiamo che Bulgaria, Grecia e Serbia hanno lanciato un’iniziativa comune per facilitare i flussi da un paese all’altro per alimentare il settore, alla quale, però non ha aderito la Romania – Stato incastonato tra i primi.
Nel frattempo, il ministro per gli Affari esteri spagnolo, Arancha González Laya, parlando ai britannicci alla BBC, ha fatto intendere che i prossimi mesi sono tutti da scrivere.
E mentre gli italiani si lamentano perché il primo ministro austriaco, Sebastian Kurz, non ha aperto i confini verso lo Stivale (da notare: quest’ultimo è stato criticato sul punto dal proprio Presidente della Repubblica austriaca, Alexander Van Der Bellen), un po’ più a nord, i paesi baltici hanno fatto area-comune (confini aperti), escludendo però quelli scandinavi.
In tutto ciò, appunto, una solta certezza: il settore turistico è quello che soffrirà di più la crisi.
Per Mark van Mylders, membro del board di HORECA, una federazione del settore alberghiero e della ristorazione in Belgio – non certo un paese abituato a contare le bandiere blu – non ci sono mezzi termini. Parlando dei livelli di occupazione e attività economica, ha parlato di un panorama che somiglia «a una situazione di guerra». «In Belgio, 130mila persone sono a casa e aspettano di sapere quando potranno nuovamente lavorare».
Insomma, parlare di crisi del turismo equivale a prendere atto di un aumento della disoccupazione un po’ ovunque in Europa.
In attesa della ristrutturazione del budget europeo.
In questo senso, molti politici guardano all’Unione europea e a ciò che, in base a una serie di accordi tra gli esecutivi, la prima ha promesso di fare. Negli ultimi giorni si è parlato molto del così detto Recovery Fund e delle sue potenziali modalità di finanziamento.
Eppure, al netto delle intenzioni, ci vorranno ancora settimane, per capire «se la risposta dell’Unione europea sarà all’altezza del crisi del Covid-19», spiega Amandine Crespy, professoressa di scienze politiche presso l’Università libera di Bruxelles (ULB). Tutto dipenderà da come verrà «ristrutturato il budget europeo» (intervista completa nell’episodio podcast, The Grassroots View a inizio articolo)
Il quesito logico, vista l’emergenza in cui versa il turismo (ma non soltanto, ovviamente), diventa: le economie nazionali possono aspettare le potenziali lungaggini bruxellesi? E cosa si può fare nel frattempo?
Aspettando Von der Leyen.
Ovviamente, in molti casi, i governi nazionali sono già intervenuti definendo manovre finanziarie e politiche economiche specifiche. E, proprio in funzione delle diverse policy nazionali sviluppate negli ultimi due mesi, il gruppo dei datori di lavoro presso il Comitato economico e sociale europeo (Cese, Eesc), una delle istituzioni consultative dell’Unione, «ha creato un database per facilitare la contaminazione virtuosa tra paesi», spiega Milena Angelova, vice-presidente responsabile per il bilancio del Cese.
Inoltre, proprio per facilitare il processo di costruzione dal basso delle politiche europee e che tengano, quindi, conto di tutte le prospettive della società civile organizzata (sindacati, confindustrie ong), il Cese ha avviato i una commissione speciale dedicata alla ripartenza e riscostruzione post-COVID-19.
Il gruppo di lavoro è composta da 15 membri del Comitato e guidata dal presidente, Luca Jahier. I lavori porteranno all’adozione di un parere non-vincolante con riferimento alle misure per il rilancio dell’economia istituite dalle principali istituzioni europee, in particolare dalla Commissione europea.
Intanto, Ursula Von der Leyen, è attesa domani, 27 maggio, al Parlamento europeo per presentare le prossime mosse targate Europa.
L’intervista intera con Amandine Crespy (ULB), nella puntata di The Grassroots View, all’inizio del pezzo. The Grassroots View è una serie podcast del Comitato economico e sociale europeo, parte del network Europod, ospitato da Linkiesta. Potete seguire Europod anche su Facebook e Twitter.