Come lo spieghiamo, ai Paesi europei che hanno particolarmente a cuore le proprie finanze (i. c.d. frugali), che il primo partito italiano intende infischiarsene apertamente? Il 25 marzo 2020, in piena emergenza sanitaria, un po’ di soppiatto, la Lega ha presentato il disegno di legge costituzionale C.2446, recante “Modifiche agli articoli 81, 97 e 119 della Costituzione, concernenti l’eliminazione del principio del pareggio di bilancio”. Firmatari Claudio Borghi e Riccardo Molinari.
Il disegno di legge della Lega
La proposta di per sé è semplice: cancellare dalla Costituzione l’espressione “equilibrio”. Un modo per eliminare la modifica dell’art. 81 della costituzione del 2012 che ha introdotto nel nostro ordinamento il principio del pareggio di bilancio, salvo sempre il ricorso al debito per contenere gli effetti dei cicli avversi.
«Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali» (art. 81 della Costituzione, versione attuale).
Una norma dall’iter molto travagliato, le cui fondamenta vennero poste nel marzo 2011 dal c.d. Patto Europlus, firmato in sede di Consiglio europeo dal Governo allora guidato da Silvio Berlusconi e di cui facevano parte anche Umberto Bossi, Roberto Maroni e Roberto Calderoli, con Giulio Tremonti al ministero dell’Economia e delle Finanze.
Con questo patto i Paesi dell’area euro si impegnarono a: «recepire nella legislazione nazionale le regole di bilancio dell’Unione europea fissate nel patto di stabilità e crescita», con «facoltà di scegliere lo specifico strumento giuridico nazionale cui ricorrere», ma facendo sì che questo «abbia una natura vincolante e sostenibile sufficientemente forte (ad esempio costituzione o normativa quadro)».
Travolto dalla crisi dei debiti sovrani, nel settembre dello stesso anno il Governo italiano diede seguito a quel Patto presentando il disegno di legge costituzionale n. 4620 per l’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione.
L’8 novembre il Consiglio dell’Unione europea (ossia l’organo legislativo della Ue rappresentativo dei singoli Governi) promulgò la direttiva 2011/85/UE, il cui art. 5 obbligava ciascuno Stato membro a dotarsi di: «regole di bilancio numeriche specifiche che promuovano effettivamente l’osservanza dei suoi obblighi derivanti dal TFUE nel settore delle politiche di bilancio» e, in particolare, «il rispetto dei valori di riferimento relativi al disavanzo e al debito fissati conformemente al TFUE».
In questo scenario, il 30 novembre la Camera e poi il 15 dicembre il Senato, approvarono in prima lettura la riforma dell’art. 81, introducendo il vincolo del pareggio di bilancio. La Lega votò a favore, tanto alla Camera, quanto al Senato. Il 6 marzo e il 17 aprile 2012 la proposta di modifica dell’art. 81 venne quindi definitivamente approvata con la larga maggioranza dei 2/3 di entrambe le Camere, non necessitando pertanto di referendum confermativo.
Adesso però non è tempo di rigore di bilancio. C’è da spendere e spandere. Non importa se l’art. 81 nella sua versione attuale ammetta già di ricorrere all’indebitamento per contenere le conseguenze del Covid-19 e del ciclo economico avverso che si staglia all’orizzonte. Non è abbastanza. Oggi la nuova norma voluta dalla Lega tornerebbe così alla sua timida versione originaria.
Via ogni riferimento agli equilibri di finanza pubblica. Via il pareggio di bilancio anche dall’art. 97 Cost. per quanto riguarda le pubbliche amministrazioni. E poi via ancora quell’orribile espressione (“equilibrio”) pure dall’art. 119 Cost. relativamente a Regioni, Province, Comuni e Città Metropolitane. Una grande fiera del debito, un sabba sconsiderato sulle spalle delle nuove generazioni.
Con buona pace non solo di Luigi Einaudi, per il quale già nella sua originaria e timida stesura del 1947 l’art. 81 Cost. avrebbe affermato «l’obbligo di governi e parlamenti di fare ogni sforzo verso il pareggio». Ma anche di Giancarlo Giorgetti, che degli equilibri di finanza pubblica è sempre stato un sostenitore convinto.
Le implicazioni europee di una manovra simile
Solo una manovra ideologica di posizionamento? Solo marketing politico? Stiamo parlando di quello che i sondaggi fotografano come primo partito italiano, guidato da un leader che aspira a diventare il prossimo Presidente del Consiglio.
Volente o nolente, la Lega sta lanciando un messaggio chiaro ai partner europei: siamo sempre gli stessi che facevano campagna per uscire dall’euro”. Una patina che nonostante i futuri annunci, non andrà via una volta che la Lega dovesse salire al governo. Peccato che ciò metta a repentaglio quella solidarietà europea di cui l’Italia oggi necessita disperatamente.
Prestereste dei soldi a buon mercato o destinereste risorse a fondo perduto a chi, sfacciatamente, dimostri di infischiarsene della tenuta dei propri conti? Certo che no.
Proprio adesso che, secondo i piani della Commissione, il Recovery Plan vedrebbe l’Italia destinataria della parte più grande di risorse e la Germania come maggiore contributrice netta.
Anche solo calendarizzare in Commissione bilancio (di cui è Presidente lo stesso Claudio Borghi) la discussione sul disegno di legge di ripudio del pareggio, oggi sarebbe un segnale deleterio verso l’Europa. Una simile modifica, infatti, otterrebbe l’effetto di mettere in discussione un decennio di regole europee in un sol colpo.
Rimangiarsi la parola data con il Patto Europlus, con la promulgazione della direttiva 2011/85/UE e poi con la firma del Trattato sulla stabilità dell’unione monetaria significherebbe dichiarare di voler uscire dall’euro e dalla Ue. Togliere il pareggio di bilancio integrerebbe una violazione di quegli accordi che oggi fondano il governo della moneta unica.
Davvero un pessimo messaggio ai partner europei, proprio adesso che l’Italia necessita di dosi massicce di solidarietà economica. La Lega sta offrendo su un piatto d’argento a Olanda e Austria il pretesto per dire no ad ogni ipotesi di sostegno all’Italia.