La geopolitica del palloneChe cosa ci dice la cessione del Newcastle sullo scontro tra Arabia Saudita e Qatar

Il club di Premier League sta per essere comprato dal Public Investment Fund, il fondo sovrano controllato dal principe ereditario Mohammed bin Salman. Il campionato inglese ha però un contratto con il network sportivo qatarino, con cui Riyad ha interrotto ogni relazione diplomatica, che negli ultimi cinque anni ha investito un miliardo e mezzo di euro per trasmettere in esclusiva le partite

Afp

Non sono molte le donne che possono salire sullo yacht del principe ereditario saudita per parlare d’affari. Amanda Staveley lo ha fatto lo scorso ottobre, quando sul deck della Serene ha suggerito a Mohammed bin Salman di investire 300 milioni di sterline per acquistare il Newcastle United.

Staveley è una donna d’affari inglese con ottime entrature nel Golfo Persico, grazie alle quali nel 2008 ha prima evitato il fallimento di Barclays (con un finanziamento di 3 miliardi e mezzo di sterline provenienti da Abu Dhabi) e poi ha aiutato lo sceicco Mansour a chiudere la trattativa per l’acquisto del Manchester City. Un curriculum che ha convinto Mohammed a sceglierla per individuare un club di Premier League che possa rafforzare il soft power dell’Arabia Saudita.

Il Newcastle risponde perfettamente alle esigenze del principe: è un club con un grande potenziale commerciale e sportivo, frustrato da anni di pessima amministrazione. I Magpies – come il Chelsea ed il City prima dell’avvento dei nuovi proprietari – navigano da anni nell’anonimato della bassa classifica, lontani anni luce dalle stagioni in cui Alan Shearer terrorizzava le difese avversarie.

Nonostante ciò, il club può contare su una delle fanbase più fedeli del Regno Unito e su una delle academy più prestigiose del paese. Il legame tra tifosi, città e club è così solido da far sembrare il St James’s Park un luogo di culto in cui l’unico a non essere amato è Mike Ashley, l’attuale proprietario.

Anche per questo ad aprile Ashley ha accettato l’offerta di Public Investment Fund, il fondo sovrano saudita controllato da Mohammed che, se di dovesse chiudere il deal, rileverà l’80% del club lasciando ad Amanda Staveley il restante 20%.

L’happy ending, però, non è ancora arrivato. Il motivo? I pirati sauditi. Quando nel 2017 l’Arabia Saudita ha deciso di interrompere ogni relazione diplomatica con il Qatar, Riyad ha oscurato le trasmissioni di beIN Sports, il network di canali sportivi qatariota che –  sfortunatamente per il principe Mohammed – negli ultimi cinque anni ha investito quasi un miliardo e mezzo di euro per trasmettere in esclusiva le partite della Premier League in Medio Oriente.

Oltre ad interrompere le trasmissioni “nemiche” in patria, l’Arabia Saudita ha iniziato a piratare beIN attraverso un broadcaster fuorilegge, beoutQ, che ruba il segnale del network qatariota reindirizzandolo sul web e sulle app. Un attacco inaccettabile per il Qatar, che ha denunciato il comportamento saudita al governo americano e alla World Trade Organization. Riyad ha risposto negando il proprio coinvolgimento, sostenendo che beoutQ fosse una società colombiana o cubana.

Una storia a cui nessuno ha creduto. Tantomeno la Premier League che, attraverso l’Owners’ and Directors Test, sta valutando ormai da settimane la fattibilità dell’operazione tra il Public Investment Fund saudita e Mike Ashley. La decisione è complicata: un no comprometterebbe i rapporti tra Londra e Riyad in un momento in cui il Regno Unito è già alle prese con Brexit.

D’altra parte, il via libera all’operazione farebbe infuriare il Qatar che – attraverso beIN – è uno dei principali finanziatori della Premier. Senza i petrodollari di Doha oggi il campionato inglese non sarebbe la più importante lega calcistica del mondo, in grado di attirare superstar in campo e in panchina. Mettere a rischio l’accordo con beIN in questo particolare momento storico, oltretutto, potrebbe rivelarsi esiziale per il futuro della Premier League, colpita duramente dall’emergenza sanitaria.

La sensazione, tuttavia, è che l’affare si farà. Perché Mohammed – che ha bisogno di ripulire l’immagine del regno anche attraverso investimenti all’estero, come già accaduto con Tesla ed Uber – si è sbilanciato troppo per poter tornare indietro ora. È probabile quindi che il principe accetti di chiudere beoutQ con la promessa di partire davanti a beIN quando nel 2022 si ridiscuteranno i diritti tv della Premier League.

Se dovesse andare così, nel giro di pochi giorni potremmo assistere al primo derby saudita della storia del calcio inglese. Il 21 giugno, infatti, il Newcastle ospiterà lo Sheffield United, che appartiene al principe Abdullah al-Saud. Nessuno a quel punto si stupirebbe nel vedere Amanda Staveley fare gli onori di casa nell’executive box del St James’s Park. Perché per lei fare affari su una nave di lusso al largo del Mar Rosso o sugli spalti di uno stadio nel nord-est dell’Inghilterra è la stessa cosa.

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