Ferite che restanoDimenticare le violenze della polizia è impossibile

I pestaggi recenti condotti dalle forze dell’ordine per contenere i disordini saranno ricordati a lungo. Soprattutto da chi li ha subiti. E anche questo avrà conseguenze

La polizia di New York ci è andata giù pesante, a volte, e vale la pena domandare cosa ne penserà, negli anni a venire, chi ha ricevuto alcune di quelle manganellate e di quei trattamenti bruschi. Per la rivista “Tablet”, dove scrivo, questa domanda assume una dimensione personale.

Uno degli autori più giovani di “Tablet” è Armin Rosen. Racconta che, dopo aver scritto “STAMPA” sul suo caschetto da ciclista, è stato comunque colpito da un attacco della polizia a Cadman Plaza, a Brooklyn.

I poliziotti lo hanno malmenato, gli hanno portato via la bici – che gli è stata restituita solo dalla fortuna. D’altro canto, uno dei collaboratori più anziani di “Tablet” è Joah Raskin il quale, commentando questi eventi, ricorda che anche lui è stato attaccato dallo stesso dipartimento di polizia.

Nel suo caso, nel 1969 a Manhattan, accadde mentre girava nelle strade in difesa delle Pantere Nere. Quello di Jonah è stato un vero pestaggio, un fatto orribile, e lo so perché anche io ero presente in quella specifica manifestazione. Ho avuto più fortuna.

Ma poi, a un corteo contro la guerra a Washington, un paio di anni dopo, fui preso al gomito da un poliziotto ben piazzato e venni rimbalzato lungo la strada sul mio altro gomito, niente di che.

Sono tornato in piedi un po’ frastornato, però. E noto che, dopo 49 anni, le ferite al mio gomito, non più visibili all’occhio, rimangono percettibili al tatto. Nessuno dimentica di essere stato picchiato.

(Articolo pubblicato in inglese su Tablet)