Gli Stati Uniti sono scossi dalle proteste del movimento Black Lives Matter. L’Italia è scossa dai gilet arancioni e dagli estremisti di destra al Circo Massimo.
Fa ridere solo a dirlo. No, non è il caso.
Diversi commentatori, in queste settimane, ci parlano del rischio che la “rabbia sociale” esploda nel nostro Paese, come conseguenza delle disuguaglianze e della crisi economica generata dal coronavirus. Tanti hanno perso o perderanno l’impiego (per l’Istat, sono 400mila i posti di lavoro persi tra marzo e aprile), il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha previsto una caduta del Pil di 13 punti nel 2020, i giovani saranno bastonati per la seconda volta in meno di vent’anni, e ci aspetta una recessione.
Di motivi validi per essere arrabbiati ce ne sono, eccome. Finora, però, pare che l’espressione di questa rabbia sia stata unicamente appannaggio della destra. Più nello specifico, di gruppi di turbosovranisti parecchio sopra le righe che a turno si trovano, accuratamente assembrati in piazza, per gridare al “popolo italiano” che il coronavirus non esiste, che la quarantena è un complotto e che bisogna tornare alla Lira.
L’ultimo esempio, nello stesso spirito, l’abbiamo visto sabato a Roma: al Circo Massimo un centinaio fra neofascisti e ultras si sono radunati per protestare contro il governo, finendo per prendersi a botte l’un l’altro e lanciare bottiglie. Vittime registrate: qualche malcapitato giornalista e poliziotto di passaggio.
Ciò nonostante, a questi episodi si guarda con preoccupazione, come se avessero qualche potenziale di per diventare movimenti di massa. Per il momento, il Viminale non si sta scomponendo: dalle parti del ministero di Luciana Lamorgese si parla semplicemente di «attenzione particolare», soprattutto verso eventuali «lupi solitari» in cerca di gesti eclatanti.
Non dovrebbe sorprendere: per il momento «non ci sarebbero avvisaglie o segnali particolari di proteste organizzate», secondo quanto riporta l’Huffington Post. È proprio questo il punto: se c’è una cosa che distingue, oltre evidentemente alla qualità delle istanze, le comparsate di gilet e compagnia rispetto a movimenti di massa come Black Lives Matter, è proprio la struttura.
È un punto che i commentatori che temono rivolte anche in Italia dovrebbero rammentare. BLM è un movimento nato nel 2013 e cresciuto negli anni attraverso una rete sempre più fitta e radicata nei territori. E, dunque, per quanto sia stato spontaneo e travolgente il sentimento di solidarietà che ha portato le manifestazioni americane non solo a coinvolgere milioni di persone negli Stati Uniti, ma ad allargarsi a macchia d’olio in tutto il mondo (le abbiamo viste anche in Italia, nell’ultimo fine settimana), oggi è soprattutto di quella rete che vediamo i frutti e la potenza di impatto, più che della semplice viralità di un hashtag.
Insomma, il risveglio delle coscienze è tale solo se ben organizzato. Fortunatamente è quello che finora è mancato ai complottisti, occupati a prendersi a bottigliate e a sventolare tricolori. Piuttosto, potrebbe essere un dramma che manchi a tutti gli altri.