Ci sono un paio di frasi di Ursula von der Leyen “scartate” dalla resocontistica ufficiale degli Stati Generali e sono le stesse che sulla stampa tedesca hanno avuto il massimo rilievo e visibilità.
La prima riguarda la svolta senza precedenti compiuta dall’Europa con il Recovery Fund e i motivi per cui è stata decisa: «Noi, l’Unione Europea – dice la presidente della Commissione – stiamo per la prima volta prendendo in prestito denaro dai nostri figli. Quindi i nostri investimenti di oggi devono portare frutti ai nostri figli. Non prenderemo in prestito denaro dai nostri figli, come talvolta facevano i nostri Stati membri, solo per spendere di più di oggi».
Il messaggio è molto chiaro e ha il sapore di un avvertimento, se non di un ultimatum. Il nuovo sguardo dell’Europa sui ritardi, le incertezze, le mancate riforme italiane, non è quello che si tende ad accreditare, lo sguardo di un avaro burocrate improvvisamente rabbonito dall’epidemia, di una Crudelia De Mon trasformata in dama compassionevole dal dramma del Covid.
Le parole di Von der Leyen definiscono, al contrario, un perimetro molto preciso per la generosità europea e dicono all’Italia: se voi siete disposti a impoverire ulteriormente la prossima generazione per tenervi a galla, noi non lo siamo. Anzi. Il nostro sforzo di oggi è compiuto in nome dei cittadini europei di domani. Regolatevi.
L’altro passaggio del video-messaggio enfatizzato dai quotidiani tedeschi riguarda le priorità indicate all’Italia, che poco hanno a che vedere con il gigantesco libro dei sogni squadernato in questi giorni da tutti gli attori del dibattito pubblico, ma sono concentrate su tre cose molto pratiche, enunciate con grande precisione: la riduzione della burocrazia, l’impegno per l’occupazione dei giovani e delle donne, le «misure contro l’impatto della criminalità organizzata nel settore pubblico».
Quest’ultima sollecitazione è pressoché scomparsa dalla comunicazione italiana, e magari è solo fumo per i media tedeschi, per vellicare lo stereotipo mafia-spaghetti ancora così diffuso dall’altro lato delle Alpi, ma più probabilmente rivela una preoccupazione autentica, e cioè che rivoli significativi dello sforzo europeo si disperdano nel sottobosco parassitario delle nostre economie illegali o semi-legali.
Alla luce di queste parole, la scelta del premier Giuseppe Conte di consegnare alla von der Leyen l’apertura della sua grande kermesse potrebbe rivelarsi piuttosto rischiosa. La presidente della Commissione, artefice del colossale piano da 750 miliardi di euro in sette anni (173 dei quali potrebbero andare all’Italia), ha avuto l’opportunità di descrivere col massimo rilievo e pubblica solennità la filosofia dell’intervento che sta patrocinando. Domani nessuno potrà dire di aver frainteso, nessuno si potrà nascondere dietro le ambiguità dialettiche in cui siamo specialisti.
Il percorso dei Recovery Fund non è arduo solo per i molti ostacoli continentali al dibattito – a cominciare dalle resistenze dei Paesi sovranisti – ma soprattutto perché chiama l’Italia a un’azione riformista ai limiti dell’impossibile per l’attuale maggioranza. Il discorso sui debiti dei padri che non devono ricadere sui figli si scontra contro due tabù del governo, reddito di cittadinanza e Quota Cento.
Il monito contro la burocrazia è in conflitto con le ossessioni regolatorie sia dei Cinque Stelle sia di larga parte del Partito democratico. L’appello per l’occupazione delle nuove generazioni e delle donne tocca il tasto dolente del Decreto Dignità e più in generale una cultura woman-free che le donne non le ha volute mettere manco nei comitati dell’emergenza. La lotta contro le infiltrazioni criminali è delegata da trent’anni alla magistratura: molte manette, scarsissimi effetti sull’amministrazione pubblica.
Pensare di cavarsela con un po’ di fumo negli occhi degli alleati europei, stavolta, non sembra possibile. Stavolta, come ha detto chiaramente la von der Leyen, ci mettono soldi loro, accendono debiti che peseranno sui loro cittadini, sul loro consenso, sulla loro affidabilità politica ed economica, sui loro figli: la nostra celebrata furbizia, la nostra abilità nelle grandi promesse sempre rinviate a data da destinarsi, non basterà a tenerli buoni quando arriverà il momento di decidere se fidarsi o no.