I 40 anni di Back in BlackGli AC/DC hanno reso immortale l’heavy metal

Il capolavoro prodotto all’inizio degli anni ‘80 ha venduto oltre 50 milioni di copie e ha dato popolarità a un genere musicale che altrimenti sarebbe rimasto nella sua nicchia. Oggi si parla anche di un possibile ritorno discografico con mezza band rinnovata, mentre tutto il mondo continua ad amare i pezzi di Angus e Malcolm Young

Frazer Harrison / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images via AFP

Quello che avrebbe potuto non essere è invece diventato il disco più importante nella storia non solo dell’hard rock ma addirittura il secondo album più venduto di sempre, oltre 50 milioni di copie, dopo Thriller di Michael Jackson.

Con gli AC/DC l’heavy metal esce dalla nicchia dei cultori per assurgere a fenomeno popolare condiviso attraverso le generazioni. Oggi, 25 luglio, “Back in Black” compie quarant’anni e le dieci tracce che lo compongono disegnano un lavoro perfetto, certo il migliore della band dei fratelli Angus e Malcolm Young, nonostante la tragica scomparsa del cantante Bon Scott avvenuta il 19 febbraio dello stesso 1980.

Scozzese emigrato in Australia, Scott aveva uno straordinario talento vocale e correva dietro alla vita spericolata. La notte prima di andarsene aveva ecceduto con l’alcol in un locale di Londra, poi il malore improvviso, il decesso sembra per soffocamento da vomito a soli 33 anni.

L’addio di Scott piomba come un macigno, gli altri sono convinti sia meglio chiuderla lì, poi dopo il funerale si lasciano convincere a chiudere le registrazioni del nuovo disco. Ci vuole però una voce altrettanto carismatica, che non si allontani troppo dai timbri di Bon ma allo stesso tempo dimostri differenti personalità e carattere.

È consuetudine per un gruppo sostituire la chitarra, le tastiere, la batteria, ma la morte del cantante segna quasi sempre la parola fine, dai Joy Division ai Nirvana passando per i Queen, nonostante i tentativi (falliti) di sostituire Freddie Mercury.

Sulla strada degli AC/DC, invece, c’è Brian Johnson, inglese di origini italiane, appena più giovane di Scott e con pochissima esperienza, capace però nell’audizione decisiva di mettere tutto se stesso. Abile e arruolato, buttato subito nella mischia, mentre i fan piangono ancora Scott lui diventa la nuova voce degli AC/DC. E non solo, il gilet smanicato, la coppola sulla testa, si impongono quali elementi stilistici pari alla divisa da scolaretto di Angus Young.

Registrato alla Bahamas, “Back in Black” è il trionfo, fin dalla copertina, del nero, del nero più assoluto che esibisce il lutto e rintocca le campane a morto prima dell’ingresso della chitarra in “Hells Bells”. In questo disco sono contenute alcune delle loro canzoni più belle: “Shoot to Thrill”, “Given the Dog a Bone”, la stessa “Back in Black”, “Rock and Roll Ain’t Noise Pollution”.

Vengono prodotti ben sei videoclip, tutti girati a Breda in Olanda, che moltiplicano il successo attraverso il neonato canale musicale Mtv. Per tutta la loro carriera gli AC/DC hanno eseguito buona parte di questo disco dal vivo, accompagnato da una serie di elementi scenici ricorrenti in tutti gli show, cominciando dalla gigantesca campana di una tonnellata e mezzo sulla quale è inscritto il loro meraviglioso logo inventato dal designer Gerard Huerta.

Per come è messo oggi lo stato della musica si stenta a credere che un album prodotto dopo i primi anni 2000 possa resistere per così tanto tempo e la colpa non è solo di Spotify o in genere della fruizione distratta derivante dalla rete.

Dopo “Nevermind”, “Ok Computer”, al massimo gli ultimi due dischi di David Bowie, non c’è traccia di lavori che entrano nella storia e di là non ne sono più usciti. Ma se buona parte sono legati al proprio tempo, l’heavy metal non essendo mai stato troppo di moda non passerà mai di moda, o quantomeno al meglio di sé non si sottopone alla tirannia delle stagioni.

Persino i detrattori di un genere ritenuto greve, coatto, tamarro, devono riconoscere la potenza di “Back in Black” e l’originalità di questi australiani che pare non abbiano alcuna intenzione di mollare nonostante le malattie di Johnson – prima il cancro poi la sordità che gli è costata il licenziamento – il ritiro di Cliff Williams e la morte di Malcom Young.

Mentre si vocifera di un possibile ritorno discografico con mezza band rinnovata (ma non c’è nessuna certezza a proposito), continuano le celebrazioni del quarantennale con un evento virtuale cui partecipano diverse star del rock di ieri e di oggi: Slash, William DuVall degli Alice in Chains, e membri di Cage the Elephant, Trivium, Anthrax, Lamb of God e altri.

In rete sta girando una docuserie che raccoglie retroscena, backstage ed esibizioni live per un album che da quarant’anni suona con noi, sul piatto, in autoradio, sul cd e ora dallo smartphone. Monumento della cultura contemporanea.

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