L’ultima sono i negazionisti del covid, guidati dal cantante Andrea Bocelli («Non ho mai conosciuto nessuno che fosse andato in terapia intensiva, quindi perché questa gravità?») ma la nostra kulturkampf all’amatriciana ci sta dando in questi giorni moltissime soddisfazioni: una trash-comedy quotidiana combattuta ai massimi livelli, impegnando capi di partito, candidati governatori, star delle preferenze. Tutti convinti che sia importante “stare sul pezzo”, anche se il pezzo è la fuga di un orso in Trentino (il famigerato Orso 49, che a leggere certi commenti sembra Bin Laden) o la natura sovversiva di una canzone di quasi cinquant’anni fa (“Imagine”, finita per motivi misteriosi al centro della contesa sovranista).
Non si sprecherà tempo nel commento a sfondo morale. I tempi sono quel che sono, la battaglia culturale ne risente. Piacerebbe a tutti una destra capace di dividersi dalla sinistra su questioni “alte”, la crisi delle democrazie del compromesso o il vecchio diritto al revisionismo che sfocia in cancel culture, ma dobbiamo tenerci quel che c’è. Ossia, in ordine alfabetico:
Andrea Bocelli – Dopo Povia e Rita Pavone, ecco la nuova star canora sovranista. Quella che che non ti aspetti. Essendo cieco, miliardario e avendo cantato a Central Park, era sospettabile di radicalshicchismo. E invece ieri è stato l’ospite d’onore del convegno al Senato organizzato da Vittorio Sgarbi e dal leghista Armando Siri per avvisare il Paese che «Il covid non c’è più» (Sgarbi, testuale). Al convegno è andato anche Matteo Salvini, che all’ingresso ha rifiutato di mettersi la mascherina («Non ce l’ho e non la indosso»), solennizzando così il tema dell’incontro.
Bocelli, in realtà, il Coronavirus lo ha pure preso ma dice che non è così grave, che tra i suoi conoscenti non ce n’è uno finito in ospedale. Testimonianza importante per supportare la tesi degli altri intervenuti: è ora di tornare alla normalità senza amuchina, distanziamento, chiusure, regole, e soprattutto bisogna finirla col “terrorismo mediatico” dei bollettini sul contagio. Occhio non vede, cuore non duole.
Chiara Ferragni – Qui la kulturkampf ha le solide basi della scelta per contrarietà. Sui social lo storico dell’arte Tomaso Montanari sbotta contro la sovrapposizione tra l’immagine dell’influencer e la Venere di Botticelli, e il resto viene da sé. Montanari è da anni nella kill list dei fan di Salvini, estrema sinistra militante (qualsiasi cosa significhi), uno che ha rifiutato di fare il ministro nel primo governo Conte per non sedersi allo stesso tavolo del Capitano.
Stare con la Ferragni è quindi obbligatorio anche se a prima vista il mondo di Blonde Salade risulta piuttosto agli antipodi del Pantheon conservatore al quale attinge il sovranismo. Ma si dovrà considerare pure che la signora è moglie di Fedez, l’autore di “Comunisti col Rolex”, indimenticato inno alla rifondazione di Lotta Continua tramite Gianluca Vacchi. Forse tutto torna, forse no: il bello delle nostre battaglie culturali è la liquidità delle weltanshauung di riferimento.
Imagine – Si era contro o a favore della guerra del Vietnam? Nessuno se lo ricorda più. Nei cineforum della destra “Il Cacciatore” era un classico e a memoria direi che fosse piuttosto No-War. Però, dieci anni prima, la stessa destra applaudiva “Berretti Verdi”, decisamente Pro-War, quindi ecco: la condanna di Imagine, la hit antimilitarista del secolo, da parte della candidata governatrice Susanna Ceccardi e di Giorgia Meloni ha un suo fondamento storico e ideologico.
Anche John Wayne l’avrebbe giudicata una canzone comunista, con quel blabla sul mondo “senza nulla per cui uccidere o morire”, quindi lo è senz’altro. Il dibattito vi sembra stantio, tipo discutere il testo della “Leggenda del Piave”? In un paese di vecchi si parla solo di roba vecchia, nessuno conosce le canzoni comuniste che magari stanno circolando oggi, ce ne occuperemo fra trent’anni, ammesso e non concesso che Albano e Romina ne facciano una cover per RaiUno.
Orso49 – È la più recente e controversa delle battaglie culturali dell’estate, appassiona i social da ventiquattr’ore: da quando, cioè, l’orso trentino è evaso per l’ennesima volta scavando un buco sotto il recinto in cui la Provincia autonoma l’aveva rinchiuso. Il sovranismo tendenza Lega è senz’altro per la ri-cattura e la ri-condanna all’ergastolo. Il sovranismo tendenza Fratelli d’Italia ha tentazioni garantiste, che tuttavia reprime temendo la sovrapposizione col fronte anarco-libertario che predica il diritto all’autodeterminazione degli orsi.
Si comincia a liberare le bestie e si finisce con l’abolire le carceri: questo il retropensiero che blocca il mondo Law and Order. Ne potrebbe uscire fuori un magnifico dibattito etologico sulla gestione dell’istinto, si potrebbe citare Konrad Lorenz, il rapporto tra urbanizzazione e territorio, tutta roba che affascinò la destra anni ’70. La kulturkampf del Terzo Millennio ha riferimenti più modesti: è cattivo quest’orso o no? Ruba troppe pannocchie? Le pannocchie saranno equamente indennizzate? E soprattutto: se mi sbuca sul sentiero posso sparargli?
Mi rendo conto che bisognerebbe aggiungere altre voci, quattro step sono pochi (si è saltato il caso Montanelli, il caso Cuccarini, il caso George Floyd) e il gioco dovrebbe proseguire. Ma l’estate è appena cominciata. E le campagne elettorali pure. Ci sarà occasione per completare il dizionario minimo delle cose su cui litigammo nella lunga pausa tra l’emergenza covid e l’emergenza dopo-covid, quella che comincerà a settembre e ci farà tutti più attenti alle buste paga piuttosto che alle canzoni, agli orsi, alle esperienze virologiche di Bocelli & co.