Venticinque miliardi per il decreto Cura Italia, 55 miliardi per il decreto rilancio e altri 20 miliardi in arrivo con quello d’agosto. O forse più. Il debito sottoscritto dal governo per rispondere alla crisi Covid-19 si appresta così a raggiungere quota 100 miliardi, ma potrebbe andare anche oltre. Tre manovre, senza contare il decreto liquidità, per mettere una toppa dopo l’altra allo Stato d’emergenza economico creato dal virus in sei mesi, in attesa che Palazzo Chigi tiri finalmente fuori dal cilindro un vero piano di ripartenza per ottenere i fondi europei.
Il consiglio dei ministri questa settimana potrebbe approvare il nuovo scostamento di bilancio per poi arrivare al voto in Parlamento in quella successiva. In modo da approvare la nuova manovra, attesa inizialmente per luglio, nella prima settimana. E comunque prima della scadenza del blocco dei licenziamenti fissata per il 17 agosto. Anche per evitare che i 60 giorni necessari per la conversione in legge si sovrappongano troppo alla pausa estiva dell’attività parlamentare.
Un incastro sui tempi con un provvedimento composto ancora una volta di misure emergenziali per planare sull’estate e tenere duro fino al tanto temuto autunno. Anzitutto va rifinanziata la cassa integrazione. Molto dipenderà dai numeri della cassa di maggio. Se saranno più bassi del previsto, la cig si potrebbe rifinanziare per tutti i settori. Altrimenti, come previsto, sarà destinata solo ai settori più colpiti. In ogni caso, per le imprese che hanno già sfruttato tutte le 18 settimane offerte finora e sono agli sgoccioli, il decreto d’agosto dovrebbe autorizzare la cassa retroattivamente a partire dal 15 luglio.
Resta il tema della proroga del divieto di licenziamento, chiesto a gran voce dai sindacati ma che da Confindustria vedono con il fuoco negli occhi. Il blocco scade il 17 agosto. Dal giorno dopo le imprese in teoria sono libere di lasciare a casa i lavoratori. E il timore è quello di una bomba sociale in piena estate. Il governo potrebbe prorogarlo, ma con una logica selettiva. Le imprese che ricevono nuova cassa integrazione non potranno licenziare. Ma potranno farlo invece quelle che cessano l’attività, dichiarano fallimento o nel caso di un accordo sindacale.
Unica novità potrebbe essere lo schema degli incentivi contributivi alle imprese che decideranno di non licenziare il lavoratore e rinunciare alla cassa integrazione. Un sistema al quale starebbe lavorando il presidente dell’Inps Pasquale Tridico su richiesta del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Sul tavolo torna anche la questione dei contratti a termine, con la possibilità di prorogarli senza causale fino a dicembre, per poi affrontare il tema della modifica del decreto dignità strutturalmente nella legge di bilancio. Dovrebbero poi essere rifinanziati per altre mensilità anche il bonus da 600, il Reddito d’emergenza, l’indennità di disoccupazione Naspi, il bonus per gli stagionali del turismo e i contributi a fondo perduto per le imprese.
Nel decreto ci saranno poi gli aiuti agli enti locali. Che i 3 miliardi stanziati nel decreto rilancio per compensare le mancate entrate da tasse e servizi non sarebbe bastati, i sindaci lo avevano già detto al ministro Gualtieri. E infatti ad agosto arriverà nuova benzina per Comuni e Regioni. Per evitare di non poter garantire i servizi essenziali, servirebbero almeno altri 3 miliardi.
Stessa cosa per il settore automotive, insorto per la carenza di aiuti al settore nel decreto rilancio. Con il decreto di agosto dovrebbero arrivare nuovi incentivi all’acquisto dei veicoli per smuovere il mercato e compensare le mancate vendite soprattutto nei mesi di lockdown.
Al Tesoro sono arrivate richieste di nuove misure da inserire nel decreto da diversi ministeri. Tutti hanno bisogno di soldi, ma il rischio è di far lievitare le cifre. I tecnici sperano di non andare oltre i 20 miliardi di risorse, ma il rischio c’è. E in queste ore si cercano di far quadrare i conti.
Lo sforamento di 100 miliardi dei saldi fissati nell’era pre-Covid è già un traguardo notevole. L’Europa ha autorizzato gli scostamenti precedenti e farà lo stesso anche per questo decreto. Ma bisognerà riconquistarsi la credibilità dei mercati.
È anche per questo che l’Italia ha lottato così tanto nel vertice europeo sulle dimensioni della fetta di finanziamenti a fondo perduto del Recovery Fund. I prestiti, incluso il Mes, seppure a tassi convenienti, andranno comunque restituiti. Nei prossimi anni, ci sarà da rimettere a posto il rapporto tra debito pubblico e Pil, che quest’anno è previsto oltre il 160%. Un percorso lungo e tortuoso che il governo ha già indicato nel Piano nazionale di riforma come progetto decennale. Con gli occhi di Bruxelles puntati sui nostri conti.