Sull’etimo di Ferragosto e le origini pagane della relativa festività, originariamente celebrata il primo di questo mese, sono stati versati i proverbiali fiumi d’inchiostro. Ma, al di là dei ripetuti richiami alle feriae Augusti o ai Nemoralia in onore di Diana, la parola evoca immediatamente, anche in tempi di Covid, l’idea del giorno di vacanza estiva per antonomasia da trascorrere in spiaggia o in gita.
Ma per i cattolici il 15 agosto è il giorno in cui si celebra l’assunzione di Maria in anima e corpo alla gloria celeste. Quella che la tradizione orientale conosce e venera col nome di κοίμησις o dormizione.
Si tratta di una festa dal contenuto affascinante, volta originariamente a commemorare, al pari di quanto avveniva sin dai primi secoli coi martiri e poi coi santi in genere, il dies natalis di Maria, ossia il giorno della nascita alla vita eterna.
A veicolare l’idea che la fine della donna di Nazareth fosse stata diversa da quella di tutti gli altri furono soprattutto diversi apocrifi, solitamente indicati col nome di assunzionistici, che, collocabili tra il IV e il VI secolo ed estremamente diffusi per la paternità apostolica o subapostolica attribuiti ad alcuni di essi (si pensi, soprattutto, al Transitus Sanctae Mariae sotto il nome di Melitone di Sardi), riportavano la credenza dell’assunzione attraverso il dato dell’incorruzione del corpo di Maria nel sepolcro e del successivo trasporto angelico in paradiso sotto l’albero della vita.
Al di là dei termini utilizzati, che avrebbero portato a un’accesa disputa nel secolo scorso tra mortalisti (sostenitori della morte e della successiva assunzione) e immortalisti (sostenitori dell’assunzione senza previa morte), i padri orientali da Timoteo di Gerusalemme a Germano di Costantinopoli furono unanimi nell’affermare che Maria gode già della vita eterna anche nel corpo come il figlio Gesù: ella si differenzia così da tutti gli uomini e le donne, anticipandone e prefigurandone la sorte di risurrezione finale nella carne.
In Occidente, dove una prima attestazione favorevole la si ritrova in Gregorio di Tours (IV secolo), la credenza assunzionistica conobbe, soprattutto nel primo millennio, alterne fortune in particolare in seguito alla messa al bando come apocrifo – da parte del cosiddetto Decreto gelasiano – del libro conosciuto sotto il nome di Transito di Santa Maria.
Se ciò non influì sugli sviluppi liturgici della festa della Dormizione di Maria al 15 agosto, che fu introdotta a Roma da Papa Sergio I (687-701) mutuandola dagli usi gerosolimitani e bizantini, ritardò e bloccò quelli dottrinari.
Un caso esemplificativo di ciò può trovarsi in Ambrogio Autperto (seconda metà dell’VIII secolo), il cui sermone per la festa del 15 agosto recepì il titolo invalso di “Assunzione”.
L’abate amico di Carlo Magno lo svuotò però di qualsiasi riferimento al dato corporeo e ne ridusse la celebrazione a una generica commemorazione del giorno natale di Maria. Non perché volesse negare a prescindere l’assunzione corporea, ma perché non vi trovò nessun fondamento solido nelle Scritture e nella tradizione latina.
Per Autperto tali dati, uniti all’inaccettabilità degli apocrifi e alla fallace argomentazione dell’introvabilità del corpo di Maria, dovevano piuttosto condurre a un atteggiamento agnostico sulle modalità della sua condizione paradisiaca.
La posizione autpertiana sarebbe stata raccolta e radicalizzata nel IX secolo dalla Cogitis me di Pascasio Radberto, che entrata nella liturgia, sotto il nome di san Girolamo, avrebbe bloccato i progressi di fede nell’Assunzione sino all’inizio del periodo seguente.
Quando, cioè, un altro testo pseudoepigrafico, questa volta sotto il nome di sant’Agostino, avrebbe finito per eclissare quello di Radberto/Girolamo.
Con lo Pseudo-Agostino assistiamo all’avanzata senza ostacoli della dottrina assunzionistica e arriviamo fino al ‘900, quando esso fu oggetto dei particolari studi di Giovanni Quadrio e di una celebre disputa nel 1946 alla Gregoriana, cui partecipò anche l’allora sostituto alla Segreteria di Stato, Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI.
Quattro anni dopo, il primo novembre 1950, Pio XII con la Costituzione apostolica Munificentissimus Deus avrebbe proclamato dogma di fede l’assunzione do Maria «alla gloria celeste in anima e corpo».
Emma Fattorini, ordinaria di Storia contemporanea presso l’Università Sapienza di Roma, che sta studiando le carte degli archivi vaticani relativi al pontificato pacelliano (1939-1958), spiega a Linkiesta come «il dogma dell’Assunzione abbia un carattere di ambivalenza per la figura femminile. M’impressiona sempre ripensare a quel che scrisse Carl Gustav Jung, per il quale la definizione dell’Assunzione è stato “l’evento più rilevante della storia del cristianesimo dai tempi della Riforma”. L’assunzione significava che per la prima volta una donna era stata assunta al cielo e che, dunque, secondo Jung, si era effettuata un’estensione simbolica della Trinità aperta finalmente alla dimensione femminile. Parliamo dunque di un significato potentissimo non solo sul piano simbolico, come voleva il celebre psicanalista, ma anche teologico. Sappiamo infatti che gli assunzionisti, come d’altra parte tutti i sostenitori di definizioni dogmatiche concernenti Maria, non ebbero vita facile, perché la paura persistente è stata sempre quella che Maria, appunto una donna, potesse oscurare il ruolo di Cristo o essergli equiparata. D’altra parte sin dal Concilio di Efeso, che ha definito la maternità divina, tutta la riflessione magisteriale e teologica è stata sempre sul rapporto tra Maria e colui che, come ricorda Paolo, è il “nato da donna”. Ora, essendo Cristo l’unico a essere stato assunto al cielo nel suo corpo, il ritenere che lo stesso fosse accaduto a Maria era guardato da alcuni con preoccupazione. Parliamo dunque di un’icona e simbolo della forza femminile: la definizione dell’Assunzione ha costituito davvero uno spartiacque».
Secondo l’accademica d’origine ravennate «Pio XII, proclamando dunque un tale dogma ha dato prova di essere un Papa di frontiera, tutt’altro che regressivo. È chiaro che Pacelli con la definizione del ’50, con l’Anno Mariano del ’54, i numerosi radiomessaggi mariani e la promozione dell’iniziativa delle Madonne Pellegrine, per citare solo alcuni dei casi più significativi, abbia puntato anche a recuperare le donne al consenso. La Madonna diventa nuovamente con lui un modello che dà potenza e riconoscimento – come lo è sempre stata la figura di Maria – e che superava anche l’uomo. Superava, in un certo qual senso, anche il piano dell’uguaglianza e affermava dunque una visione di differenza potenzialmente più ricca e più forte. Motivo per cui Maria è stata usata anche dal primo femminismo come figura tutt’altro che regressiva. Ma, d’altra parte, questa potenza veniva spesso capovolta in un’ottica conservatrice, in ruolo e funzione di consenso al modello tradizionale di sposa e madre. Ambivalenza di un modello, che non è venuta meno ai nostri giorni, sia pur trasformandosi e assumendo successivamente nuove forme».