La decadenza del Barça e di BarcellonaNemmeno Messi vuole restare accanto a Bartomeu, lo Zingaretti della Catalogna

La decisione del campione argentino, che potrebbe abbandonare i blaugrana gratis grazie a una clausola scritta nel suo contratto, è l’emblema della decadenza di una città in difficoltà economiche e con problemi di criminalità che ora vede vacillare anche il suo primato calcistico

Josep LAGO / AFP

Ci sono solo due persone in questo momento che non possono mettere più piede in Catalogna. Carles Puigdemont, l’ex presidente latitante, rifugiato a Waterloo (Belgio) dopo aver dichiarato una finta indipendenza durata meno di 5 minuti. E poi Josep Maria Bartomeu, il presidente del Barça, che ieri si è sentito come se fosse a Waterloo, ma non in compagnia del leader nazionalista, bensì con Napoleone nel 1815. Purtroppo, non esiste un’isola Sant’Elena sulla quale possa nascondersi l’uomo più odiato della Catalogna.

 

Da madridista, devo dire che Bartomeu è un grande. Un mito. Uno con la faccia tosta. Due settimane fa, dopo la sconfitta storica 2-8 contro il Bayern, Bartomeu ha promesso su Barça TV che Lionel Messi avrebbe giocato in blaugrana fino alla fine della sua carriera. Poco dopo ha riconosciuto che non aveva nemmeno parlato con lui dopo la partita contro i tedeschi. Ieri, un martedì d’agosto, in modo completamente inaspettato, ha ricevuto una raccomandata dall’avvocato di Messi col dito medio alzato.

Vent’anni d’amore fra il Barça e Leo Messi, vent’anni di titoli, vent’anni insieme, vent’anni di dribbling impossibili, vent’anni in cui la pulce e la squadra catalana hanno reinventato il calcio si sono chiusi così, con una raccomandata con ricevuta di ritorno. Un divorzio degno dei migliori matrimoni di vecchi ricchi. 

Questa notizia cambierà la storia del calcio e del Barça. Lo sapete già. Ma, dal punto di vista sociale e morale, è peggio di una pandemia per una Catalogna già nei guai da un po’ di tempo. La partenza di Leo è il segno della decadenza di quella che una volta fu la regione più importante della Spagna.  

E tutto per colpa di Bartomeu, detto anche “Nobita”, l’amico di Doraemon, cartone animato giapponese che racconta  le avventure di un gatto magico. Uno che, appunto, non è mai stato preso sul serio. Sembrava un presidente di passaggio, uno che doveva solo guidare la barca fino al prossimo porto. Proprio come Puigdemont. Proprio come Zingaretti. Ma la storia non chiama al citofono prima di salire. E coglie di sorpresa gli uomini mediocri mentre sono ancora in mutande in mezzo al salotto.

Bartomeu, come Puigdemont, come Zingaretti, è stato votato. Da 25.000 socios, un bel 54%. La democrazia attraversa tempi bui non solo in politica, anche nel calcio. Ieri tutti i tifosi infuriati lo insultavano sui social, ma chi è causa del suo mal pianga a se stesso. 

Bartomeu, come Puigdemont, come Zingaretti, ha cambiato la tradizione delle loro rispettive barche. Il Barcellona ha sempre cercato i suoi gioielli in casa, cogliendo dalla Masia, il fertile vivaio di altri tempi, oramai secco come la terra bruciata dal napalm. Il nazionalismo catalano aveva sempre cercato accordi col governo centrale: sviluppo economico, competenze trasferite e un massimo dell’autogestione. Così come il socialismo riformista italiano aveva cercato di non allontanarsi dal ceto medio, la moderazione e la democrazia rappresentativa. Les bon vieux temps… 

Invece, piano piano, sotto sotto, con delle personalità un po’ spente, per nulla “flamboyants”, questi tre personaggi incapaci di tenere un bel discorso sono riusciti a cambiare rotta, a zittire l’opposizione interna e confondere i loro principi con quelli delle storiche sigle che rappresentano. La fine del “fuorilegge” Puigdemont è conosciuta. Bartomeu può cominciare a correre perché anche i suoi nipoti nasconderanno il cognome. E Zingaretti… mah, vediamo che succede a settembre.  

La decadenza della Catalogna non era un’iperbole giornalistica. Evidentemente, la partenza di Messi non ha niente a che vedere con questo, ma a volte i successi si sovrappongono senza una ragione specifica, e tingono una percezione di un colore omogeneo. Un colore che in Catalogna sarebbe il nero.  

Lo scorso anno, la regione di Madrid è diventata la più ricca del paese, superando proprio la Catalogna. Poche settimane fa, Nissan ha annunciato la data della chiusura della sua fabbrica a Barcellona, una decisione che costerà il posto di lavoro a migliaia di persone. Il turismo, una delle forze economiche delle 4 province catalane, è in una situazione critica a causa della pandemia. Insomma, in Catalogna le cose non vanno bene. 

La deriva populista e indipendentista del nazionalismo moderato ha fatto affondare la stabilità di quello che era stato il motore industriale spagnolo. Il leader storico di quella destra catalana, Jordi Pujol, è sotto processo, assieme a moglie e sette figli, come capo di una “organizzazione criminale” che si sarebbe arricchita durante i 23 anni in cui il capofamiglia è stato presidente della Catalogna.

La criminalità a Barcellona è al massimo dal 1984. Quando si cammina per le Ramblas bisogna tenersi stretto il portafoglio. E forse a breve la città catalana sarà il teatro del furto del secolo: chi riuscirà a portar via messi Messi senza spendere un euro grazie alla clausola sul contratto dell’attaccante argentino che gli permette di liberarsi alla fine di ogni stagione fa un colpo degno della banda di Danny Ocean. Un Ocean’s 10, come la maglia di Messi. Altro che treno di Glasgow. 

Lo scrittore Manolo Vázquez Montalbán aveva definito il Barcellona come l’esercito disarmato della Catalogna. Immaginate come si sentono le truppe ora che hanno perso il loro generale. 

Invece voi non avete idea di quello che provo io, madridista, a scrivere questo pezzo. Mi sento un democratico russo che vive la fine di Vladimir Putin. Un giornalista della CNN che racconta in diretta l’addio di Donald Trump. Vedremo se il Barça riuscirà a giocare in 11 umani e non in 10 più un extraterrestre.

E devo ringraziare Bartomeu per la sua disastrosa gestione. Che il Real Madrid riuscisse a vincere 3 Champions League di fila con Messi al Barcellona era difficile da prevedere. Lasciarsi scappare Neymar, ormai il miglior giocatore al mondo, non era così semplice. E soprattutto, spendere 145 milioni di euro per Dembelé, 150 per Coutinho (autore di due reti in quel 2-8 che ha cambiato tutto; due per il Bayern, caso mai non siate molto legati all’attualità calcistica) e 120 per Griezmann, senza che nessuno dei tre sia titolare è un miracolo difficilmente raggiungibile. Possiamo anche aggiungere i 41 spesi per Malcolm, 36 per Turan e 30 per Paco Alcácer. Più o meno 522 milioni buttati nel cesso. 

Quando un uomo mediocre si ritrova al potere, ha due opzioni: essere consapevole dei suoi limiti o far finta di niente e anzi comportarsi come un uomo fuori dal comune. Esattamente quello che ha fatto Bartomeu: ieri aveva un bel problema ma tante opzioni per rispondere. Sapete come ha replicato alla raccomandata di Messi? Con un’altra raccomandata.

Mi raccomando. Bartomeu presidente a vita. 

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