Biden, DespacitoAumentano i problemi per i Democratici, mentre Trump compra sempre più cinese

A meno di due mesi dalle elezioni i dem sembrano penalizzati dalla impossibilità di fare campagna elettorale dal vivo, ma sono molto avanti tra gli elettori ispanici. Il Presidente invece è in difficoltà in Iowa, e sconta le contraddizioni della sua doppia veste: malgrado la politica molto dura contro Pechino le sue imprese importano tonnellate di prodotti cinesi

JIM WATSON / AFP

Biden, Despacito

Se si avrà voglia, prima dell’incoronazione di Donald Trump e della nomina a viceré di Ivanka Trump – può succedere, e in vari modi – di capire i motivi della sconfitta di Joe Biden, si penserà a quanto ha dato per scontati gli elettori ispanici o Latinx, o cittadini di origine latinoamericana. Biden ha partecipato a un solo evento dedicato a loro. È andato al microfono davanti a una platea portoricana, ha tirato fuori il telefono e ha messo la canzone reggaeton Despacito tentando di muoversi a ritmo. L’iniziativa è stata considerata paternalista, un pochino razzista, soprattutto uno dei suoi più classici momenti imbarazzanti, o cringe. Ora Biden viene accusato di ignorare i latini, di dare per scontati gli afroamericani, di occuparsi solo dei bianchi che votavano Obama e hanno votato Trump nel Midwest. E poi Despacito vuol dire “lentamente”, e il soprannome con cui lo chiama Trump è “Sleepy Joe”, Joe dormiglione. Che è oltre il 60 per cento – meno di precedenti candidati democratici – tra gli elettori ispanici. Che sono il 31 per cento in Arizona e il 24 per cento in Florida, dove Biden deve vincere; il 38 per cento in Texas, dove vincerebbe se andassero tutti a votare, e il 29 per cento nel Nevada.

Introversi per Biden 

Altri problemi per i democratici vengono segnalati negli “swing states”, stati in bilico dove i trumpiani fanno campagna elettorale come sempre, suonando alle porte e organizzando comizi; e i democratici attenti al Covid la fanno per telefono, online e su Zoom. «È super easy, è la campagna ideale per noi introversi», hanno detto due giovani attivisti in Michigan a una perplessa giornalista della rete MSNBC. E pure sulla MSNBC, che è il corrispettivo liberal di Fox News, insistono sulla necessità di iniziative che facciano sentire coinvolti gli elettori (il pubblico della rete è il più impanicato d’America, e lo sarà fino a novembre).

Biden e il Socialista

Il candidato democratico non fa poi molto per attrarre gli elettori di sinistra, anzi. Intervistato da una radio della Fox in Wisconsin, alla domanda sugli elettori “preoccupati per il socialismo e l’aumento delle tasse”, ha pensato di fare il ganzo prendendosela con Bernie Sanders, il terzo democratico più popolare d’America (dopo Barack Obama e Jimmu Carter, prima di Biden): «Ho battuto il socialista», si è vantato. «È cosi che mi hanno eletto». I fans del socialista non sono contenti. L’ex vicepresidente della campagna di Sanders, il deputato Ro Khanna, ha rilasciato una meravigliosa dichiarazione passivo-aggressiva in cui ricorda come Bernie abbia vinto «nel mio collegio, nel cuore della Silicon Valley», che vuol dire giovani élites, minoranze di successo, e tanti tanti dollari in contributi elettorali.

Guerra dei sessi in Iowa

Trump e Biden sono alla pari in Iowa, e non era previsto. Nel 2016 Trump aveva vinto di 9 punti percentuali su Hillary Clinton. Ora vince di 21 punti, ma solo tra gli elettori maschi. Tra le donne, vince Biden di 20 punti, e una spaccatura così tra i sessi non si era mai vista. I due ora sono appaiati, 47 a 47. Sono 47 a 47 anche in Georgia, dove per la verità Hillary, a settembre, era avanti.

Florida Men

Il governatore della Florida Ron DeSantis, rumoroso politico anti-élites proveniente dalla Harvard Law School, ha annunciato una nuova legge sulle manifestazioni degna dello stato libero di Bananas. Criminalizza gli assembramenti dalle sette persone in su, si rischiano condanne fino a cinque anni se qualcuno diventa violento, danneggia proprietà, organizza blocchi stradali o picchetta politici al ristorante. La sentenza minima sarebbe di sei mesi, manifestare in Florida venendo da un altro stato sarebbe un’aggravante. La legge è stata solo annunciata, non potrebbe venire approvata prima di marzo, è stata subito attaccata come fascista, l’annuncio è pensato per impaurire; DeSantis è trumpianissimo, e Trump, ora residente a Palm Beach e Florida Man più discutibile di sempre, ha detto che qualunque dimostrazione nei giorni dopo le elezioni deve essere considerata «insurrezione».

Trump il cinese

Secondo una ricostruzione della Cnn, le imprese di Trump hanno importato di recente circa otto tonnellate di prodotti cinesi. Al netto delle sfuriate, delle accuse sulla pandemia, degli ordini esecutivi alle agenzie federali di «comprare americano» (gli acquisti consistono in sei tonnellate di tavoli per il Trump Hotel di New York e due tonnellate di armadietti per il Trump Golf Club di Los Angeles; la Cnn fa presente che Trump ha twittato contro «l’incompetenza dei cinesi» e li ha accusati di «omicidi globali di massa» due giorni dopo la consegna degli armadietti.

L’Arizona Republic

L’Arizona Republic è il quotidiano di Phoenix. Ieri apriva con l’endorsement non a sorpresa di Cindy, vedova di John McCain, per Biden. Con una foto bellissima (cercatela): lei, uber-bionda suburbana vestita di blu, guarda l’obiettivo decisa, appoggiata a una sedia blu da regista col nome del marito, circondata da sedie da giardino blu. I messaggi sono molti, il blu, colore dei democratici, è il più evidente (tra l’altro: John McCain-nipotino, ultimo di una lunga serie di John McCain, è un bambino mezzo afroamericano, figlio del figlio Jack e di sua moglie, conosciuta nell’aeronautica).

Il simpatico Cruz

Ted Cruz, l’uomo che al Senato tutti detestano (l’unica sua amica pare sia la senatrice centrista bisessuale dell’Arizona Kyrsten Sinema) ha trovato un nuovo motivo per non farsi amare. Ha bloccato una risoluzione del Senato che commemorava la giudice della Corte Suprema Ruth Bader Ginsburg, trovando problematico il linguaggio di parte (non ci sono prese di posizione di Sinema).

Dubbi su Feinstein

Come se non avessero abbastanza problemi, i democratici del Senato ora sono preoccupati per una loro esponente più vecchia di Biden, Dianne Feinstein. La leggendaria senatrice di San Francisco, che giurò da sindaco nel 1978 subito dopo l’assassinio di George Moscone e Harvey Milk, è il membro anziano della commissione Giustizia e ha 87 anni. Dovrebbe coordinare la battaglia per boicottare la conferma della giudice che Trump sta per nominare alla Corte Suprema; Politico ha intervistato una dozzina di suoi colleghi, perplessi perché «Feinstein a volte è confusa dalle domande dei giornalisti, o dà risposte che non c’entrano con le domande». Ma soprattutto, «il suo comportamento da gentildonna, che sembra appartenere a un’epoca passata al Senato, può portare guai».

Eugenio Trump

Secondo l’ultimo non sorprendente scoop del Washington Post, Trump sosteneva in privato che i neri devono biasimare solo se stessi se non fanno progressi, che gli ebrei «lavorano solo per se stessi», e che «non riusciva a capire» perché la First Lady voleva andare in Africa (il presidente ha annunciato nuovi sforzi per promuovere un’”educazione patriottica”, attaccando molto i programmi antirazzisti; oggi è un altro giorno, e dirà altre cose).

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