Small dataIl governo non sa quanti percettori del reddito di cittadinanza hanno trovato lavoro grazie ai navigator

A un anno dall’avvio della fase due, non si conosce l’impatto reale del sussidio sull’occupazione. Dei 196.046 contratti sottoscritti dai beneficiari, non si quanti siano stati creati dai centri per l’impiego e dagli assistenti voluti dal professor Mimmo Parisi. «A oggi non sono presenti open data», rispondono dal ministero di Nunzia Catalfo

(Foto: Linkiesta)

La “fase due” del reddito di cittadinanza ha appena compiuto un anno. Tra i ritardi, i quasi 3mila navigator da formare e gli annunci della app rivoluzionaria (mai arrivata), il 2 settembre di un anno fa partivano le prime convocazioni dei beneficiari nei centri per l’impiego per la firma dei famosi “patti per il lavoro”. Ovvero gli strumenti che avrebbero dovuto aiutarli a trovare un’occupazione. Quello che è successo in questi 365 giorni e quale impatto abbia avuto sul mercato del lavoro l’assunzione dei navigator nei vecchi uffici di collocamento, però, è difficile dirlo. Perché manca del tutto un sistema trasparente di raccolta dei dati. Lo confermano anche dal ministero del Lavoro: «A oggi non sono presenti open data sull’andamento della fase 2 del reddito di cittadinanza».

La risposta suona quantomeno insolita, considerando che a gestire il reddito di cittadinanza è stato chiamato in Italia dal Mississippi il professore Mimmo Parisi, docente di Demografia e Statistica ed esperto di Big Data, che con l’incrocio dei dati di domanda e offerta di lavoro prometteva di rivoluzionare il mondo delle politiche attive. Anche perché la stessa legge istitutiva del reddito del 2019 all’articolo 10 affida al ministero del Lavoro il compito di monitorare l’attuazione del sussidio, con l’istituzione del “Sistema informativo del Reddito di cittadinanza”.

Il 1 settembre l’Anpal, l’Agenzia nazionale delle politiche attive guidata da Parisi, ha diffuso un comunicato in cui si dice che su 1.048.610 percettori del reddito ritenuti “idonei al lavoro” (su un totale di 2,2 milioni beneficiari), quelli che hanno trovato un’occupazione sono 196.046. Di questi, fanno sapere dal ministero del Lavoro, quelli ancora attivi (al 7 luglio) sono 100.779. Poco più della metà dei contratti firmati. E circa il 9,6% degli idonei. Percentuali non proprio encomiabili.

Anche perché, oltre quella cifra, non viene indicato se i percettori del reddito abbiano trovato un lavoro grazie ai patti sottoscritti nei centri per l’impiego e all’aiuto dei navigator, o se il lavoro se lo siano trovati da soli. I dati di Anpal, incaricata di tenere le redini della fase due, si fermano qui.

Già a luglio, in audizione alla Camera, Mimmo Parisi aveva dato annuncio dei 196mila posti di lavoro creati per i percettori del reddito. Subito era arrivato il tweet di giubilo del Cinque Stelle Claudio Cominardi, ex sottosegretario al ministero del Lavoro che fu di Luigi Di Maio, principale sponsor di Parisi in Italia. Nessun plauso, invece, dal ministero del Lavoro di Nunzia Catalfo, ormai di fatto separato in casa con Anpal.

Ma quando si chiedono maggiori dettagli su chi ha trovato quesi 196mila posti di lavoro, se i navigator o i beneficiari da soli, si gioca al rimpallo. Da Anpal dicono di rivolgersi al ministero del Lavoro: «I dati sono del ministero e si basano sulle comunicazioni obbligatorie, non sono i nostri». Dal ministero, rimandano ad Anpal e alle Regioni, che gestiscono i centri per l’impiego: «Il dato non è in nostro possesso», rispondono.

L’unica cosa che dal ministero del Lavoro sanno è che «tutti i contratti oggetto di analisi sono stati attivati in data successiva alla data di presentazione della domanda di beneficio del reddito di cittadinanza». Ma quella “data successiva” non significa che abbiano trovato lavoro “grazie” al reddito. Chi cercava lavoro prima di fare domanda ha continuato a farlo anche dopo. E non c’è nessun dato o traccia che dica che i contratti sono stati firmati grazie ai patti per il lavoro.

Nel comunicato del 1 settembre Anpal specifica che «sulla base delle specifiche direttive regionali i navigator hanno direttamente seguito 144.424 piani personalizzati di accompagnamento al lavoro, di cui 17.499 nel mese di luglio». Ma, anche qui, non si quanti di questi piani siano andati a buon fine trasformandosi in posti di lavoro e quanti invece no.

Dal ministero del Lavoro spiegano spiegano che dei 196.046 contratti attivati dopo la presentazione della domanda, 135.540 sono a tempo determinato. Ma non si conosce la durata. Poi ci sono 34.659 a tempo indeterminato, 4.807 contratti di collaborazione, 8.139 di apprendistato e 12.901 con un generico “altro”. Che lascia pensare a stage e tirocini.

Come prevedibile in base alle percentuali di distribuzione dei percettori, il grosso dei contratti di lavoro sottoscritti dopo la presentazione della domanda del reddito è concentrato al Sud. La Campania, con 35.181 contratti, è in testa. A seguire Sicilia (30.182) e Puglia (21.003). Al quarto posto però troviamo la Lombardia (15.469), che supera la Calabria (14.488).

«Di fronte a questi numeri non si può negare che il reddito di cittadinanza abbia avuto un impatto positivo, anche grazie all’intervento diretto dei navigator», ha scritto Mimmo Parisi a un anno dall’avvio della fase due.

Ma il problema è anche che c’è una grossa fetta dei beneficiari ritenuti “idonei al lavoro” che è scomparsa completamente dai radar di Anpal e dei centri per l’impiego. Su un bacino di oltre 1 milione di idonei, i beneficiari che hanno sottoscritto il patto per il lavoro sono in totale 388.357 su 775.282 convocati, ovvero la metà. «I navigator stanno svolgendo le convocazioni e i colloqui per la presa in carico dei rimanenti 273.328 beneficiari», specificano da Anpal. Complice anche il blocco delle condizionalità legate al reddito di cittadinanza causa Covid, il dato di fatto è che, un anno dopo, mancano all’appello oltre 660mila percettori ritenuti idonei al lavoro, che non hanno ancora sottoscritto un patto nei centri per l’impiego. Il 63 per cento. Che fine hanno fatto? Non è dato saperlo.

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