La Chiesa e il presente“Fratelli tutti” di Papa Bergoglio è un testo politico

L’enciclica resterà una tappa cruciale del pontificato, ma non avrà effetti dirompenti a breve termine. Nikita Krusciov e John Fitzgerald Kennedy ascoltarono Giovanni XXIII nel 1962. Faranno lo stesso Hassan Rouani, Benjamin Netanyahu e Kim Jong-Un?

Filippo MONTEFORTE / AFP

Come non essere d’accordo con l’enciclica “Fratelli tutti” diffusa nel giorno di San Francesco dal primo Pontefice che ne porta il nome? Da cattolico “adulto” e adeguatamente preparato dallo studio delle principali lettere papali di questo e dei due secoli precedenti, resto ammirato dalla sterminata visione teologica di Francesco e dal respiro universale che gli consentono di parlare ai credenti di tutte le fedi e anche agli agnostici di ogni cultura, evitando ogni argomento divisivo e non addentrandosi troppo nella dimensione escatologica che pure in un’enciclica, che non è un documento dell’Onu, non guasterebbe.

Ma, si sa, i Gesuiti non indietreggiano mai davanti alle cose del mondo e Jorge Maria Bergoglio lo è stato come si coglie, teologia a parte, nella stesura più “orizzontale” che “verticale” del testo, che, bisogna ammetterlo, è eminentemente politico. E solo di tale aspetto mi occuperò. L’enciclica non tarderà a scatenare polemiche soprattutto all’interno di larga parte di Paesi nel mondo che spesso vedono i cattolici sostenere regimi non propriamente liberali, democratici nella forma ma meno nella sostanza.

È il caso della cattolicissima Polonia di Andrzey Duda, dell’Ungheria di Victor Orban, della Repubblica di Serbia di Alexandar Vucìc, della Federazione Russa, in cui la Chiesa Ortodossa di Cirillo I supporta e benedice Vladimir Putin, di molti stati del Sud America e massimamente del Brasile di Jair Bolsonaro e perfino degli Stati Uniti, il cui segretario di Stato Mike Pompeo si è dovuto accontentare di incontrare in Vaticano soltanto il proprio omologo, Cardinale Pietro Parolin.

Lo stesso Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, che rappresenta il vertice del più grande scisma del Cattolicesimo nel 1054 e che Papa Bergoglio cita nel testo dichiarandosene debitore per gli spunti relativi alla cura dell’ambiente poi ripresi nell’Enciclica “Laudato si’”, ebbe a definire nel 1994 Radovan Karadzic «uno dei più prominenti figli del Nostro Signore Gesù Cristo che lavorano per la pace» e la popolazione serba come «scelta da Dio per proteggere le frontiere occidentali dell’ortodossia» L’anno successivo ci sarebbe stato il massacro di Srebrenica e nel 2019 Karadzcic è stato condannato in appello dalla Corte Internazionale Penale per l’ex Jugoslavia, la Norimberga del XXI secolo, con sentenza non appellabile per genocidio, crimini di guerra e contro l’Umanità; è recluso all’ Aia, nel carcere di Scheveningen e ci resterà fino alla morte.

Riuscirà “Fratelli tutti” ad alimentare processi di liberazione come quelli che dobbiamo al Magistero di Giovanni Paolo II nei confronti del mondo dell’Urss negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso? Fermo restando il ruolo dello Spirito Santo che, principale responsabile di ogni elezione papale, soffia nei diversi carismi dei Pontefici e ha bisogno “di fare la sua strada” nei cuori delle persone, temo che l’enciclica resterà una tappa cruciale del pontificato ma non avrà effetti dirompenti a breve termine.

Giovanni XXIII ebbe nel 1962 – “Pacem in terris” la scrisse l’anno successivo – un ruolo decisivo nell’evitare il conflitto atomico e, sulla scia delle navi sovietiche che si allontanavano da Cuba con i missili destinati a Fidel Castro, i governi occidentali intrapresero il graduale cammino del disarmo, oggi in una nuova fase di stallo. Nikita Krusciov e John Fitzgerald Kennedy lo ascoltarono nel volgere di pochi giorni. Faranno lo stesso Hassan Rouani, Benjamin Netanyahu e Kim Jong-Un?

Certo moltissimi citeranno l’enciclica, anche senza averla letta, ma avrà le stesse ricadute immediate che ha avuto il messaggio scritto su una lavagnetta da Greta Thunberg?

Mentre la Chiesa Cattolica si lascia alle spalle ogni proprio fondamentalismo e denuncia il rischio delle culture identitarie, ne seguirà l’esempio Ahmad Al-Tayyeb, il 44esimo Grande Imam di al-Azhar e massima autorità spirituale dei musulmani sunniti, che il testo nomina in più occasioni come partner della grande Utopia?

L’enciclica “Fratelli tutti” è stata resa disponibile dalle dodici del 4 ottobre ed è online sul sito, pertanto ogni approfondimento sarà possibile nei prossimi giorni.

Da una prima lettura integrale del testo appaiono evidenti alcuni elementi di grande importanza.

Che Dio «abbia creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti nei doveri, nella dignità e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro» è già stato scritto nella Costituzione Americana più o meno allo stesso modo. Gli autori erano massoni e non avrebbero mai rinunziato a tale fonte nella redazione del documento fondamentale del Nuovo Ordine.

Che il Papa lo ribadisca sotto il manto della Carità, comandamento presente anche nel Corano in posizione centrale, apre certamente all’intensificazione del dialogo ma va ricordato che nel medesimo testo il messaggio di fondo è la conversione degli infedeli con ogni mezzo, inclusa la Jihad che, al pari della Sharia non è mai stata ripudiata nemmeno dagli esponenti più illuminati della cultura islamica.

Fanno sperare atti concreti come il parziale passo indietro fatto nel 1998 degli Ayatollah iraniani in merito al ritiro della taglia di 2,5 milioni di dollari posta sulla testa di Salman Rushdie, pur senza revocare la fatwa che è eterna.

La Chiesa ha più volte chiesto perdono per le Crociate, per il Sant’Uffizio e per le guerre di religione, ha riconosciuto le verità di Galileo e condannato il rogo di Giordano Bruno in Campo dei Fiori di cui ricorre il 420esimo anniversario. Con l’enciclica “Fides et Ratio” del 1998 Giovanni Paolo esordiva con le seguenti parole: «La Fede e la Ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità». E Benedetto XVI in “Caritas in Veritate” del 2009 ha ribadito che la Verità dei cattolici è «rivelata» e non soggetta a interpolazioni di alcun genere né a mediazioni culturali. Non nega la scienza ma con essa dialoga su un piano di pari dignità.

Si apre una nuova strada verso negoziazioni di qualche genere in nome del raggiungimento del Bene Comune? Non mi pare che il Cardinal Bergoglio fosse del medesimo parere circa la Teologia della Liberazione. Tuttavia, potrebbe non essere un male ma l’atteggiamento degli interlocutori sarà improntato alla necessaria reciprocità?

L’invito ad accogliere i migranti riconoscendone il sacrosanto dovere non solo di fuggire da guerre e carestie ma anche quello di migliorare le proprie condizione economiche e di qualità della vita è un grande punto fermo sulle tante polemiche che dividono il mondo al riguardo e mentre è commendevole il diritto di mantenere la propria identità culturale anche nei paesi di arrivo, ciò si estende anche all’accettazione dei diritti fondamentali di ogni cittadino, tra cui massimamente il rispetto della legge laica. Su tale punto si resta abbastanza nel vago ma forse è giusto così.

Ruolo della responsabilità individuale, proprietà privata e impegno per il successo personale sono messi in discussione a vantaggio di una visione egalitaria che difficilmente potrà essere condivisa in un mondo che è progredito non certo grazie «alla benevolenza del fornaio ma al suo legittimo desiderio di ottenere un guadagno». Altra cosa è trovare meccanismi di contenimento dell’avidità umana, riconducendola nell’alveo che trova i propri argini nel brocardo «alterum non laedere», una delle tre regole del Diritto scolpite nella pietra da Eneo Domizio Ulpiano nel terzo secolo dopo Cristo e sui si fonda ancora oggi l’intero edificio della Giustizia.

Fa pensare la citazione da San Gregorio Magno “Quando distribuiamo agli indigenti qualunque cosa non elargiamo roba nostra ma restituiamo loro ciò che ad essi appartiene» poiché, e qui cita Wojtyla, «Dio ha dato la terra a tutto il genere umano perché essa sostenga tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno». Non è esattamente la stessa cosa.

«La tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà ed ha messo in risalto la funzione sociale di ogni forma di proprietà privata». Giusto, anche la Costituzione italiana rintraccia l’utilità sociale di ogni iniziativa economica privata, ma altro è indebolire o scoraggiare la spinta di ogni persona a farsene promotrice ed a goderne dei frutti.

L’invito ad «abbracciare il mondo» mi ha molto colpito, avendone scritto il 3 ottobre a proposito della quinta delle lezioni americane, sulla Molteplicità, di Italo Calvino, citando Edith Stein. Ma, il mondo è disposto a farsi abbracciare? Quante volte i veti incrociati delle Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite hanno bloccato ogni tentativo solo di porgere una mano.

Primato della Politica, essere popolari piuttosto che populisti, diffidare di leader autoritari sono nell’insieme una ben accetta entrata plateale sul terreno dei pericoli che soprattutto in occidente, sono in agguato in modo non tanto nascosto. Il Papa le condanna e le addita come mali da sconfiggere. Noi possiamo farlo nelle urne ma dove queste ultime sono sconosciute come si fa? Possiamo immaginare la decadenza dell’indipendenza nazionale decretata dall’Onu laddove i diritti umani siano negati e palesemente calpestati? È il momento di globalizzare la dignità umana dopo averlo fatto, selvaggiamente, con ogni forma di economia, senza controllo?

Si potrebbe continuare a lungo e certamente in molti lo faremo nei prossimi giorni. In conclusione, trovo struggente il richiamo finale a Charles de Foucald che chiude l’enciclica. Fu proclamato beato nel 2005 da Benedetto XVI. Un grande mistico che ha ispirato il nostro Carlo Carretto, donando a molti di noi che ne abbiamo fatto esperienza materiale e spirituale, gli sconfinati orizzonti del deserto quale luogo dell’anima in cui ogni vanità è messa a nudo. Un uomo che definendosi fratello “universale” ci ricorda la differenza con il “grande” fratello. In un celebre film, un giornalista chiede al protagonista: «Perché le piace tanto il deserto?» ed ottiene la seguente illuminate risposta: «Perché è pulito». Silenzio e deserto interiore talvolta valgono più di mille encicliche.

Della mia e sua Chiesa Carlo Carretto ha scritto: «L’altro ieri un amico ha scritto una lettera a un giornale: “Lascio la Chiesa perché, con la sua compromissione con i ricchi non è più credibile». Mi fa pena! O è un sentimentale che non ha esperienza e lo scuso o è un orgoglioso che crede di essere migliore degli altri. Nessuno di noi è credibile finché è su questa terra. San Francesco urlava: «Tu mi credi santo, e non sai che posso ancora avere dei figli con una prostituta, se Cristo non mi sostiene». Forse la Chiesa di ieri era migliore di quella di oggi? Forse che la Chiesa di Gerusalemme era più credibile di quella di Roma?