Tutti i giornali raccontano da tempo le difficoltà e le preoccupazioni del governo di fronte a un problema inedito, con cui nessun esecutivo della recente storia repubblicana aveva dovuto confrontarsi, almeno dai tempi del Piano Marshall. E cioè: come spendere 209 miliardi di euro gentilmente messi a nostra disposizione dall’Unione europea?
A quanto risulta – ieri ne scriveva in particolare Federico Fubini sul Corriere della sera – grande è l’angoscia a Palazzo Chigi, e soprattutto al ministero dell’Economia, in considerazione delle difficoltà che abbiamo abitualmente a spendere i fondi europei ordinari, e persino, pensate un po’, a formulare progetti credibili per somme troppo grandi.
Una difficoltà certamente anche alla base della notizia, che forse avevamo tutti sottovalutato nelle sue implicazioni, diciamo così, psicosomatiche, secondo cui tempo fa Palazzo Chigi avrebbe chiesto a tutti i ministeri di rovesciare i cassetti e cacciar fuori qualunque progetto, abbozzo, disegnino fosse loro avanzato che potesse servire a spendere un po’ di soldi, totalizzando in pochi giorni richieste per oltre 600 miliardi.
A confermare la gravità della situazione, il presidente del Consiglio ha annunciato ieri la creazione di nuove figure con il compito di monitorare il rispetto dei tempi e delle forme in cui saranno spese le risorse europee. Tu chiamali, se vuoi, navigator.
Se questo è l’andazzo, alcune domande si impongono. La prima: che diavolo hanno combinato a Palazzo Chigi da marzo a oggi, e cioè da quando, con il lockdown totale, non avrebbero dovuto avere letteralmente niente altro a cui pensare, se non a come e quando riaprire e riorganizzare tutto, e dunque agli investimenti necessari (va bene, abbuoniamo i primi due mesi per via dello shock, ma almeno dal 21 luglio, data della decisione europea sul Next Generation Eu, sarebbe il caso di sapere come abbiano impiegato il tempo)?
La seconda: e i grandiosi Stati generali di Villa Pamphilj, andati avanti per un’intera settimana di ricevimenti, collegamenti e salamelecchi internazionali, non dovevano servire proprio a questo? La terza: e l’indimenticabile commissione Colao, che lavorò ventre a terra per due mesi, consegnando un piano articolato, con tanto di versione sintetica e slide per i più piccini?
A quanto pare, abbiamo scherzato. E il massimo prodotto di tutta la girandola di commissioni, consulenti e conferenze con cui ci siamo intrattenuti negli ultimi sei mesi sembra essere stata l’app «Immuni», che la maggior parte degli italiani non ha mai scaricato (forse anche perché non gira su diversi telefoni).
In altre parole, per una volta, non sono le risorse che mancano; sono proprio le capacità. Ma se questo è il problema, che spiegherebbe come mai la Francia, per usare un esempio molto citato, abbia già prodotto piani di spesa dettagliati con tanto di tempistica e scadenze, e noi solo conferenze stampa, ebbene, la soluzione è semplicissima: visto che i soldi ci sono, usiamone una parte per comprare sul mercato anche i progettisti, gli amministratori e gli statisti necessari.
Lo so, per questo genere di concorso di solito in altri Paesi si usano le elezioni, ma forse per qualche tempo, visto il panorama, dovremo fare di necessità virtù.