I due viceHarris-Pence, com’è andato il vero dibattito di queste elezioni americane

I due candidati alla vicepresidenza sul palco di Salt Lake City hanno dato vita a uno scontro civile, senza urli e senza insulti sguaiati. Il vice di Trump è stato bravo a sgusciare via dalle domande, ma meglio la senatrice dem. Complice anche una mosca che si è posata sulla capigliatura bianca dello sfidante

afp

Kamala il meme
«Questo dibattito è inguardabile come l’ultimo, ma in un modo nuovo e rinfrescante», ha commentato Margaret Sullivan del Washington Post. È andata circa così, stanotte a Salt Lake City. Kamala Harris e Mike Pence sapevano cosa fare (anche non rispondere alle domande) e sono riusciti a farlo.

La prima candidata vicepresidente donna e di colore ed ex magistrato inquirente ha vinto il dibattito 59 a 38, secondo l’instant poll della Cnn. Secondo tanti, non ha potuto essere più aggressiva per non venire bollata come Angry Black Woman. Mentre Pence parlava non ha interrotto, ha fatto facce fantastiche, con aria sfottente ingentilita da sorriso a tutti denti, e sono già diventate dei meme, e non è un male.

Mike P. e il lavoro del vice Trump
«Gli uomini nel mio feed pensano che abbia vinto Pence, le donne che abbia vinto Harris. Sembra un pareggio», ha twittato lo scienziato/consulente politico Ian Bremmer, e forse non lo è stato (Harris ha vinto per il 69 per cento delle donne, tra gli uomini è alla pari con Pence). Però Pence ha fatto il suo lavoro. Non era contento, si vedeva, di essere lì.

Lo davano innervosito da Harris, nel suo mondo evangelico fondamentalista e dintorni donne così non si incontrano. Ma – in questo è bravo – ha ignorato le domande e pure la conduttrice che lo avvertiva ogni cinque secondi del tempo scaduto. E ha piazzato gli interventi che voleva. Soprattutto, Harris si conteneva e non ha piazzato il colpo decisivo, la sortita che diventa virale, la frase che entra nella storia delle campagne elettorali.

La mosca di Pence
«La mosca sulla testa di Pence va testata per il Covid-19», ha avvertito pure da Twitter lo scrittore Don Winslow. «Cosa non va con l’occhio sinistro di Pence?», chiedevano in molti. «L’occhio rosso e gonfio di congiuntivite può essere un sintomo di Covid», rispondevano altri. Dopo dieci minuti di dibattito, altri ancora lo chiamavano il “Rona Eye”, l’occhio da coronavirus. 

Quello che i trumpiani non dicono
«Smettere di twittare sull’occhio e sulla mosca! Pence ha appena evitato di dire che ci sarà un passaggio di poteri pacifico», scrivevano in molti stanotte. E in effetti. Pence, da sempre bravo a sgusciare via dalle domande, è riuscito a non spiegare perché gli Stati Uniti hanno avuto finora 209 mila morti; e la maggior parte, come è successo altrove, si poteva evitare.

E sul passaggio dei poteri ha risposto nessun problema, tanto rivincerà Trump, e per quelli che cercheranno di impedirlo abbiamo pronti scrutatori e avvocati per ovviare alla piaga delle frodi nel voto postale. È stata una risposta inquietante, ingentilita poco prima da un’affettuosa bugia su Trump che condanna sempre i suprematisti bianchi.

Una valida alternativa alle interruzioni
Pence ha interrotto parecchio. Harris è riuscita a volte bloccarlo con dei cortesi ma fermi «signor vicepresidente, sto parlando». Come Biden, Harris ha guardato sempre in macchina, sorridendo alle uscite di Pence. È una tecnica civilizzata e abbastanza efficace, ma bisogna ancora lavorarci (Harris e altre/i).

Cina, guerra e salute
«Il 28 gennaio sapevano e non ve l’hanno detto. Se ora siete in fila per un pacco di viveri perché vi hanno mentito», ha attaccato Harris. Pence ha risposto che era tutta colpa della Cina. Quando poi si è parlato di guerra dei dati, Harris ha comunicato «l’avete persa. Insieme a 300 mila posti di lavoro nelle manifatture».

Harris ha insistito – è stato interessante, dopo giorni di deliri covidioti di Trump – sulla malagestione della pandemia. E sul rischio che, se la Corte Suprema con nuova giudice repubblicana boccerà l’Obamacare, venti milioni di cittadini perderanno l’assistenza sanitaria. E «se avete il diabete, cancro al seno, o problemi di cuore, stanno venendo per voi» (secondo gli instant poll, è stata la frase più efficace della serata).

Francamente me ne infischio 
Harris aveva pronte varie frasi a effetto, alcune hanno funzionato, pronunciate con garbo ma piglio alla Rhett Butler. «Francamente questa amministrazione ha rinunciato al suo diritto a essere rieletta», ha detto a un certo punto.

Francamente «sono l’unica qui dentro ad aver mandato a processo trafficanti di minori e grandi banchieri». Francamente, l’amministrazione Biden «decriminalizzerà la marijuana». E qui ci sono state critiche, Harris mandava a processo anche per quello, ma ora, come si dice, è diverso. 

Harris e AOC
Attaccata sul Green New Deal, Harris non ha del tutto risposto, ma ha assicurato che Biden non vieterà il fracking. La frontwoman della nuova sinistra democratica Alexandria Ocasio-Cortez ha twittato “fracking is bad, actually”. Anche questo è lavoro, ognuno fa la sua parte, tentando di non innervosire differenti gruppi di elettori.

Il vero dibattito
Secondo alcuni, è stato questo il vero dibattito. I candidati rappresentativi sono loro. Sono le facce dei due partiti e dell’America che si fronteggia: la californiana di colore e di successo figlia di emigranti e l’ex conduttore radiofonico cristiano conservatore dall’Indiana.

E sono i candidati vicepresidenti più importanti di sempre perché, comunque vada, si insedierà il presidente più vecchio nella storia americana. Il settantasettenne Joe Biden e il settantaquattrenne col Covid Donald Trump dovrebbero scontrarsi di nuovo il 15 ottobre a Miami, però non è sicuro, e c’è una maggioranza bipartisan che spera di no.