Non l’emergenza Covid, ma l’emergenza provocata in Francia dalla crisi dell’Islam e dal radicalismo islamico. Su questo allarme Emmanuel Macron ha appena aperto la campagna per la propria rielezione. Una scelta politica unica in un paese europeo, che implica un obiettivo evidente: Macron sceglie di raccogliere il consenso per la propria rielezione non solo e non tanto togliendo consensi alla classica propaganda anti islamica del Front National della Le Pen, ma acquistando consensi in quel grande centro dell’elettorato moderato (i cui partiti storici Ump/Lr, sono oggi in crisi) che vive con disagio e paura la convivenza con parte dei 5,7 milioni di musulmani che vivono in Francia.
In un discorso pronunciato a Mureaux che è stato ripreso con forza da tutte le prime pagine dei media francesi, Macron è andato ben oltre alla lotta al terrorismo islamico, ma ha indicato come problema prioritario per la République il contrasto al fondamentalismo islamico sviluppato nel paese dai Fratelli Musulmani, dai salafiti e dai wahabiti, chiarendo con forza che da queste correnti radicali e non dai musulmani che praticano un Islam di fede, e che sono pienamente cittadini della République, viene il grave problema che affligge la Francia: «Gli attentati sono ovviamente la forma più evidente e tragica degli effetti del separatismo, ma dietro di loro c’è la presa in ostaggio di interi quartieri, le pressioni e le minacce fondamentaliste nei servizi pubblici per imporre la norma religiosa shariatica, la descolarizzazione dei giovani, il comunitarismo auto ghettizzante nelle associazioni sportive, l’indottrinamento shariatico, gli attentati alla libertà di coscienza, al principio della dignità umana o all’uguaglianza tra donne e uomini, tutte pratiche che hanno colpito e confuso il nostro vivere comune nella più piena intimità».
Un discorso, una denuncia fortissima che prelude alla presentazione nelle prossime settimane da parte di Macron di una legge contro il separatismo e per contrastare l’Islam radicale che segnerà con le polemiche che inevitabilmente porterà con sé, sia a destra che a sinistra, l’inizio politico della campagna per le presidenziali. Una scelta marcata e originale del tutto atipica in Europa, anche se in molti altri paesi, ma non in quelli mediterranei, il tema del rapporto con i musulmani è nel pieno dell’agenda politica.
Al centro del ragionamento di Macron, che valuta che l’Islam nel suo complesso oggi viva una grande crisi, c’è la definizione del concetto di separatismo, che costituisce in realtà un progetto politico religioso (questo è il punto: politico) cosciente e teorizzato: «Dobbiamo contrastare l’islamismo radicale che esprime una volontà rivendicata, manifesta, una organizzazione metodica per contravvenire alle leggi della Repubblica e creare un ordine parallelo; il problema è il pericolo, è questo islamismo radicale che afferma che le proprie leggi sono superiori a quelle della Repubblica».
È evidente che la scelta politica di Macron discende da una percezione dei sentimenti e delle paure dell’intera società francese che va ben oltre il tema del contrasto al terrorismo, oggi messo a fuoco dagli echi del processo ai mandanti della strage di Charlie Hebdo e dai recenti attentati.
Se Macron decide di dare il via di fatto alla propria campagna per la rielezione su questo tema, sui problemi dati dalla presenza diffusa dei musulmani nel paese, significa che valuta che questo sia centrale nelle motivazioni di voto dell’elettorato. Ennesimo segnale della drammaticità, che non riguarda solo la Francia, del fallimento dell’integrazione non di tutti i musulmani, ma di una loro parte consistente. Parte, minoritaria, ma attivissima e sfrontata, che si presenta, Macron ha perfettamente ragione, non con un progetto religioso, ma con un progetto politico di imposizione delle più retrive norme shariatiche sopra e contro le Costituzioni liberali europee. Il tutto, per di più, come proiezione in Europa – Macron non sottovaluta il problema – di quei Fratelli Musulmani che costituiscono la più grande organizzazione politico religiosa islamica a livello mondiale.
Temi pregnanti, allarmanti, dei quali purtroppo non c’è traccia nell’agenda politica in Italia.