L’inadempienza del governo ci costringe a rincorrere il virus. Così in un’intervista all’Avanti! il professor Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia e direttore del Dipartimento di medicina molecolare presso l’Università di Padova – raggiunto telefonicamente a Londra in laboratorio – rivela che il governo ha ignorato un piano di stabilizzazione dei contagi presentato al Comitato scientifico tra luglio e agosto in vista della seconda ondata di epidemia.
Il documento non ha ricevuto nemmeno una risposta. Riproposto al viceministro Sileri, che si è dichiarato favorevole alla sua presentazione al Senato e al Cts, ha tuttavia subito la stessa sorte: «Non è stato ritenuto degno di considerazione», afferma Crisanti, amareggiato ma «determinato» per gli obiettivi che definisce «indispensabili per la salute degli italiani».
I numeri del contagio crescono vertiginosamente e nulla è stato fatto per prevenire la seconda ondata della malattia del panico e danni all’economia.
Crisanti non è un negazionista, dunque le sue parole sono un j’accuse senza se e senza ma: «Questa seconda ondata che monta si poteva evitare». Dunque non potevano non sapere. E ora ci tocca nuovamente rincorrere il virus.
Ancora è un continuo succedersi di provvedimenti, ogni notte ce n’è uno nuovo. Questo rende molto difficile organizzare le cose. Lei ritiene che questo metodo sia necessario perché c’è una continua evoluzione dell’epidemia e purtroppo bisogna fare così, oppure forse si poteva prevedere meglio cosa era necessario fare in vista di una nuova ondata?
Bisogna distinguere. Ci sono infatti due obiettivi diversi. Bisogna mettere in campo le misure perché i contagi diminuiscano e, secondo, che i contagi non aumentino. Purtroppo sono due processi completamente diversi. E’ chiaro che se stiamo parlando di misure per diminuire i contagi chiaramente occorre seguire l’andamento dell’epidemia e quindi i provvedimenti si aggiornano a seconda della gravità. Ma il vero problema non è questo. Il vero problema è che a oggi in Italia non abbiamo un piano di sorveglianza che permetta, una volta che i contagi sono ridotti, di tenerli bassi. Questo è il vero tema. Finché questo problema non si risolve saremo condannati a fare un’altalena tra provvedimenti per ridurre i contagi, poi rimuoviamo queste misure e i contagi ripartono. Questo è il vero problema, mi creda.
Il suo parere adesso?
Il mio parere è che avremmo dovuto creare già da luglio un sistema di sorveglianza nazionale in grado di bloccare all’inizio i contagi. Guardi la Cina: cinque ragazzi contagiati e hanno fatto 11 milioni di tamponi. Noi non siamo la Cina, ma sicuramente possiamo mettere in campo tutte le risorse per implementare un piano che ci permetta una volta individuati i contatti di portarli a zero. Abbiamo speso tantissime risorse in moltissime misure e ci siamo dimenticati che i contagi sarebbero potuti ripartire. Questo è quello che penso. (interruzione, nda) Sono in laboratorio, scusi…
Come direbbero in Tv “è in prima linea” (risata, nda). Siamo in condizioni paradossalmente di sapere quanti soldi ha la mafia, ma non siamo in grado di prevedere la curva dell’epidemia e di prendere provvedimenti, non ogni notte, ma più a lungo termine?
Guardi la curva mi pare abbastanza chiara: i contagi stanno aumentando in modo vertiginoso, quindi adesso si tratta di prendere due tipi di provvedimenti. Il primo è quello di diminuire i contagi. Il secondo è quello di attrezzarsi per fare in modo che quando i contagi saranno diminuiti rimangano tali. Questo è quel che va fatto. Se non si procede così non usciremo mai da questa situazione.
Può fare qualche esempio di provvedimenti che, come indirizzo, potrebbero tenere i contagi abbassati?
Innanzitutto bisogna creare l’infrastruttura. Se non si crea l’infrastruttura per tenere bassi i contagi è chiaro che qualsiasi provvedimento non ha nessuna efficacia. Occorre costruire una rete di laboratori che sia in grado di fare 3/400 mila test al giorno, non questi antigenici che hanno una sensibilità molto bassa, e affiancare a questa rete di laboratori una logistica sul territorio in grado di identificare le persone malate e tutti coloro che hanno avuto contatti con loro. Se non si crea questa cosa, noi dopo aver abbattuto, con sacrifici e diminuzione della qualità della vita di tutti il contagio, saremo daccapo. Ci tocca rincorrere il virus.
Per l’Italia, la riduzione della medicina territoriale, della prevenzione e della profilassi…
Be’ questi sono gli aspetti del supporto logistico di cui parlo. La medicina territoriale può sicuramente fare da supporto logistico sul territorio.
Quindi non è necessario andare subito al Pronto soccorso
Certo, è evidente. Se abbiamo una medicina sul territorio che funziona una persona non deve correre in ospedale.
Su 10 contagiati, qual è il pericolo clinico medio che corrono?
Con una più ampia base statistica dei campioni si riducono i dati della mortalità. La mortalità che ora i dati indicano come diminuita in realtà è la stessa di marzo. Quello che cambia è il denominatore. Il virus non è cambiato. La mortalità diminuisce perché aumenta il numero per il quale divido i casi dei test.
Ritiene che sia una situazione che giustifichi questo panico generalizzato? C’è un rapporto coerente tra questo allarme e la realtà clinica effettiva?
Credo che l’allarme sociale sia giustificato da quello che tutti gli italiani hanno visto accadere. Se si vede quel che è successo a febbraio-marzo, allora c’è da preoccuparsi.
L’ipotesi di concentrarsi sulle fasce più deboli (anziani, salute compromessa ecc.) e lasciare liberi gli altri perché si crei l’effetto gregge la considera un’ipotesi credibile?
Il modello di tipo svedese è una follia. Per darle un’idea, la Svezia ha una densità di 20 persone per kmq e ha avuto 5mila morti. La Norvegia che ha una densità simile, ne ha avuti circa 200. In Lombardia c’è una densità di circa 400 abitanti al kmq e questo dà un’idea della situazione in cui ci saremmo trovati. In Svezia c’è una densità per kmq di abitanti venti volte inferiore di quella lombarda. La densità purtroppo è un fattore molto importante nella dinamica di trasmissione: più persone vivono in un kmq e più è facile che la trasmissione si moltiplichi. Volendo fare le debite proporzioni con la Svezia, in Lombardia ora dovremmo moltiplicare per 20 il numero dei morti. Una strage senza precedenti.
Quindi siamo indietro nelle politiche necessarie per mantenere stabile la riduzione dei contagi e sconfiggere l’epidemia.
Esatto. Questo è il vero problema. E la medicina territoriale non solo è utile ma è indispensabile a questo scopo.
Adesso è un bel problema risolvere questa situazione…
Beh sì. E’ un bel problema sì. E quando ci sarà l’influenza stagionale si avrà un effetto importante. Potrebbe essere un fattore di confusione clamoroso.
Ha qualche ipotesi d’emergenza per affrontare il problema della stabilizzazione dei contagi?
Avevo presentato un piano che prevedeva le cose da fare ad agosto al Cts. Questo piano non è stato ritenuto degno di essere considerato. Ho parlato anche con il sottosegretario Sileri che si era dichiarato d’accordo sul piano, presentarlo al Senato e al Cts, ma anche in questo caso non è successo nulla.
Qual è il suo sentimento sulla prospettiva?
Io ho una determinazione. Il sentimento è la situazione di un momento. La determinazione è quella che l’Italia si doti di un sistema di sorveglianza degna di questo nome. Il resto conta poco. È importante quello che uno pensa si debba fare. E la determinazione che serve è quella di organizzare sia la capacità logistica per fare i test, sia la capacità di portarli sul campo per poter intercettare i contagi. E isolarli. Importante è isolare i contagi positivi.