Codice della stradaIl questore di Berlino vuole mettere la targa alle bici

È una misura di sicurezza: i ciclisti, ha dichiarato il capo della polizia locale, dovrebbero essere responsabilizzati. Secondo le statistiche, più del 50% degli incidenti stradali nella capitale tedesca in cui sono coinvolti è colpa loro. Occorre un freno, oltre che un caschetto

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State pedalando per andare a lavoro, superate l’incrocio quando dal cespuglio accanto alla pista ciclabile spunta fuori una paletta. Quindi vi fermate, mettete un piede a terra e sentite l’agente dirvi: «Führerschein und Zulassungbitte» (patente e libretto).

Estraete dal portafoglio i documenti, glieli porgete, lui controlla la foto, poi vi guarda negli occhi. «Lei è passato col rosso». «Guardi, era verde ma…». E mentre voi tentate un’arrampicata di specchi a mani nude (per di più in tedesco con accento italiano, che non aiuta) lui inizia a girare attorno alla vostra bici, si piazza dietro, e compila una multa da 60 euro riportando il vostro nome, il vostro indirizzo, e anche una serie di numeri e cifre che legge sul retro: il vostro numero di targa.

«Questo le costerà un punto della patente».

Dopo che la Polizeipräsidentin berlinese Barbara Slowik ha parlato al Berliner Morgenpost di targhe per le biciclette, ho iniziato a raffigurarmi scenette di questo tipo e a immaginare la mia – e la vostra – vita da ciclista qualora sotto la sella non ci fosse, che ne so, una taschetta per l’antivento, ma un scomoda placca di metallo con sopra scritto amaramente in grassetto AK-23752120B. Diciamolo: manco fosse un’auto.

Perché Frau Slowik vuole in pratica questo: che guidiamo la nostra bici con lo stesso atteggiamento e rispetto delle regole con cui guidiamo la nostra auto. Per la quale abbiamo preso faticosamente una patente (€), che abbiamo immatricolato (€), per la quale paghiamo un bollo (€), facciamo una revisione (€), un tagliando (€€€). Con la quale non guideremmo mai da brilli, o con i fanali spenti. Con la quale non ci sogneremmo mai di passare con il rosso o di invadere i marciapiedi.

Ecco il punto di Frau Slowik: una targa, con tutte le cose che ne conseguono (ci arriviamo dopo) ci indurrebbe a essere utenti della strada più responsabili.

Ma prima di entrare nel merito del tema Fahrradkennzeichen, godiamoci la sensazione – non capita spesso – di quando un nuovo tema irrompe nel dibattito nazionale e, per di più, con le incoraggianti premesse per rimanerci a lungo. In Italia il trend topic per antonomasia è il Ponte sullo Stretto: per la serie a volte ritornano. E in Germania?

Indizio uno: riguarda le auto.

Indizio due: quelle che vanno veloci.

Dai che lo sapevate: l’annosa questione della Tempolimit (limite di velocità) nelle autostrade tedesche. Quel tema per cui il lunedì dice qualcosa Andreas Scheuer (l’eclettico ministro dei trasporti), poi il mercoledì gli risponde l’ADAC (l’associazione degli automobilisti) e i Grüne rilasciano una qualche sorta di dichiarazione a favore perché migliorerebbe la sicurezza, o il rumore, o l’ambiente o qualcos’altro. E poi il venerdì pomeriggio in autostrada guidi tranquillo sulla corsia centrale quando all’improvviso alla tua sinistra senti sfrecciare un paio di siluri, uno di seguito all’altro, che sprigionano una raffica di vento tale da spettinarti i capelli anche coi finestrini chiusi, ma che comunque ti strappano un sorriso: «Evviva, ancora non è cambiato nulla!».

E un topic ha la capacità di rimanere di tendenza a lungo se è in grado di tracciare un solco ben marcato esattamente a metà della popolazione. Per la questione Tempolimit questa cosa funziona alla grande: dagli ultimi sondaggi risulta un 47% a favore, un 46% contro, e il solito 7% che non si schiera, che rimane cauto, che sprofonda nel suo conflitto interiore, esattamente come quello in cui sono sprofondato io dopo il fulmine a ciel sereno di Frau Slowik.

Cosa ha detto Barbara Slowik
La Polizeipräsidentin ha rilanciato il tema della targa alle bici (le bici normali: quelle elettriche sopra i 25 km/h ne hanno già l’obbligo) alla luce della crescente aggressività degli utenti nell’ambiente stradale, bici comprese. Quindi ha portato un dato chiaro: più del 50% dei sinistri in cui sono coinvolti ciclisti, a Berlino, sono causati dai ciclisti stessi – ossia il ciclista ha infranto il codice della strada. Il fattore targa può diventare quindi rilevante nel caso di denunce, violazioni o incidenti con gravi conseguenze, dice Frau Slowik. O di Fluchtfahrer, quelli che chiameremmo “pirati della strada”, però in bicicletta.

Diciamo – così, come reazione a caldo – che Frau Slowik tutti i torti non ce li ha. Spesso, ahimè, i ciclisti pedalano dove non dovrebbero pedalare, come sui marciapiedi ad esempio. Oppure pedalano nel posto giusto, ma all’ora sbagliata: in molte aree pedonali in Germania le bici sono ammesse, ma non dalle 8 del mattino alle 8 di sera – è concesso invece di notte. A farlo siamo in molti, un po’ per imprudenza, un po’ per scarsa conoscenza delle regole, ma molto spesso per pigrizia. Ecco, è molto facile in questi casi che il ciclista calcoli una traiettoria, che il pedone compia un movimento improvviso e che venga istantaneamente cecchinato.

A Berlino in tre sinistri bici-pedone su cinque la colpa è della bicicletta, che verosimilmente ha fatto una delle cose menzionate sopra. Non una maggioranza schiacciante, ma ricordiamoci che, tra i due, le conseguenze più gravi le subisce principalmente il pedone, che quindi è la parte che piú spesso deve essere risarcita.

Frau Slowik vuole porre un rimedio a queste situazioni che, dati alla mano, si verificano sempre con maggior frequenza. Vuole che i ciclisti siano più attenti.

Resta però da capire come un semplice codice alfanumerico possa permettere di raggiungere questi obiettivi ambiziosi.

Targa: beh, quindi?

Targa vuol dire, a mio avviso, due cose fondamentali.

La prima è per forza una forma di assicurazione che copre il ciclista da eventuali danni arrecati ad altri utenti della strada, a causa di una sua infrazione del codice.

Da una parte un’assicurazione ha il concreto vantaggio che in caso di sinistro il risarcimento venga sempre corrisposto, senza inciampare in casi in cui il ciclista ne sia sprovvisto. Al momento attuale infatti entrerebbe in gioco la Haftpflichtversicherung (l’assicurazione di responsabilità civile), che copre dal caffè involontario sul laptop del capo (che non auguro) a danni più gravi commessi sulla strada (che auguro ancora meno). È però facoltativa: se il ciclista ne è sprovvisto, la questione si fa un po’ più complicata, e il risarcimento dovrà avvenire tramite fondi di garanzia alternativi (tipo la Verein der Verkehrsopferhilfe, l’associazione di sostegno alle vittime della strada).

Dall’altra parte si responsabilizza il ciclista, obbligandolo a stipulare un contratto e a pagare una quota annuale, soggetta magari a meccanismi di bonus/malus. Questa “presa di coscienza” dovrebbe avvenire secondo il principio per cui “ho deciso di pagare un corso di tedesco, quindi mi impongo di studiare regolarmente” (circa).

La seconda è la rintracciabilità. Quando compriamo una bici dovremmo infatti prima immatricolarla presso un ufficio che associ la targa al nostro nome, e a quel punto ci ritroveremmo all’interno di un database, che potrà essere consultato all’evenienza.

Poi le cose possono cambiare leggermente a seconda della grandezza della targa. A mio avviso, più grande è la targa, più grande sono le potenziali conseguenze.

Se deve essere in bella vista, quindi leggibile alla distanza, allora potrebbe aprirsi la strada verso i sistemi di automatische Nummernschilderkennung (riconoscimento numerico automatico) o genericamente di Videoüberwachung (videosorveglianza) – detto in tedesco spaventa ancora di più. Quindi da una targa visibile sulla bici alle multe recapitate per posta il passo potrebbe essere breve. Lo sapete, oramai con tecniche di video recognition si può fare praticamente tutto.

Se è piccolina – diciamo un adesivo, o una targhetta, o una contrassegno da qualche parte – allora scongiuriamo le multe senza riscontro diretto (cioè servirebbe per forza un vigile che sul momento ci colga con le mani nel sacco), ma rimaniamo sempre rintracciabili.

C’è comunque da segnalare il vantaggio che una bici con un codice, soprattutto se impresso, è un buon deterrente per chi le bici le ruba. A questo scopo l’ADFC (l’associazione delle biciclette) propone costantemente appuntamenti per la Fahrrad-Codierung: 15 euro, e mi sento un pochino più al riparo dai furti.

Continua a leggere su Kater un blog collettivo che parla di Germania – o almeno ci prova – al di là di semplificazioni, stereotipi e luoghi comuni.

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