Negli uffici di Angela Merkel c’era una spia egiziana. La notizia, anticipata dalla Bild, confermata dal report annuale del ministro dell’Interno Horst Seehofer, ha adesso portato all’apertura di un processo formale nei confronti di Amin K., nato al Cairo ma residente a Berlino. Dal 1999 lavora per l’ufficio stampa federale, diretto da Steffen Seibert ma secondo le indagini dal 2010 presterebbe i suoi servigi anche per i servizi segreti egiziani. Una talpa.
Secondo le dichiarazioni del procuratore generale, l’obiettivo della sua attività di intelligence consisteva nel monitorare il modo in cui l’Egitto veniva rappresentato dai media tedeschi, con tanto di ricerche e rapporti. Un lavoro di rassegna stampa per conto terzi, in cui aveva anche cercato tra il 2014 e il 2015 di reclutare anche un complice. Ma senza riuscirci.
Il governo tedesco già a luglio, quando è uscita per la prima volta la notizia, aveva subito sottolineato come l’uomo non avesse mai avuto accesso a informazioni sensibili. La sua collaborazione con i servizi stranieri non rappresentava un pericolo sostanziale.
Rimane però il suo doppio ruolo: nell’ufficio stampa federale era incaricato dell’accoglienza dei visitatori, a volte era invitato a ricevimenti ufficiali. Qualche occhiata riusciva sempre a gettarla. Soprattutto, come spiega il report, il focus della sua attività sarebbe stato monitorare il comportamento dei giornalisti egiziani all’estero. In cambio avrebbe ottenuto qualche trattamento di favore nei confronti della famiglia, ad esempio la pensione per la madre.
Sempre secondo il documento del ministro dell’Interno, da qualche tempo il Cairo starebbe cercando di reclutare informatori e spie sul territorio tedesco, approfittando di visite istituzionali e missioni diplomatiche.
Perché? Al Sisi è preoccupato dai movimenti di opposizione, in particolare dalle associazioni che fanno capo ai Fratelli Musulmani, che in Egitto sono stati dichiarati fuorilegge (dopo una breve esperienza di governo archiviata dopo l’intervento dell’esercito) ma che nel resto del mondo islamico continuano a godere di ampio sostegno, sia da parte della Turchia di Recep Tayyip Erdoğan che dal Qatar. Sono presenti anche in Libia, proprio sul fronte avverso a quello dell’Egitto.
Insomma, la spia in Germania sembra un pesce piccolo (e lo è) ma l’aumento dell’attività di intelligence sembra riflettere bene la tensione internazionale. E la Germania, in mezzo a tutto – sia per posizione geografica che per preminenza economica – deve tenerne conto.