Quando la finanza collide contro la politica gli esiti possono essere imprevedibili, ma se l’impatto avviene in Cina diventa sempre una chiave per capire dove sta andando il potere, e qualcuno rischia di farsi molto male.
Il 3 novembre – mentre tutto il mondo seguiva le elezioni presidenziali americane – tra Pechino, Shanghai e Hong Kong si è giocata una partita tra titani che vede da un lato il Partito comunista cinese e dall’altro Jack Ma, il secondo uomo più ricco di tutta la Cina e uno dei più potenti del pianeta.
Jack Ma (nome cinese: Ma Yun), il magnate che i media occidentali più pigri definiscono «il Jeff Bezos cinese», è l’imprenditore che dopo la fondazione e i successi del colosso tecnologico Alibaba Group ha fatto un passo indietro per dedicarsi alla filantropia e alla sua nuova creatura, Ant Group, la società che promette di rivoluzionare il fintech su scala globale.
Segaligno, frenetico e riflessivo allo stesso tempo, negli anni ha costruito la sua immagine attraverso racconti sui chilometri percorsi in bici da giovane per imparare l’inglese lavorando come guida turistica, o sui fallimenti come manager di sala di un KFC, fino ad assurgere allo status di leggenda: per i media cinesi, gli anni della vertiginosa crescita del tech erano spesso «l’Era di Ma Yun».
Nonostante il ritratto da self-made man e la visione spesso fuori dagli schemi, Jack Ma è iscritto al Partito comunista cinese ed è sempre andato a braccetto con l’establishment di Pechino, almeno fino a martedì scorso. A sole 48 ore dall’esordio di Ant Group sulle borse di Shanghai e Hong Kong in quella che si annunciava come la più imponente offerta pubblica d’acquisto di tutti i tempi, capace di raccogliere 34,5 miliardi di dollari e proiettare la società al valore stellare di oltre 313 miliardi di dollari, Jack Ma e gli altri due fondatori sono stati convocati dall’authority finanziaria cinese, la CSRC, che ha congelato l’operazione su entrambi i listini.
Che cosa sta succedendo? Ant Group ha commesso delle irregolarità, oppure Jack Ma ha provato a rubare il fuoco ai vertici del Partito, e i veri dèi dell’economia cinese lo hanno punito?
I dettagli della convocazione della CSRC, com’è ovvio, non sono stati resi noti, ma alcune ore prima del colloquio tra Jack Ma e l’authority il governo cinese aveva diffuso una bozza di legge che applica restrizioni molto più severe ai servizi di microcredito online, uno dei settori al centro delle attività di Ant Group.
La notizia della sospensione dell’Ipo più ricca di tutti i tempi ha scatenato sul web cinese milioni di commenti e ricostruzioni; molti osservatori e analisti autorevoli concordano sull’ipotesi di una legge quasi ad personam e riportano l’inizio dello scontro a una data e a un luogo preciso: Shanghai, 24 ottobre, Bund Summit.
Durante questo vertice finanziario Jack Ma ha pronunciato un discorso molto duro, criticando l’antiquato sistema bancario cinese e chiedendo al governo maggiori liberalizzazioni per aiutare gli innovatori del settore fintech. «Il sistema finanziario cinese non corre un rischio di shock sistemico perché la finanza cinese, di fatto, è priva di un sistema. Per evitare brutte sorprese dobbiamo creare un sistema finanziario davvero funzionante», aveva detto.
Peccato che si sia scagliato contro il governo proprio qualche ora prima dell’arrivo al summit del potentissimo e autorevole Wang Qishan – vicepresidente della Repubblica Popolare Cinese, forse l’unico funzionario del Partito di cui Xi Jinping si fida davvero – e che il titolo del discorso di Wang fosse «Percorsi Sbagliati», un’oratoria di un’ora e mezza per ribadire che il controllo della finanza è una questione politica e che solo il Partito può evitare «speculazioni, bolle, e Schemi di Ponzi».
«Di sicuro la sospensione dell’Ipo non è una buona notizia per tutte le società collegate ad Ant Finance, che hanno perso moltissimo sia alla Borsa di Shanghai che a New York» , dice a Linkiesta Fu Fangjian, docente associato di Finanza alla Singapore Management University.
«In Cina, già da tempo, molte persone si stavano preoccupando per il settore finanziario. La maggior parte dei cinesi non ha una carta di credito, ma i servizi di microcredito online offerti da Ant Group permettono, per esempio, a studenti senza uno stipendio fisso, di spendere come se l’avessero. Questa situazione, negli ultimi anni, ha creato un problema sociale di indebitamento, e molta gente in Cina ritiene che questi giganti vadano regolati: Ant Group usa la tecnologia come paravento, ma, essenzialmente, fa il lavoro di una banca; quindi perché non deve sottostare alle stesse regole delle banche?».
Sul web cinese circola un fotomontaggio di Jack Ma invecchiato e vestito modestamente, seduto all’angolo di una grossa arteria cittadina. La didascalia: «Anno 2040 – Un raccoglitore di rifiuti di Hangzhou fuma una sigaretta, mentre la gente intorno racconta di quando, una volta, quest’uomo aveva una vita splendida».
È sicuramente troppo presto per dire se Jack Ma sia già entrato in fase discendente, ma l’ultimo braccio di ferro tra la finanza e la politica si è consumato nel giro di pochi giorni. Ancora una volta il governo cinese ha dimostrato che le immense fortune dei magnati, dei multimiliardari e degli innovatori esistono solo finché lo permette il Partito.