Da quel giorno in cui si è presentata nella sua stanza a Murnau, Gabriele mi parla soprattutto quando sono sul divano a fissare la magnolia.
È riapparsa a Milano, l’ultima domenica di agosto.
La sera prima ero andata in un bar vicino a piazzale Lodi con un amico e la sua nuova ragazza, e avevo bevuto così tanta vodka che non ricordo come sono tornata a casa.
Mi ero svegliata col buonumore degli ubriachi, quello che dopo qualche ora si trasformerà in angoscia profonda, e avevo sentito la Voce.
«Anche a me piaceva la vodka, ma io reggevo» ha detto con quell’accento tedesco da barzelletta.
Era in vena di chiacchiere: «Di che segno sei tu, bellezza? Io Acquario del diciannove febbraio, mentre Vasilij è nato il sedici dicembre ed era un Sagittario, adorava viaggiare. Tu invece faresti meglio a non muoverti, finché non ti rimetti in piedi. Non sai che allontanarsi da casa peggiora l’umore, quando si sta male? Prima di stabilirci a Murnau noi eravamo sempre in giro, ma eravamo felici. Poi, quando Vasilij ha voluto fermarsi, ho compratto la casetta dove ci siamo conosciute. Carina, eh?».
«Un po’ piccola» ho risposto, con le tempie che pulsavano per i troppi vodka sour della sera prima.
«Era solo un cottage! Avevamo un appartamento anche a Monaco, in Ainmillerstrasse 36, ma Murnau era il nostro posto» ha detto piccata.
Ho preso due aspirine e si è addolcita: «Sai perché sono qui, bellezza? Quando sei entrata in casa mia ho riconosciuto il tuo dolore e ho deciso di aiutarti. Anche Vasilij è sparito senza spiegazioni, dopo quattordici anni insieme, e anch’io ho creduto di morire, come te. Dal giorno che è partito per Mosca non l’ho mai più sentito. Ho saputo per caso che dopo tre mesi stava già con quella russa di diciassette anni, Nina: vent’anni meno di me e trentatré meno di lui. I suoi avvocati invece li ho sentiti: volevano che gli spedissi tutti i quadri. “Ditegli che se li venga a prendere” ho risposto».
La Voce era inarrestabile, come il mio mal di testa: «Di cosa puoi parlare a cinquant’anni, con una di diciassette? Leggi le memorie di Felix Klee, il figlio del nostro amico Paul: quando Vasilij insegnava a Bauhaus, a Dessau, con lei si annoiava così tanto che a tavola leggeva: “Kandinksij, seduto a tavola come un profeta, aveva un libro posto vicino a lui e leggeva mangiando” scrive Felix…Ahahah…» ha sghignazzato.
«Anche a Doug ogni tanto piaceva leggere mentre cenava, cosa c’è di male? Se leggi mentre mangi insieme a qualcuno è segno di intimità» ho provato a rispondere.
«Macché intimità!» è sbottata la Voce. «Quello si annoiava. A parte che leggere mentre mangi insieme a qualcuno è un’abitudine barbara da americani. Ho un sacco di parenti americani, sodi cosa parlo».
Ho protestato: «Dopo tanti anni insieme non si può avere sempre qualcosa da dirsi, è bello anche restare in silenzio, vicini».
Che sia vero che Doug si annoiava cone me? Ogni tanto lo penso.
«Quelli sono dei narcisi. Ti amano fino a che li fai sentire importanti, ma se li metti in discussione, li critichi e oltretutto invecchi, imbruttisci, magari ti ammali o hai dei problemi, stai tranquilla che ti lasciano. È solo questione di tempo. Altro che invecchiare insieme, condividere i ricordi…Quelli sanno amare solo se stessi e ti amano fino a che ti considerano utile e decorativa. Allora sì, è vero che ti amano, perché in te amano una parte di loro stessi, del bel film che si raccontano di sé. Vasilij non amava me: amava l’ereditiera che gli risolveva i problemi, la pittrice talentuosa, l’amante disponibile… Quando sono diventata scomoda mi ha eliminata e tempo tre mesi sostituita. Tre mesi! Dopo quattordici anni insieme. E che anni».
Era l’hangover più assurdo della mia vita.
da “Oggi faccio azzurro”, di Daria Bignardi, Mondadori, 2020, 18 euro