Il giorno in cui è morto Gigi Proietti, a Milano i ristoranti erano ancora aperti. Ne sono certa perché quel giorno due camerieri mi hanno chiesto di dirimere una discussione tra di loro. Evidentemente avevo l’aria di quella che ne sapeva di compleanni.
È vero, mi hanno chiesto, che Gesù è morto lo stesso giorno in cui era nato? Per quante assenze avessi fatto a catechismo, ero lieta non fossero abbastanza: certo che no, risposi con una qualche sicumera, è nato a Natale ed è morto a Pasqua.
Nessuno dei presenti ha cavillato – ma non era morto di venerdì, Pasqua è di domenica, e poi la data di Pasqua cambia tutti gli anni, che ufficio stampa ha mai ‘sto Gesù che neanche riesce a fare un comunicato definitivo sulla data di morte – e io mi sono permessa pure di fare la spiritosa: forse vi confondete con Shakespeare, che come Proietti ha la stessa data di nascita e di morte, e i cui miracoli son ben più verificabili.
Che poi, il Natale è a data fissa, ma se a volte ci mettevano tre giorni ad andare a denunciare una nascita in Italia cent’anni fa, figuriamoci in Palestina venti secoli fa. Sarà mica un compleanno attendibile.
Lo stesso ragionamento deve averlo fatto quel consesso di cervelli che è il governo italiano, il quale mira a trasformare in preserale la messa di mezzanotte della vigilia. La notizia è ovviamente che nel 2020 ci sia gente che esce all’ora di andare a dormire, tutta intabarrata, per andare a una funzione religiosa. Ma ognuno ha i passatempi premoderni che crede, figuriamoci.
Superstizioni per superstizioni, andare a messa non è poi molto diverso dal credere che, se a messa ti ci mando alle otto di sera invece che a mezzanotte, t’infetterai meno. Neanche l’ipotesi che la luce disinfetti è applicabile: per carità, anch’essa superstizione rispettabile, ma non applicabile a una stagione in cui fa buio alle quattro. Che la messa sia a mezzanotte o alle otto, sarà comunque buio pesto.
Ma, spiegherebbero a questo punto i grandi puffi di governo, il punto non è quando vai a messa: è che, per fartici andare a mezzanotte, devo sospendere il coprifuoco. E, se lo sospendo con deroga speciale per i riti religiosi, poi come faccio a vigilare che esca solo chi va a messa e non chi va in disco? Come faccio a non far decretare al Tar che andare a ballare la house è legittimamente ritenuto da chi ci va un rito religioso?
Cari puffi di governo, vi svelo un segreto pazzeschissimo. In Italia a non festeggiare il Natale siamo in tre. Siamo in tre che la sera del 24, invece di stare a tavola a mangiare il cappone, potremmo pensare d’andare in giro per locali (peraltro chiusi: o per mandare la gente a messa dovete aprire i bar?).
Siamo in tre e neppure ci conosciamo tra di noi, quindi non avremmo comunque compagnia: il 24 a mezzanotte, mentre gli ultimi credenti vanno a contagiarsi in chiesa, noialtri non potremmo assembrarci neanche volendo – per mancanza di compagnia, oltre che di luoghi in cui assembrarci.
Per quel che vale, e rappresentando un terzo di coloro che quella sera non la trascorrono né al desco né a messa, vi prometto che non avrò crisi d’invidia. Che non vi rinfaccerò il vostro distinguere tra figli e figliastri, che non sbraiterò perché Tizio può andare a messa e io non posso andare al pub: sono una signora di mezza età, non andrei al pub neanche potendo, neanche in un mondo senza virus, neanche in una sera non familista.
Mandate pure quelli che ci tengono alla messa di mezzanotte, e fatela pure svolgere a mezzanotte (le candeline anticipatarie son sempre tristi, anche quando si tratta del compleanno immaginario d’un personaggio delle fiabe).
Vi garantisco la pace sociale pur senza essermi consultata con gli altri due protagonisti involontari di quel romanzo di Hector Henri Malot intitolato Senza famiglia, quello che infelicitò le infanzie di noi tutti e plasmò le vite adulte di noi tre.
Mandateli, quelli che ci tengono abbastanza da affrontare il freddo e il buio, a cantare preghiere e a fare tutti gli altri rituali che per loro sono irrinunciabili alla mezzanotte del 24. Noi tre che siamo privi di cenoni e di messe non per questo disprezziamo i rituali. Ne capiamo l’irrinunciabilità. Se il governo ci proponesse d’anticipare al pomeriggio del 24 l’abituale trasmissione delle nove di sera di Una poltrona per due, faremmo la rivoluzione armata.