Downing Street ha annunciato giovedì scorso un ambizioso progetto che porterà alla creazione di una task-force concentrata sulla cyber security, una nuova agenzia dedicata all’intelligenza artificiale e un comando spaziale, diretto dalla Royal Air Force, con lo scopo di lanciare il primo razzo dalla Scozia nel 2022.
Dopo la vittoria dei Tories del dicembre 2019, il premier aveva annunciato «la più radicale valutazione del ruolo del Regno Unito nel mondo dalla fine delle Guerra Fredda». Data l’incertezza sullo stato delle finanze britanniche durante la pandemia e a ridosso di una probabile No-deal Brexit, il ministero della Difesa aveva rinviato un’esaustiva spending review anche in un’ottica di collaborazione col Tesoro.
«Dobbiamo assicurarci che la nostra revisione sia guidata dalla minaccia. La minaccia definisce cosa dobbiamo fare per mantenere la nostra sicurezza, mentre l’ambizione definisce quanto lontano possiamo andare. Tutto ciò deve coincidere con lo stanziamento del tesoro: se siamo troppo ambiziosi, sottofinanziati, o entrambe le cose, in pochi anni ci troveremo nella stessa posizione in cui siamo adesso o ci siamo già trovati in passato», ha detto il 21 Settembre Ben Wallace, ministro della Difesa.
L’annuncio di una radicale trasformazione degli obiettivi della Difesa arriva in un momento complicato per il governo Johnson, dopo l’allontanamento dei suoi più stretti collaboratori, Dominic Cummings e Lee Cain, e nel pieno di un secondo lockdown in Inghilterra.
L’impegno di Boris Johnson è stato ben accolto anche dai laburisti, che però hanno cercato di capire quando e come questi fondi verranno utilizzati e cosa succederà ai programmi già in via di sviluppo all’interno del Ministero della Difesa.
«Accogliamo con favore questo finanziamento aggiuntivo per le nostre forze di difesa e sicurezza e concordiamo sul fatto che è vitale porre fine a quella che il primo ministro ha definito “un’era di ritirata”. Ma questo è un annuncio di spesa senza strategia: il governo ha ancora una volta respinto parti vitali della revisione della spesa e non c’è chiarezza sulle sue priorità strategiche. Infine c’è la questione dei soldi: dove si troveranno le risorse? La gestione di questa pandemia da parte del governo è stata tale che il Regno Unito ha la più forte recessione economica di qualsiasi paese del G7», ha detto detto Keir Starmer alla camera dei Comuni.
L’aumento di fondi mostra la volontà da parte del governo conservatore di riportare il Regno Unito al centro dell’agenda internazionale e di aumentarne la credibilità all’interno della Nato e del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
«Credo che il Regno sia di fatto una media potenza, le forze armate sono relativamente limitate», spiega Mats Berdal, direttore del gruppo di ricerca Conflict, Security and Development del King’s College.
La decisione di investire nella Difesa chiude un periodo molto difficile per le forze armate britanniche, che negli ultimi anni hanno rinunciato a una serie di progetti sperimentali per ammodernare i propri equipaggiamenti. Nel 2010, al culmine della guerra in Afghanistan, Londra decise per esempio di arrestare gradualmente il programma di rifacimento dei Nimrod, aerei da pattugliamento marittimo, a causa degli eccessivi costi.
Nel 2015 dopo la crisi in Crimea, la tendenza è stata invertita, comprando gli aeroplani direttamente dagli Stati Uniti: l’acquisto dei Poseidon statunitensi rifletteva la volontà di riaffermare il ruolo del Regno Unito in campo aeronavale. Il governo conservatore, non a caso, ha detto in queste ultime settimane di voler lanciare la rinascita della costruzione navale in tutto il Regno Unito per ricollocarsi come principale potenza navale in Europa e quinta nel mondo.
«Quale sia il prossimo step e come esattamente queste risorse vengano spese non è ancora chiaro», sottolinea Berdal, anche perché governo deve ancora trovare le coperture per 13 miliardi.
Questo mercoledì il Cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak, nell’ambito della revisione della spesa, ha affermato che la maggior parte del budget verrà utilizzato per maggiori investimenti, pari ad un incremento del 50% nei prossimi 5 anni.
«Ciò dimostra che lo scopo principale del governo è intervenire sugli equipaggiamenti: l’aumento della spesa non è principalmente sulla cyber security e intelligenza artificiale, anche perché questi settori sono meno costosi rispetto agli armamenti» sottolinea Malcolm Chalmers, Direttore Generale del Royal United Service Institute for Defence and Security Studies (Rusi).
C’è un’altra questione che però Downing Street deve risolvere: come affrontare il rapporto con i paesi membri dell’Unione europea in termini militari dopo Brexit. Il Regno Unito non ha mai voluto impegnarsi per aumentare l’autonomia strategica europea, e ha agito sempre in modo piuttosto autonomo sulla politica di difesa, cercando di mantenere le proprie caratteristiche distintive per le operazioni d’oltreoceano, e custodendo gelosamente la propria autonomia nucleare.
Negli ultimi dieci anni la cooperazione militare bilaterale con la Francia si è rafforzata, ed è rimasta forte malgrado la Brexit. Nel 2010, attraverso il trattato di Lancaster House, i due paesi si impegnavano a rafforzare la propria cooperazione strategica e militare materializzata nella Anglo-French Combined Joint Expeditionary Force (Cjef) formalmente in funzione alla fine di quest’anno.
Basata sugli standard e procedure della Nato, e valutata regolarmente attraverso esercitazioni su larga scala, il Cjef dovrebbe intervenire come forza autonoma dove necessario.
Secondo alcuni analisti, le difficili negoziazioni su Brexit potrebbero creare un deficit di fiducia tra europei e britannici e rallentare, se non sospendere, numerosi accordi di difesa: «I francesi potrebbero rendere la vita un po’ più difficile ai britannici nella Nato, non è automatico e garantito che il Regno Unito avrà un ruolo chiave nell’alleanza soltanto perché ha abbandonato l’Unione», dice Berdal.
I britannici stanno rafforzando anche accordi e cooperazioni bilaterali con la Norvegia, essendo interessati all’estremo nord, all’artico, e alla minaccia dei sottomarini russi. L’idea di Londra è quindi quella di rafforzare accordi bilaterali di volta in volta, anche se quando si tratta di paesi membri dell’Unione europea molto dipenderà da quale rotta decideranno di intraprendere Francia e Germania in termini di cooperazione in difesa.
«I francesi, si sentiranno in dovere verso l’Unione europea di non sviluppare accordi bilaterali», sostiene Berdal.
Contestualmente all’aumento dei fondi per la Difesa, Sunak ha annunciato un taglio alla spesa sugli aiuti esteri che passeranno dallo 0,7% del reddito nazionale allo 0,5%, risultando in una riduzione di fondi per 10 miliardi stanziati su progetti di cooperazione con paesi travolti da conflitti, guerre e crisi umanitarie.
Questa scelta ha causato numerose critiche, soprattutto perché va in senso contrario alle promesse fatte all’inizio dell’esperienza di governo di Boris Johnson.
The cut in the aid budget – made worse by no set date for restoration – is shameful and wrong. It’s contrary to numerous Government promises and its manifesto.
I join others in urging MPs to reject it for the good of the poorest, and the UK’s own reputation and interest.
— Archbishop of Canterbury (@JustinWelby) November 25, 2020
Questa decisione ha anche portato alle dimissioni della Sottosegretaria di Stato per i Territori d’Oltreoceano e lo Sviluppo Sostenibile, la Baronessa Elisabeth Sugg, che si è espressa contro la decisione.
Le critiche a questa strategia sono venute anche da esponenti di spicco dei Tories come l’ex Premier David Cameron che in un’intervista alla Bbc ha sottolineato quanto questa decisione non determini soltanto una marcia indietro rispetto alle promesse di inizio legislatura, ma anche un passo indietro rispetto alle promesse fatte ai paesi più poveri del mondo, «una promessa che non dobbiamo infrangere».
Lo 0,7% per gli aiuti ai paesi esteri era entrato in vigore tramite l’Official Developmnet Assistance Target Act, che quindi andrà modificato nei prossimi mesi per consentire il risparmio annunciato dal cancelliere dello Scacchiere.