Il Pd incassa, ancoraConte insiste e nel Recovery Plan piazza 2 miliardi per la sua Agenzia di cybersicurezza

Nel nuovo documento di mediazione, tra lo stupore dei leader del Partito democratico, il presidente del Consiglio ha ripresentato il progetto per formare una nuova entità di intelligence che vuole controllare personalmente da Palazzo Chigi

Audizione del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte al Copasir (Roberto Monaldo / LaPresse)

«Ma allora Conte vuole la guerra!». Uno Zingaretti tra lo stupito e lo scandalizzato martedì mattina ha fatto un balzo sulla sedia quando i suoi collaboratori che seguono le vicende dei Servizi gli hanno evidenziato due righe della pagina 8 del nuovo documento di mediazione sul Recovery Plan appena recapitato al Partito democratico direttamente dagli uffici del Presidente del Consiglio. 

Con fare tosto, infatti, Conte ha ripresentato in questo testo il suo progetto di una nuova Agenzia per la cybersecurity, che in questa nuova versione viene finanziata con 2 miliardi di euro nel quinquennio. Questo dopo che Zingaretti, Andrea Orlando e tutto il vertice del Partito democratico hanno notificato a Giuseppe Conte che questa Agenzia non si farà mai nei termini da lui voluti, che non è assolutamente eludibile la richiesta della nomina di un esponente indicato dal Pd all’Autorità Delegata sui Servizi segreti e che non si deve nemmeno sogni di nominare a questa carica il fidatissimo Gennaro Vecchione.

Ma il presidente del Consiglio, smessa la veste del camaleonte tutto teso a mediare, sedare e sopire, sul tema dei Servizi ha deciso di indossare il volto dell’arme, umiliando pubblicamente il Pd da Bruno Vespa, spiegando che non si fida ad affidare a un esponente democratico la delega sui Servizi e ora addirittura infilando nel progetto sul Recovery Plan un consistente finanziamento per la sua Agenzia per la cybersecurity, dopo che lo stesso Pd ha fatto saltare due volte il suo tentativo di finanziarla attraverso impropri emendamenti alla legge di Bilancio, prima al Senato e poi alla Camera.

Enrico Borghi, membro del Pd del Copasir, spiega con chiarezza perché questa Agenzia, come delineata da Conte (retta da una Fondazione che fa capo direttamente al presidente del Consiglio) di fatto costituirebbe un quarto super Servizio Segreto in pieno contrasto con la legge vigente: «La legge 124 del 2007 che ha riformato il comparto sicurezza è chiarissima e stabilisce che le funzioni in materia di sicurezza interna attribuite ad AISE, Aisi e Dis “non possono essere svolte da nessun altro ente, organismo o ufficio”. Non solo, la legge 24 stabilisce che il Copasir ha il compito particolare di “accertare quanto stabilito in materia di esclusività delle funzioni”. «Quindi – conclude Borghi – tutto, inclusa l’attività di cybersecurity, deve svilupparsi dentro il perimetro di legge, con la suddivisione di compiti tra coordinamento e agenzie operative Aise e Aisi».

Chiarito questo, la pervicace volontà di Conte di umiliare il Pd sul tema della sicurezza è tanto più evidente in quanto sia Raffaele Volpi, presidente leghista del Copasir, che lo stesso Enrico Borghi hanno pubblicamente indicato la loro piena disponibilità a discutere con Conte stesso e con le forze politiche di come affrontare le indubbie novità poste dalla cybersecurity (ancora non evidenti quando fu scritta la legge di riforma dei servizi del 2007) nell’ambito bipartisan dello stesso Copasir, studiando e definendo in sede parlamentare, coi tempi dovuti, come attribuire i nuovi compiti funzionali ai due sevizi operativi.

Questa ultima provocazione del premier è tanto marcata, che nel vertice del Pd ci si interroga con frustrazione sul “nuovo Conte” emerso in questi giorni. «Stiamo assistendo, in modo farsesco, alla resistibile ascesa di Arturo Ui – ci dice un dirigente del Pd – il premier è un avvocato, non di prima fascia, privo di qualsiasi esperienza politica, che dopo due anni che vicende fortuite l’hanno portato ai vertici dello Stato, si è guardato attorno, ha visto che tutti i suoi alleati lo trattano in modo eccessivamente felpato, che nessuno né lo contrasta né lo condiziona e si è fatto idee grandiose e forse megalomani sul suo futuro, sul suo prossimo incarico. Si è rafforzato sfruttando la sua caratura di mediatore, specialista nel procrastinare i problemi al mese dopo, e ora da camaleonte intende farsi drago». 

Il tutto, va aggiunto, con persistente e notevole ignoranza delle regole e del galateo istituzionale. Conte, insomma, ha due cose chiare. Innanzitutto il Pd, per ignavia e mancanza di fantasia, nell’estate del 2019 e a tutt’oggi non ha saputo trovare il nome di chi possa sostituirlo alla guida della coalizione giallorossa. Un deficit di immaginazione politica tipico di un vertice Pd che non sa guardare oltre il Grande Raccordo Anulare, che non sente il Nord e si dimentica del Sud. Conte, insomma sa di non essere sostituibile.

Inoltre, grazie al caso Mifsud, Conte ha capito che tenersi la delega sui Servizi l’ha posto direttamente al servizio della Casa Bianca, che con Trump gli è stata subito grata e riconoscente, e gli ha dato conoscenza di una massa imponente di dossier riservati. Patrimonio prezioso, assieme alle centinaia di nomine già fatte e alle centinaia da fare ora, per costruirsi un partito.

Il fatto tragicomico, a dimostrazione della sua dilettantesca impreparazione politica, è che Conte non ha ancora compreso che alla Casa Bianca siedono oggi quei leader dei Democratici che furono pesantemente danneggiati dai suoi favori, tramite i nostri Servizi, sul caso Mifsud. Né è al corrente che questi sgarri alle amministrazioni americane, vedi Andreotti e Craxi, solitamente vengono fatti pagare, anche pesantemente.

Matteo Renzi, con tutta evidenza, ne tiene invece conto in questi giorni, cosciente di poter contare su una sponda americana nella sua opera di usura del governo. Tanto che la richiesta a Conte di lasciare la delega sui Servizi, magari a un tecnico, in realtà è un consiglio amichevole per stemperare  una inevitabile ondata di ritorno – se non una vendetta americana – per la sua azione sul caso Mifsud e Russiagate.

Quos vult Iupiter perdere, dementat prius. A quelli che vuole rovinare, Giove toglie prima la ragione.

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