Il bilancio dell’Unione Europea per i prossimi sette anni è stato definitivamente e agevolmente approvato dal Parlamento europeo, dopo il combattuto via libera del Consiglio europeo della scorsa settimana. Per arrivare a questo voto, si è reso necessario un intenso lavoro di trattative fra le due istituzioni, in cui l’Eurocamera ha spinto per alzare i finanziamenti in settori considerati vitali per il futuro dell’UE, dalla ricerca alla sanità pubblica.
Cosa c’è nel pacchetto finale
Il testo sul Quadro finanziario pluriennale (Qfp), concordato con il Consiglio a novembre, è stato approvato (548 sì, 81 no, 66 astenuti). Il presidente del Parlamento europeo David Sassoli lo ha definito «un bilancio storico per un momento storico» e il suo entusiasmo è comprensibile, visto che l’Eurocamera ha portato a casa tutte le sue battaglie più importanti.
In primis, contano le dimensioni. Il Parlamento è l’istituzione che tradizionalmente spinge per un aumento delle risorse comuni, mentre il Consiglio, rappresentando i governi nazionali, è più cauto sull’argomento. Se è vero che la pandemia ha giocato un ruolo chiave nell’accordo sul Qfp più consistente della storia, all’Eurocamera bisogna riconoscere il merito di avere alzato ulteriormente l’asticella.
A luglio 2020 i capi di Stato e di governo avevano concordato un budget di 1074 miliardi, a cui sommare i 750 miliardi del piano NextGenerationEU: entrambi infatti vengono erogati dall’Unione agli Stati Membri tramite il finanziamento di programmi specifici. Dopo dieci settimane di negoziati, il Parlamento ha strappato i cosiddetti tops-up: delle aggiunte di finanziamento su alcuni di questi programmi, considerati cruciali dagli eurodeputati.
Nello specifico, si tratta di 15 miliardi di euro distribuiti su nove programmi, più uno addizionale. La fetta più consistente (4 mld) di questo “rabbocco” va a Horizon Europe, un maxi-fondo da 85 miliardi complessivi con cui l’UE finanzierà la ricerca su cambiamento climatico, sicurezza alimentare, ecosistemi marini, smart city, e lotta contro il cancro. 3,4 miliardi in più vanno a EU4Health, che preparerà i sistemi sanitari dell’Unione ad affrontare future minacce per la salute pubblica: in questo caso il budget del programma viene triplicato, arrivando a 5,1 miliardi complessivi. I 2,2 miliardi immessi in Erasmus+, invece, consentiranno di finanziare un anno in più del progetto di scambio per giovani europei, come spiega la Commissione Budget del Parlamento.
Tra gli altri programmi che beneficiano di un aumento, rispetto agli stanziamenti previsti a luglio ci sono InvestEU, che garantirà l’accesso al credito delle piccole e medie imprese, Creative Europe, che sosterrà il settore culturale, NDICI (Neighbourhood, Development and International Cooperation Instrument), che supporterà la cooperazione internazionale aiutando i Paesi in via di sviluppo.
Più soldi anche per difendere lo Stato di Diritto (viene raddoppiato il fondo Rights and Values destinato alle associazioni della società civile) e per le missioni umanitarie (mezzo miliardo a Humanitarian Aid). Passa da 5,5 a 7 miliardi la già cospicua dotazione per il controllo delle frontiere esterne, tramite l’European Integrated Border Management e Frontex, la polizia di frontiera comunitaria. Il Parlamento, infine, ha chiesto e ottenuto anche un miliardo, etichettato come Extra-Flexibility, destinato a bisogni improvvisi.
Le altre conquiste del Parlamento
Ma la soddisfazione dell’emiciclo sta anche nelle condizionalità generali applicate al pacchetto e nel modo di reperire i fondi. Almeno il 30% delle spese di Qfp e Next GenerationEU dovrà sostenere gli obiettivi di contrasto al cambiamento climatico e un’ulteriore 10% (dal 2026) tutelare la biodiversità. La parità di genere non è un dettaglio: una clausola legalmente vincolante dell’accordo interistituzionale obbliga a ripartire i fondi garantendo «eguali opportunità» a uomini e donne.
I soldi dei tops-up arriveranno in larga parte dalle multe per le violazioni ai regolamenti europei, che prima di questa decisione finivano nelle casse degli Stati Membri. Vinta, non senza fatica, pure la battaglia campale sulle “risorse proprie” le tasse imposte a livello comunitario per finanziare i vari capitoli di spesa dell’UE. Questo, secondo l’advisor di un gruppo politico del Parlamento, è «il più grande successo del negoziato».
Ci sarà una tabella di marcia vincolante, a cui non si potrà derogare. Nel 2021 entrerà in vigore la plastic tax, basata sulla quantità di plastica non riciclata. Dal 2023 in poi toccherà all’ETS (Emissions Trading System), il sistema che tassa le emissioni e che potrebbe nel frattempo venire esteso a navi e aerei, a una tassa sulle transazioni finanziarie, a una sulle grandi compagnie digitali, per concludere nel 2026 con una nuova base imponibile comune per l’imposta sulle società: un modo per incrementare le proprie risorse ma anche combattere la concorrenza fiscale fra i 27 Paesi.
Non è solo la ciliegina sulla torta, ma un ingrediente fondamentale dell’intero accordo il meccanismo che vincola l’esborso di tutti i fondi europei al rispetto dello Stato di Diritto. È costato notti insonni ai negoziatori, ha rischiato di fare saltare tutto il banco per il veto minacciato da Polonia e Ungheria, ma dal primo gennaio 2021 entrerà in vigore. In mezzo a calcoli miliardari, una vittoria che non ha prezzo.