Ieri mattina tra le cinque e le sei sono stata orrendamente improduttiva. Tra le cinque e le sei di mattina è l’orario in cui abitualmente vado su Instagram, scorro la rassegna dei mostri che seguo, e invio ad alcuni amici una selezione delle più strazianti vendite di barrette dietetiche, foto di tette con appoggiato in mezzo un volume di Musil, recriminazioni per articoli ai mostri dedicati o non dedicati, contenutismi in cui ci sollecitano ad aderire a buone cause assortite.
Ieri non ho potuto farlo. Prima Instagram mi avvisava che alcune funzionalità dei messaggi privati non sarebbero più state disponibili in Europa, ma senza spiegarmi quali (volevano farmi venire un attacco di deficit d’accudimento di prima mattina, è evidente). Poi sosteneva che non esistessero gli utenti cui cercavo di mandare i brutti pavimenti del giorno (i ricchi con pavimenti e infissi orrendi sono una delle ragioni principali per cui sto su Instagram).
Insomma, un disastro. Rischiava d’essere una mattinata buttata. Ma per fortuna c’era Kokeshi.
Dovete infatti sapere che, tra le poche eccezioni allo zoo di vetro che seguo per sbeffeggiarlo, ci sono tra le mie fedeltà di Instagram due ventiequalcosenni, che un po’ mitigano la mia convinzione che l’umanità sia troppo scema per sopravvivere.
Una è Sofia Viscardi: YouTuber (che credo significhi che riesce a fare dei soldi facendo dei video che vediamo gratis: se qualcuno ce l’avesse detto trent’anni fa, avremmo chiamato la Croce Verde); autrice di romanzi che non ho letto; ma soprattutto mio faro di speranza da quando, un paio d’anni fa, disse in un’intervista che se t’insultano sui social non bisogna lavorare su quello che t’insulta, ma sul tuo rimanerci male. Ci arrivano le ventenni, e non le ex presidenti della Camera.
L’altra è Karen Kokeshi. Che in realtà si chiama Rebecca Casiraghi, un nome che io darei a un personaggio di romanzo iscritto al Rotary e i cui figli siano badati da una nanny inglese. Invece, giacché è l’epoca in cui s’è deciso che le classi sociali non dovessero avere più niente a che fare con l’estetica, e quello da cui compri la coca ha gli stessi anellazzi argentati degli autori di romanzi di sinistra, e quello che ti scippa al semaforo ha gli stessi tatuaggi del tuo commercialista, Rebecca Casiraghi fa(ceva) anche lei la YouTuber, ha i capelli azzurri, ed è fidanzata con Rovazzi.
Ora non fate quelli che nel tempo libero leggono Musil in tedesco e che non sanno chi è Rovazzi: Andiamo a comandare, orsù, ce l’avrete una prole che qualche estate fa scrollava la testa all’indietro come in preda ad attacco epilettico.
Poiché sono troppo vecchia per conoscere gli YouTuber, io Kokeshi l’ho scoperta quando si è fidanzata con Rovazzi. Poiché sono abbastanza umana da illudermi di conoscere gente che non ho mai incontrato, vi sintetizzerò così la differenza esibita su Instragram tra la relazione di Rovazzi con questa signorina e quella con la signorina cui s’accompagnava in precedenza. Quella di prima sembrava una che gli dicesse più che altro «sì amore». Questa qui sembrava una che gli dicesse più che altro «ma cosa cazzo dici». Ho quindi istantaneamente deciso che questa qui era quella giusta, e che a parte la storia con Rovazzi mi piaceva proprio il piglio di lei.
Due anni fa su Telegram (la stessa chat sulla quale ci si scambiano copie di giornali così da leggere senza pagare: un posto di brava gente) giravano due foto spacciate come di lei nuda. Lei ha spiegato che erano fotomontaggi e che aveva sporto denuncia. Nessuno se n’è particolarmente indignato, giacché era una YouTuber coi capelli blu, mica una maestra d’asilo (vittima perfetta) di cui avessero diffuso le foto genitori ben riconoscibili e così coglioni da dare interviste (linciabili perfetti).
Lei, con quel piglio che me l’ha subito fatta amare, riassunse la vicenda dicendo che le avevano detto di non mettersi contro «il popolo di Telegram» (icastico commento suo: «ma chi vi s’incula»), e chiedendo retoricamente: «Davvero state lì tutto il giorno a cercare pezzi di capezzoli? Ma non avete altro da fare?».
Lo disse su Instagram, perché la YouTuber non aveva più tanta voglia di stare su YouTube. Mercoledì ha fatto un video (il ritorno di Kokeshi su YouTube sta a questo secolo come il ritorno di Baudo in Rai stette agli anni Ottanta), per spiegare come mai si era scocciata del mezzo.
È un video che spero facciano studiare nelle scuole di comunicazione politica, nonostante un uso dell’antifrastica che forse confida troppo nella comprensione del testo del pubblico medio («Fabio è la persona più acculturata che io abbia mai conosciuto nella mia vita», dice lei; Rovazzi rilancia il video con una frase in cui, come sempre fa, scrive «pò»).
Dunque la ragazza coi capelli turchini comincia la sua lezione alle Frattocchie dicendo che è colpa sua, che lei evidentemente non ha reso chiaro quanto fosse insicura, quanto il pubblico fosse in grado di ferirla, che ha sbagliato a fare battute sul sesso (una volta fece dei video in cui mangiava un ghiacciolo a forma di pene, commentando «sta durando più di voi»: se ci penso ancora rido), che è certamente colpa sua se tutti hanno ritenuto di poterle dare del mignottone e di dirle che stava con Rovazzi solo per soldi.
È a quel punto che capisci dove sta andando: dalle parti di «ma Bruto è un uomo d’onore». Una lezione che chissà perché i politici d’oggi hanno dimenticato: se vuoi dire a qualcuno che è una merda, non devi dirgli che è una merda, devi lodarlo.
«I miei video sono sempre stati molto ironici, e quindi non vi ho reso chiara l’impresa di capire chi fosse Kokeshi». Non siete voi che siete scemi, per carità, voi che siccome avete visto Borat poi vi meravigliate quando sentite Sacha Baron Cohen dire cose intelligenti su temi seri. Non siete voi che avete perso la capacità di riconoscere un io narrante, un’abilità intellettuale che avevano persino le servette che leggevano romanzi un secolo o due fa.
«Mi spiace per chi mi ha scambiato per una bambola gonfiabile: non lo sono». È colpa mia se, quando ho fatto un video con le mie due personalità, e una, Karen, diceva tutte le cose giuste e perbenino, mentre Kokeshi – con tanto di parrucca e ogni segno semiotico che dicesse a un pubblico anche semianalfabeta che non era una cosa seria – diceva che lei in un uomo cercava «soldi, soldi, e una verza nelle mutande», è colpa mia se allora e sempre avete preso alla lettera una parodia.
Forse quello cui si rivolge la ragazza dai capelli turchini è lo stesso pubblico al quale, quando vede il Pojana (il personaggio del leghista interpretato da Andrea Pennacchi a Propaganda), neanche il contesto d’un programma comico basta a dire «ehi, forse non fanno sul serio», quel pubblico che corre a scrivere scandalizzato agli autori: come potete, proprio voi, credevo foste un programma di sinistra. Forse ormai esiste solo quel pubblico lì. Può capitare, ogni tanto, un’epoca in cui si sia tutti scemi.