Non esiste star senza complottismi, dietrologie, e «me l’ha detto mio cugino» assortiti.
Se di te non dicono che sei gay, che il tuo matrimonio è finto, che quello scandalo l’hai orchestrato tu stesso, che sei amico dei poteri forti, che nel seminterrato tieni bambini del terzo mondo a cucirti presine per il forno, allora non sei una star: al massimo sarai un attore, uno intercambiabile con mille altri.
Che Tom Cruise sia una star non c’è bisogno di specificarlo: dico, l’avete visto quel sorriso?
Tom Cruise è talmente una star che sono diciannove anni che ci raccontiamo che una foto di Nicole Kidman con le braccia alzate al cielo, una foto che potrebbe riprodurre qualunque momento, dalla puntura d’un’ape all’aver appena saputo d’un rimborso fiscale, sia una foto di lei che esulta dopo aver finalmente ricevuto i documenti del divorzio.
Tom Cruise è talmente una star che sono quindici anni che parliamo del suo salto sul divano televisivo di Oprah Winfrey mentre chiacchieravano del suo nuovo amore (Katie Holmes, che poi sarebbe diventata la sua terza moglie), e ne parliamo non come fosse un grande momento di televisione, e uno sfoggio di sapienza del come diventare una gif prima ancora che le gif esistessero; macché: ne parliamo come fossimo saputi psichiatri in grado di diagnosticare sindromi a multimilionari che non abbiamo mai incontrato.
La permanenza del salto sul divano, citata ieri in occasione dell’ultima notizia che lo riguarda, è quella che misura la differenza tra una star e uno qualunque, il cui gesto fuori programma ci scandalizza per 48 ore e poi viene dimenticato.
La differenza tra una star cui in diretta dicono che il figlio ha avuto un incidente e il cui urlo di dolore trent’anni dopo ancora viene replicato, e una starlette il cui inciampo televisivo dura il tempo d’un trending topic (la prima categoria è Sandra Milo, i nomi della seconda categoria sceglieteli voi).
La ragione per cui ieri è stata giornata di riepilogo di salti sul divano e altre amenità è che Tom Cruise, l’unica star capace di non farmi distrarre mentre guardo un inseguimento in motocicletta, sta girando un nuovo Mission: Impossible. Prima il set era a Roma, e ora è Londra. Una città dove i giornali non elemosinano due battute dalla star all’ufficio stampa, ma si piccano di pubblicare roba scomoda (leggete l’aggettivo come se stessi facendo le virgolette in aria con le mani).
La scomodità di ieri, pubblicata dal Sun, era un audio in cui Tom (non sembra la sua voce, ma vogliamo crederci) fa un liscio e busso, scusate il bolognesismo, a due tapini che lavorano sul set.
Dall’audio non si capisce la ragione della sfuriata, ma l’articolo spiega che Tom s’è assegnato il compito di vigilante del distanziamento, e quando ha visto questi due seduti davanti a un monitor a meno d’un metro l’uno dall’altro gli si è chiusa la vena (oggi un pieno di bolognesismi).
Tom, una Merkel più fotogenica, nella registrazione inveisce: «Se a Hollywood hanno ricominciato a fare film, è per noi» (cioè: perché se riusciamo a non far ammalare nessuno su questo set, allora si può fare); «ogni sera sto al telefono coi cazzo di dirigenti, assicuratori, produttori, e guardano a noi come esempio. Stiamo creando migliaia di posti di lavoro, figli di puttana»; «non scusatevi, andate a dirlo a quelli che perderanno le loro cazzo di case perché il nostro settore chiuderà, le vostre scuse non gli compreranno da mangiare e non pagheranno l’università ai loro figli».
Tra un minaccioso «se vi rivedo non distanziati vi licenzio» e l’altro, Tom dice che lui ogni sera si porta a dormire la preoccupazione per il futuro del settore, e certo dice un sacco di parolacce, e certo strilla forte a gente ammutolita, ma: è un leader. Se si candidasse, le persone serie lo voterebbero domani.
Ragione per cui ieri i saperlalunghisti ci spiegavano che altro che registrazione rubata, l’ha fatta uscire lui, è evidente, per rifarsi l’immagine e farci dimenticare quella volta del divano, non per nulla somiglia al suo ruolo migliore, il motivatore in Magnolia (solo gente complessata può pensare che il ruolo migliore di Tom Cruise non sia Top Gun).
Altro che scoop scomodo: è come quella volta, in quella serie tv, che il presidente americano finse di non vedere la telecamera accesa e disse che il suo avversario alle elezioni era un cretino, costringendo il parlamento e i giornali a discutere per giorni dell’ipotesi che il poveretto fosse cretino davvero. Sembrava una gaffe – parola che piace tantissimo ai titolisti dei siti – e invece era un’accorta manipolazione mediatica.
Dovevamo dire «che cafone», e invece diciamo «finalmente uno che ha le priorità in ordine, salvaci tu, Tom»: figuriamoci se non lo sapeva, che la reazione sarebbe stata questa, sbuffano i saperlalunghisti.
Intanto lo scomodissimo Daily Beast ci spiega che è inaccettabile maltrattare i sottoposti (e allora cosa sono sottoposti a fare?), e che, perdindirindina, Cruise è di Scientology. Invero uno scoop.
È un mostro, un manipolatore, uno che non si occupa delle cose davvero gravi (la principale delle quali è: la pandemia ha fatto slittare l’uscita del seguito di Top Gun). È un fanatico religioso, è mamma Ebe, è Wanna Marchi, è un prepotente. È una star.